Biella. Orrori al crematorio: “Riaprite il processo per altri settanta casi”.

12 Gennaio 2022 - 04:12--Cronaca-

È un processo che sembra non finire mai quello per gli abusi al tempio crematorio: in tribunale verranno infatti esaminate le opposizioni di una settantina di famiglie alla richiesta di archiviazione presentata dal procuratore Teresa Angela Camelio. Si tratta sempre di parenti di defunti cremati a Biella e che, avendo saputo del caso in ritardo, non erano riusciti a unirsi agli oltre quattrocento il cui ricorso è già stato rigettato a maggio dal gip Arianna Pisano. Questa volta a esaminare le ragioni delle due parti sarà un altro giudice, Eleonora Saccone, dopo la rinuncia della stessa Pisano. Le argomentazioni in discussione saranno all’incirca le stesse della volta precedente. Il procuratore segnalerà la mancanza di prove che effettivamente anche nei confronti degli altri corpi cremati siano stati compiuti gli stessi reati, le doppie cremazioni, le ossa frantumate a colpi di pala, le ceneri mischiate e in buona parte gettate nei cassonetti. Gli avvocati delle famiglie chiederanno invece che si avvii un nuovo processo dato che i loro cari sono stati cremati nello stesso periodo in cui si sarebbero verificati gli episodi che invece, grazie ai filmati consegnati da un ex dipendente e ai rilievi dei carabinieri sotto la guida del luogotenente Tindaro Gullo, erano stati documentati. Tra gli argomenti portati dai legali di parte civile, gli oltre 300 chili di ceneri umane recuperate dagli stessi carabinieri nei cassonetti, prima che venissero smaltiti e la perizia affidata dal Codacons all’ex comandante del Ris di Parma Luciano Garofano, il quale però era riuscito a estrarre un solo Dna dalle urne e aveva spiegato che per i successivi esami sarebbe dovuta intervenire la Procura. Una decisione quella del gip duramente contestata dalle famiglie. Queste subito dopo la sentenza avevano espresso “contrarietà e sdegno per il pronunciamento del giudice riguardo alla nostra richiesta di proseguire nella causa contro i Ravetti e che ha infangato l’onore dei nostri cari”. Durissima era stata anche la presa di posizione dei loro avvocati: “Le evidenze scientifiche prodotte dai nostri consulenti portano ad una conclusione ben diversa. Quella nota a tutti, ma non dimostrabile, se non nel cuore delle famiglie coinvolte, e raccontata più credibilmente nei servizi de “Le Iene” che nelle indagini svolte dalla Procura”.

fonte: lastampa.it

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È un processo che sembra non finire mai quello per gli abusi al tempio crematorio: in tribunale verranno infatti esaminate le opposizioni di una settantina di famiglie alla richiesta di archiviazione presentata dal procuratore Teresa Angela Camelio. Si tratta sempre di parenti di defunti cremati a Biella e che, avendo saputo del caso in ritardo, non erano riusciti a unirsi agli oltre quattrocento il cui ricorso è già stato rigettato a maggio dal gip Arianna Pisano. Questa volta a esaminare le ragioni delle due parti sarà un altro giudice, Eleonora Saccone, dopo la rinuncia della stessa Pisano. Le argomentazioni in discussione saranno all’incirca le stesse della volta precedente. Il procuratore segnalerà la mancanza di prove che effettivamente anche nei confronti degli altri corpi cremati siano stati compiuti gli stessi reati, le doppie cremazioni, le ossa frantumate a colpi di pala, le ceneri mischiate e in buona parte gettate nei cassonetti. Gli avvocati delle famiglie chiederanno invece che si avvii un nuovo processo dato che i loro cari sono stati cremati nello stesso periodo in cui si sarebbero verificati gli episodi che invece, grazie ai filmati consegnati da un ex dipendente e ai rilievi dei carabinieri sotto la guida del luogotenente Tindaro Gullo, erano stati documentati. Tra gli argomenti portati dai legali di parte civile, gli oltre 300 chili di ceneri umane recuperate dagli stessi carabinieri nei cassonetti, prima che venissero smaltiti e la perizia affidata dal Codacons all’ex comandante del Ris di Parma Luciano Garofano, il quale però era riuscito a estrarre un solo Dna dalle urne e aveva spiegato che per i successivi esami sarebbe dovuta intervenire la Procura. Una decisione quella del gip duramente contestata dalle famiglie. Queste subito dopo la sentenza avevano espresso “contrarietà e sdegno per il pronunciamento del giudice riguardo alla nostra richiesta di proseguire nella causa contro i Ravetti e che ha infangato l’onore dei nostri cari”. Durissima era stata anche la presa di posizione dei loro avvocati: “Le evidenze scientifiche prodotte dai nostri consulenti portano ad una conclusione ben diversa. Quella nota a tutti, ma non dimostrabile, se non nel cuore delle famiglie coinvolte, e raccontata più credibilmente nei servizi de “Le Iene” che nelle indagini svolte dalla Procura”.

fonte: lastampa.it

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