24 gennaio 2003. Addio a Gianni Agnelli, l’avvocato.
Gianni Agnelli, nato a Torino il 12 marzo 1921, apparteneva alla dinastia che ha fondato la Fiat nel 1899.
Dopo la tragica morte del padre Edoardo, il nonno Giovanni, il “Senatore”, crebbe Gianni Agnelli e lo preparò sin da giovane a prendere le redini dell’impero industriale di famiglia.
Gianni seguì i valori altoborghesi dell’epoca, frequentò il liceo classico Massimo d’Azeglio e viaggiò negli Stati Uniti.
Dopo aver combattuto come ufficiale di cavalleria durante la Seconda guerra mondiale, tornò in Italia per occuparsi delle attività di famiglia.
Negli anni successivi, fu nominato vicepresidente della Fiat, mentre la guida operativa restava affidata a Vittorio Valletta.
Fu solo nel 1966, con la successione alla presidenza dell’azienda, che Gianni Agnelli assunse il controllo della Fiat, segnando l’inizio di una nuova era.
Il leader che ha internazionalizzato la FIAT
Sotto la guida di Agnelli, la Fiat divenne un simbolo di innovazione e internazionalizzazione.
Fu lui a siglare l’accordo per la costruzione dello stabilimento di Togliatti in Unione Sovietica.
Fu Gianni a espandere il marchio Fiat in mercati strategici come Brasile, Polonia, Jugoslavia e Turchia.
Tuttavia, l’Avvocato dovette affrontare anche sfide significative, come gli “autunni caldi” degli anni Settanta, le crisi economiche e l’intensificarsi della concorrenza straniera.
La trasformazione della Fiat sotto Agnelli non riguardò solo l’espansione geografica, ma anche la riorganizzazione interna.
Grazie alla spinta verso l’innovazione tecnologica, la Fiat riuscì a mantenere la propria competitività nel mercato automobilistico internazionale.
Il carisma e la visione dell’industriale cosmopolita
Gianni Agnelli non fu solo un imprenditore, ma un simbolo del capitalismo italiano.
Amico di figure di spicco come John F. Kennedy e Henry Kissinger, coltivò relazioni internazionali che favorirono il posizionamento della Fiat nel mondo.
Il suo stile unico e il suo senso dell’umorismo gli valsero un riconoscimento che andava oltre l’industria: incarnava l’eleganza e l’intelligenza italiana sulla scena globale.
La sua passione per l’arte e la cultura lo portarono a fondare la Fondazione Agnelli nel 1966, con l’obiettivo di promuovere la ricerca e il dibattito sulle trasformazioni sociali e industriali.
Allo stesso tempo, il suo amore per lo sport si rifletté nel forte legame con la Juventus, di cui fu presidente dal 1947 al 1954 e poi presidente onorario.
Gli ultimi anni e il declino della FIAT
Con il passare degli anni, Agnelli continuò a guidare la Fiat con fermezza, anche se il declino dell’azienda divenne evidente negli anni Novanta e Duemila.
Nonostante le difficoltà, come la competizione dei produttori asiatici e le crisi finanziarie, l’Avvocato difese sempre l’indipendenza della Fiat.
Iconico fu il suo rifiuto di cedere la divisione automobilistica a colossi come Ford e Daimler-Chrysler, dimostrando un forte attaccamento al lascito del nonno.
Il declino della Fiat fu accompagnato da tragedie personali, come la morte del nipote Giovanni Alberto nel 1997 e il suicidio del figlio Edoardo nel 2000.
Nonostante tutto, Agnelli restò una figura centrale nella vita pubblica italiana fino ai suoi ultimi giorni.
La morte e l’ultimo saluto a Gianni Agnelli
Gianni Agnelli si spense il 24 gennaio 2003 nella sua storica residenza sulla collina torinese di Villa Frescòt, dopo una lunga battaglia contro un carcinoma alla prostata.
La notizia della sua scomparsa suscitò un profondo cordoglio in tutta Italia e nel mondo.
La camera ardente fu allestita presso la Pinacoteca del Lingotto, dove la folla di cittadini, collaboratori e figure pubbliche si recò per rendere omaggio.
Il funerale si svolse nel Duomo di Torino, inizialmente previsto in forma privata, ma trasmesso in diretta televisiva per permettere a tutti di partecipare.
La cerimonia, presieduta dal cardinale Severino Poletto, fu seguita da una partecipazione popolare straordinaria, con un’immensa folla presente lungo le strade.
Gianni Agnelli fu tumulato nella cappella di famiglia presso il piccolo cimitero di Villar Perosa, accanto ai suoi cari.
La moglie Marella, attraverso una lettera pubblica, ringraziò tutti coloro che, con la loro presenza o i loro pensieri, avevano reso omaggio a un uomo che aveva lasciato un segno indelebile nella storia italiana.
Gianni Agnelli, nato a Torino il 12 marzo 1921, apparteneva alla dinastia che ha fondato la Fiat nel 1899.
Dopo la tragica morte del padre Edoardo, il nonno Giovanni, il “Senatore”, crebbe Gianni Agnelli e lo preparò sin da giovane a prendere le redini dell’impero industriale di famiglia.
Gianni seguì i valori altoborghesi dell’epoca, frequentò il liceo classico Massimo d’Azeglio e viaggiò negli Stati Uniti.
Dopo aver combattuto come ufficiale di cavalleria durante la Seconda guerra mondiale, tornò in Italia per occuparsi delle attività di famiglia.
Negli anni successivi, fu nominato vicepresidente della Fiat, mentre la guida operativa restava affidata a Vittorio Valletta.
Fu solo nel 1966, con la successione alla presidenza dell’azienda, che Gianni Agnelli assunse il controllo della Fiat, segnando l’inizio di una nuova era.
Il leader che ha internazionalizzato la FIAT
Sotto la guida di Agnelli, la Fiat divenne un simbolo di innovazione e internazionalizzazione.
Fu lui a siglare l’accordo per la costruzione dello stabilimento di Togliatti in Unione Sovietica.
Fu Gianni a espandere il marchio Fiat in mercati strategici come Brasile, Polonia, Jugoslavia e Turchia.
Tuttavia, l’Avvocato dovette affrontare anche sfide significative, come gli “autunni caldi” degli anni Settanta, le crisi economiche e l’intensificarsi della concorrenza straniera.
La trasformazione della Fiat sotto Agnelli non riguardò solo l’espansione geografica, ma anche la riorganizzazione interna.
Grazie alla spinta verso l’innovazione tecnologica, la Fiat riuscì a mantenere la propria competitività nel mercato automobilistico internazionale.
Il carisma e la visione dell’industriale cosmopolita
Gianni Agnelli non fu solo un imprenditore, ma un simbolo del capitalismo italiano.
Amico di figure di spicco come John F. Kennedy e Henry Kissinger, coltivò relazioni internazionali che favorirono il posizionamento della Fiat nel mondo.
Il suo stile unico e il suo senso dell’umorismo gli valsero un riconoscimento che andava oltre l’industria: incarnava l’eleganza e l’intelligenza italiana sulla scena globale.
La sua passione per l’arte e la cultura lo portarono a fondare la Fondazione Agnelli nel 1966, con l’obiettivo di promuovere la ricerca e il dibattito sulle trasformazioni sociali e industriali.
Allo stesso tempo, il suo amore per lo sport si rifletté nel forte legame con la Juventus, di cui fu presidente dal 1947 al 1954 e poi presidente onorario.
Gli ultimi anni e il declino della FIAT
Con il passare degli anni, Agnelli continuò a guidare la Fiat con fermezza, anche se il declino dell’azienda divenne evidente negli anni Novanta e Duemila.
Nonostante le difficoltà, come la competizione dei produttori asiatici e le crisi finanziarie, l’Avvocato difese sempre l’indipendenza della Fiat.
Iconico fu il suo rifiuto di cedere la divisione automobilistica a colossi come Ford e Daimler-Chrysler, dimostrando un forte attaccamento al lascito del nonno.
Il declino della Fiat fu accompagnato da tragedie personali, come la morte del nipote Giovanni Alberto nel 1997 e il suicidio del figlio Edoardo nel 2000.
Nonostante tutto, Agnelli restò una figura centrale nella vita pubblica italiana fino ai suoi ultimi giorni.
La morte e l’ultimo saluto a Gianni Agnelli
Gianni Agnelli si spense il 24 gennaio 2003 nella sua storica residenza sulla collina torinese di Villa Frescòt, dopo una lunga battaglia contro un carcinoma alla prostata.
La notizia della sua scomparsa suscitò un profondo cordoglio in tutta Italia e nel mondo.
La camera ardente fu allestita presso la Pinacoteca del Lingotto, dove la folla di cittadini, collaboratori e figure pubbliche si recò per rendere omaggio.
Il funerale si svolse nel Duomo di Torino, inizialmente previsto in forma privata, ma trasmesso in diretta televisiva per permettere a tutti di partecipare.
La cerimonia, presieduta dal cardinale Severino Poletto, fu seguita da una partecipazione popolare straordinaria, con un’immensa folla presente lungo le strade.
Gianni Agnelli fu tumulato nella cappella di famiglia presso il piccolo cimitero di Villar Perosa, accanto ai suoi cari.
La moglie Marella, attraverso una lettera pubblica, ringraziò tutti coloro che, con la loro presenza o i loro pensieri, avevano reso omaggio a un uomo che aveva lasciato un segno indelebile nella storia italiana.