19 luglio. Anniversario della morte di Paolo Borsellino, eroe della lotta alla mafia.

Paolo Borsellino nasce a Palermo il 19 gennaio 1940.
Figlio di farmacisti, cresce nel quartiere arabo della Kalsa.
Studia presso il Liceo classico “Meli” e si laurea in Giurisprudenza all’Università di Palermo con il massimo dei voti a soli 22 anni.
Dopo la morte del padre, si occupa della famiglia e lavora nell’attività di farmacia fino alla laurea della sorella.
Nel 1963 supera il concorso in magistratura.
L’amore per la sua terra e il desiderio di giustizia lo spingono a diventare magistrato a Palermo, città simbolo della lotta alla mafia.
I primi incarichi e la nascita della sua missione
Dal 1965 inizia la carriera al tribunale civile di Enna.
Nel 1967 ottiene il primo incarico direttivo a Mazara del Vallo.
A Monreale lavora con il Capitano Basile alla prima indagine sulla mafia.
Nel 1975 viene trasferito al tribunale di Palermo, entrando nell’Ufficio istruzione sotto la guida di Rocco Chinnici.
È qui che inizia il suo impegno incessante contro Cosa Nostra.
Nel 1980 arriva l’arresto dei primi sei mafiosi, seguito dall’uccisione del Capitano Basile.
Per Borsellino inizia la vita sotto scorta.

Il pool antimafia e la battaglia per la legalità
L’amicizia e la collaborazione con Giovanni Falcone diventano un’arma fondamentale.
Sotto la guida di Chinnici, poi Caponnetto, il pool antimafia di Palermo avvia un lavoro senza precedenti.
Borsellino si distingue per il suo impegno nel coinvolgere i giovani, spiegando la cultura della legalità nelle scuole e nelle piazze.
La collaborazione con i pentiti come Buscetta apre la strada al Maxiprocesso, primo colpo forte alla mafia.
Nel frattempo, però, aumentano i morti eccellenti, tra cui il commissario Montana e il giudice Chinnici.
Borsellino affronta tutto con caparbietà e determinazione.
Il trasferimento a Marsala e il ritorno a Palermo
Dopo il Maxiprocesso, chiede il trasferimento a Marsala come Procuratore Capo.
Qui continua la lotta alla mafia, temendo che la vittoria giudiziaria faccia abbassare la guardia allo Stato.
Rientra a Palermo come Procuratore Aggiunto nel 1991, diventando punto di riferimento nella Direzione Distrettuale Antimafia.
Nonostante le pressioni, le invidie e gli ostacoli, prosegue il lavoro tra nuove inchieste e nuovi pentiti.
La sua figura diventa sempre più isolata ma fondamentale per la lotta alla criminalità organizzata.
La tragedia di via D’Amelio: il sacrificio di un eroe
Il 23 maggio 1992 perde l’amico di sempre, Giovanni Falcone, nella strage di Capaci.
Due mesi dopo, il 19 luglio 1992, Paolo Borsellino viene ucciso da un’autobomba in via D’Amelio.
Con lui muoiono gli agenti di scorta Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Cosina, Claudio Traina ed Emanuela Loi, la prima donna poliziotto vittima di mafia.
Paolo Borsellino: la rettitudine di Uomo Onesto
A distanza di anni, il sacrificio di Paolo Borsellino continua a rappresentare un simbolo di legalità e coraggio.
La sua passione, la sua allegria e la sua forza morale lo rendono un esempio per le nuove generazioni.
Il 19 luglio non è solo un anniversario da commemorare, ma un monito: la lotta alla mafia non è ancora conclusa.
Paolo Borsellino nasce a Palermo il 19 gennaio 1940.
Figlio di farmacisti, cresce nel quartiere arabo della Kalsa.
Studia presso il Liceo classico “Meli” e si laurea in Giurisprudenza all’Università di Palermo con il massimo dei voti a soli 22 anni.
Dopo la morte del padre, si occupa della famiglia e lavora nell’attività di farmacia fino alla laurea della sorella.
Nel 1963 supera il concorso in magistratura.
L’amore per la sua terra e il desiderio di giustizia lo spingono a diventare magistrato a Palermo, città simbolo della lotta alla mafia.
I primi incarichi e la nascita della sua missione
Dal 1965 inizia la carriera al tribunale civile di Enna.
Nel 1967 ottiene il primo incarico direttivo a Mazara del Vallo.
A Monreale lavora con il Capitano Basile alla prima indagine sulla mafia.
Nel 1975 viene trasferito al tribunale di Palermo, entrando nell’Ufficio istruzione sotto la guida di Rocco Chinnici.
È qui che inizia il suo impegno incessante contro Cosa Nostra.
Nel 1980 arriva l’arresto dei primi sei mafiosi, seguito dall’uccisione del Capitano Basile.
Per Borsellino inizia la vita sotto scorta.

Il pool antimafia e la battaglia per la legalità
L’amicizia e la collaborazione con Giovanni Falcone diventano un’arma fondamentale.
Sotto la guida di Chinnici, poi Caponnetto, il pool antimafia di Palermo avvia un lavoro senza precedenti.
Borsellino si distingue per il suo impegno nel coinvolgere i giovani, spiegando la cultura della legalità nelle scuole e nelle piazze.
La collaborazione con i pentiti come Buscetta apre la strada al Maxiprocesso, primo colpo forte alla mafia.
Nel frattempo, però, aumentano i morti eccellenti, tra cui il commissario Montana e il giudice Chinnici.
Borsellino affronta tutto con caparbietà e determinazione.
Il trasferimento a Marsala e il ritorno a Palermo
Dopo il Maxiprocesso, chiede il trasferimento a Marsala come Procuratore Capo.
Qui continua la lotta alla mafia, temendo che la vittoria giudiziaria faccia abbassare la guardia allo Stato.
Rientra a Palermo come Procuratore Aggiunto nel 1991, diventando punto di riferimento nella Direzione Distrettuale Antimafia.
Nonostante le pressioni, le invidie e gli ostacoli, prosegue il lavoro tra nuove inchieste e nuovi pentiti.
La sua figura diventa sempre più isolata ma fondamentale per la lotta alla criminalità organizzata.
La tragedia di via D’Amelio: il sacrificio di un eroe
Il 23 maggio 1992 perde l’amico di sempre, Giovanni Falcone, nella strage di Capaci.
Due mesi dopo, il 19 luglio 1992, Paolo Borsellino viene ucciso da un’autobomba in via D’Amelio.
Con lui muoiono gli agenti di scorta Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Cosina, Claudio Traina ed Emanuela Loi, la prima donna poliziotto vittima di mafia.
Paolo Borsellino: la rettitudine di Uomo Onesto
A distanza di anni, il sacrificio di Paolo Borsellino continua a rappresentare un simbolo di legalità e coraggio.
La sua passione, la sua allegria e la sua forza morale lo rendono un esempio per le nuove generazioni.
Il 19 luglio non è solo un anniversario da commemorare, ma un monito: la lotta alla mafia non è ancora conclusa.


















































































