2 agosto 1921. Muore il grande tenore Enrico Caruso.

Una voce scolpita nella storia
Enrico Caruso muore il 2 agosto 1921 a Napoli, a soli 48 anni, ma la sua voce rimane viva, custodita in centinaia di incisioni e nella memoria collettiva.
Nato il 25 febbraio 1873 nel rione San Giovanniello, figlio di un meccanico, cresce tra le strade popolari della città e inizia a cantare da autodidatta nelle chiese locali.
Non frequenta il conservatorio, ma prende lezioni private e debutta a ventidue anni al Teatro Nuovo di Napoli.
Da lì, la sua ascesa è inarrestabile.
Il tenore che conquista l’America
Enrico Caruso diventa in breve tempo il tenore più richiesto d’Europa, ma è negli Stati Uniti che raggiunge la fama planetaria.
Dal 1903 canta al Metropolitan Opera di New York, diventandone il simbolo per diciotto stagioni consecutive.
Il pubblico americano lo acclama come un mito vivente: è il primo artista lirico a sfruttare le nuove tecnologie discografiche, contribuendo a diffondere la lirica in ogni angolo del mondo.
Le sue registrazioni – oltre duecento – inaugurano l’era del disco.
L’impatto della sua voce su cilindro e vinile è rivoluzionario: Caruso dimostra che l’emozione dell’opera può attraversare oceani e arrivare nelle case della gente comune.
Interpreta con passione Verdi, Puccini, Donizetti, ma anche canzoni napoletane che porta al successo internazionale, tra cui ’O sole mio e Torna a Surriento.
Il segno lasciato da Enrico Caruso
Non è solo la potenza vocale a renderlo leggendario, ma la capacità di fondere tecnica e sentimento.
Caruso non canta per impressionare: canta per commuovere.
È un innovatore inconsapevole, che unisce il talento naturale a un intuito moderno, aprendo la strada al mercato discografico e alla popolarità dei cantanti lirici.
In vita è già una celebrità mondiale: frequenta le corti, firma autografi, è protagonista di caricature e vignette.
Viene fotografato, intervistato, osannato ma resta legato alla sua Napoli, città che lo accoglie nel suo ultimo giorno.
La morte e il saluto finale
Enrico Caruso muore a Napoli, all’hotel Vesuvio, dopo mesi di malattia e una serie di operazioni malriuscite.
Il funerale si svolge nella Basilica di San Francesco di Paola, con una folla immensa a rendergli omaggio.
È sepolto nel cimitero di Santa Maria del Pianto, ma la sua voce continua a viaggiare.
Una voce scolpita nella storia
Enrico Caruso muore il 2 agosto 1921 a Napoli, a soli 48 anni, ma la sua voce rimane viva, custodita in centinaia di incisioni e nella memoria collettiva.
Nato il 25 febbraio 1873 nel rione San Giovanniello, figlio di un meccanico, cresce tra le strade popolari della città e inizia a cantare da autodidatta nelle chiese locali.
Non frequenta il conservatorio, ma prende lezioni private e debutta a ventidue anni al Teatro Nuovo di Napoli.
Da lì, la sua ascesa è inarrestabile.
Il tenore che conquista l’America
Enrico Caruso diventa in breve tempo il tenore più richiesto d’Europa, ma è negli Stati Uniti che raggiunge la fama planetaria.
Dal 1903 canta al Metropolitan Opera di New York, diventandone il simbolo per diciotto stagioni consecutive.
Il pubblico americano lo acclama come un mito vivente: è il primo artista lirico a sfruttare le nuove tecnologie discografiche, contribuendo a diffondere la lirica in ogni angolo del mondo.
Le sue registrazioni – oltre duecento – inaugurano l’era del disco.
L’impatto della sua voce su cilindro e vinile è rivoluzionario: Caruso dimostra che l’emozione dell’opera può attraversare oceani e arrivare nelle case della gente comune.
Interpreta con passione Verdi, Puccini, Donizetti, ma anche canzoni napoletane che porta al successo internazionale, tra cui ’O sole mio e Torna a Surriento.
Il segno lasciato da Enrico Caruso
Non è solo la potenza vocale a renderlo leggendario, ma la capacità di fondere tecnica e sentimento.
Caruso non canta per impressionare: canta per commuovere.
È un innovatore inconsapevole, che unisce il talento naturale a un intuito moderno, aprendo la strada al mercato discografico e alla popolarità dei cantanti lirici.
In vita è già una celebrità mondiale: frequenta le corti, firma autografi, è protagonista di caricature e vignette.
Viene fotografato, intervistato, osannato ma resta legato alla sua Napoli, città che lo accoglie nel suo ultimo giorno.
La morte e il saluto finale
Enrico Caruso muore a Napoli, all’hotel Vesuvio, dopo mesi di malattia e una serie di operazioni malriuscite.
Il funerale si svolge nella Basilica di San Francesco di Paola, con una folla immensa a rendergli omaggio.
È sepolto nel cimitero di Santa Maria del Pianto, ma la sua voce continua a viaggiare.


















































































