Addio a Marcello Gandini, creatore della Lamborghini Countach e della Lancia Stratos: Il designer celebre in tutto il mondo.

15 Marzo 2024 - 05:34--Lutto-

Il 10 gennaio, Marcello Gandini, noto come una delle più grandi firme italiane nel design automobilistico e padre di alcune delle auto sportive più celebrate dagli anni ’60 in poi (come la Lamborghini Miura e la Countach, la Lancia Stratos, la Fiat X1/9 “prediletta” dall’Avvocato Agnelli e la Ferrari GT4, solo per citarne alcune), si è presentato nel suo studio “quasi ogni giorno”, nonostante i suoi 85 anni e gli acciacchi provocati da una caduta avvenuta anni prima. Anche se pioveva, la sua tenuta ad Almese, dove vive da oltre 40 anni tra i boschi tra Rivera e Milanere, rimaneva splendida.
Tra gli innumerevoli aneddoti dell’ultima intervista, la frase che colpisce di più è la sua risposta a una delle ultime domande: cosa consiglierebbe ai giovani che vogliono fare il suo lavoro? “Non ho mai avuto la perversione di dare lezioni agli altri, nemmeno ai miei figli”.
Era così, Marcello Gandini, scomparso oggi a Rivoli. Non era certo un genio nascosto, essendo noto in tutto il mondo.
Ma la sua umiltà sorprendeva, come quando ammetteva di non essere affezionato alle sue auto da leggenda: “Anche adesso, quella che preferisco è sempre la prossima.
Ho disegnato circa 200 modelli, compresi i prototipi marcianti e non marcianti. Molti hanno avuto successo, ma io notavo solo i difetti: le gomme da strada erano sempre troppo strette, mi facevano perdere il sonno”.
La moglie Claudia e i figli sono stati al suo fianco fino all’ultimo momento. Durante i giorni di successo che lo portavano in giro per il mondo (“Ma preferivo sempre Almese a New York, Tokyo, Londra”, diceva) e durante le feste (che “non amava”, ma che considerava “splendide occasioni per rivedere vecchi amici”).
L’ultima festa si era tenuta due giorni dopo quella che sarebbe stata la sua ultima intervista, il 12 gennaio scorso, a Torino.
Era andato al Politecnico per ricevere una laurea honoris causa in Ingegneria meccanica.
Durante la cerimonia, la sua ultima apparizione pubblica dopo una vita passata a festeggiare grandi successi, aveva tenuto una lectio magistralis applaudita, in cui aveva ricordato i suoi studi classici, la scuola di pianoforte e il momento cruciale in cui, invece di comprare un libro di latino con il denaro ricevuto dalla famiglia, aveva optato per il celebre testo di Dante Giacosa, “Motori endotermici”. “Mio padre”, aveva raccontato, “era un direttore d’orchestra e voleva farmi diventare un pianista.
Solo quando è salito a bordo della Lamborghini Miura ha capito che sapevo far suonare altre note: quelle dei motori.
Le origini della mia formazione risiedono in una tradizione di famiglia che non contemplava molte deviazioni: lo sbocco naturale erano gli studi umanistici, letterari, classici. Ma io mi sono ribellato e ho seguito la mia strada”.
Il suo ultimo progetto era legato all’Università del Qatar, dove stava lavorando su una piattaforma di formazione per il museo dell’auto di Doha. Dal suo studio ad Almese, continuava a disegnare con il suo inconfondibile talento, ammettendo: “L’ho fatto per sessant’anni, non potrei smettere. Mi piace restare in gioco, ma le richieste di oggi sono diverse rispetto al passato”. Nell’ultima intervista, aveva confessato di essere “un po’ mai contento”, nonostante le migliaia di ore passate a disegnare capolavori “perlopiù di notte”. Quei disegni, diventati auto, sono entrati nella storia. E il ricordo di loro rimarrà indelebile per tutti gli appassionati.
La camera ardente sarà allestita nel suo studio ad Almese (Torino) domani dalle 15 alle 19 e venerdì mattina dalle 10 alle 12. Il funerale, in fase di organizzazione, dovrebbe svolgersi nella chiesa parrocchiale di Santo Stefano a Rivera venerdì stesso, o al più tardi sabato mattina.

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Il 10 gennaio, Marcello Gandini, noto come una delle più grandi firme italiane nel design automobilistico e padre di alcune delle auto sportive più celebrate dagli anni ’60 in poi (come la Lamborghini Miura e la Countach, la Lancia Stratos, la Fiat X1/9 “prediletta” dall’Avvocato Agnelli e la Ferrari GT4, solo per citarne alcune), si è presentato nel suo studio “quasi ogni giorno”, nonostante i suoi 85 anni e gli acciacchi provocati da una caduta avvenuta anni prima. Anche se pioveva, la sua tenuta ad Almese, dove vive da oltre 40 anni tra i boschi tra Rivera e Milanere, rimaneva splendida.
Tra gli innumerevoli aneddoti dell’ultima intervista, la frase che colpisce di più è la sua risposta a una delle ultime domande: cosa consiglierebbe ai giovani che vogliono fare il suo lavoro? “Non ho mai avuto la perversione di dare lezioni agli altri, nemmeno ai miei figli”.
Era così, Marcello Gandini, scomparso oggi a Rivoli. Non era certo un genio nascosto, essendo noto in tutto il mondo.
Ma la sua umiltà sorprendeva, come quando ammetteva di non essere affezionato alle sue auto da leggenda: “Anche adesso, quella che preferisco è sempre la prossima.
Ho disegnato circa 200 modelli, compresi i prototipi marcianti e non marcianti. Molti hanno avuto successo, ma io notavo solo i difetti: le gomme da strada erano sempre troppo strette, mi facevano perdere il sonno”.
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L’ultima festa si era tenuta due giorni dopo quella che sarebbe stata la sua ultima intervista, il 12 gennaio scorso, a Torino.
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Solo quando è salito a bordo della Lamborghini Miura ha capito che sapevo far suonare altre note: quelle dei motori.
Le origini della mia formazione risiedono in una tradizione di famiglia che non contemplava molte deviazioni: lo sbocco naturale erano gli studi umanistici, letterari, classici. Ma io mi sono ribellato e ho seguito la mia strada”.
Il suo ultimo progetto era legato all’Università del Qatar, dove stava lavorando su una piattaforma di formazione per il museo dell’auto di Doha. Dal suo studio ad Almese, continuava a disegnare con il suo inconfondibile talento, ammettendo: “L’ho fatto per sessant’anni, non potrei smettere. Mi piace restare in gioco, ma le richieste di oggi sono diverse rispetto al passato”. Nell’ultima intervista, aveva confessato di essere “un po’ mai contento”, nonostante le migliaia di ore passate a disegnare capolavori “perlopiù di notte”. Quei disegni, diventati auto, sono entrati nella storia. E il ricordo di loro rimarrà indelebile per tutti gli appassionati.
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