22 luglio 1968. Muore Giovannino Guareschi.

Un narratore che guarda l’Italia da vicino
Giovannino Guareschi muore il 22 luglio 1968 a Cervia, lasciando dietro di sé uno dei mondi narrativi più riconoscibili del Novecento italiano.
La sua firma è indissolubilmente legata ai racconti del “Mondo piccolo”, in cui un prete e un sindaco comunista — Don Camillo e Peppone — si scontrano, si alleano e si pungono a colpi di ideologia e umanità.
Nato a Fontanelle di Roccabianca, in provincia di Parma, il 1° maggio 1908, Guareschi cresce in una famiglia di piccoli proprietari, attraversando le turbolenze del primo Novecento italiano.
Dopo studi irregolari in ingegneria, si dedica al giornalismo e trova presto la sua strada nel disegno satirico e nella scrittura umoristica.
Negli anni Trenta e Quaranta scrive per “Bertoldo” e “Candido”, poi dirige “Il Borghese” e fonda una rivista tutta sua, “Candido”, che diventa simbolo di un certo anticomunismo pungente, ma anche di una libertà di pensiero non omologata.
Don Camillo e Peppone: più che personaggi, archetipi
Il successo mondiale arriva con le storie di Don Camillo, pubblicate a partire dal 1948 e tradotte in oltre 30 lingue.
Il sacerdote irruente e il sindaco comunista formano una coppia tanto opposta quanto complementare, capace di raccontare l’Italia della guerra fredda con disarmante semplicità e profonda intelligenza emotiva.
Nelle loro schermaglie si riflette il Paese diviso ma ancora capace di dialogo.
I film con Fernandel e Gino Cervi contribuiscono a consacrare l’immaginario guareschiano, ma spesso oscurano la complessità dell’autore, che nei suoi diari e lettere mostra un pensiero più tormentato, critico verso il potere in tutte le sue forme, incluso quello clericale e democristiano.
L’ultimo saluto a un narratore libero
Nel 1954, per aver pubblicato due lettere private attribuite a De Gasperi, “Giovannino Guareschi” viene condannato per diffamazione e trascorre 409 giorni in carcere, affrontando la situazione con dignità senza rinnegare le proprie scelte.
Negli anni successivi si ritira in campagna; continua a scrivere ma si ammala di cuore.
Il 22 luglio 1968 muore a soli 60 anni, lasciando un’Italia che continua a ridere, discutere e riflettersi nei suoi personaggi.
È sepolto a Roncole Verdi, accanto a Giuseppe Verdi, in una terra che sa di nebbia, dialetto e testardaggine, proprio come lui.
Un narratore che guarda l’Italia da vicino
Giovannino Guareschi muore il 22 luglio 1968 a Cervia, lasciando dietro di sé uno dei mondi narrativi più riconoscibili del Novecento italiano.
La sua firma è indissolubilmente legata ai racconti del “Mondo piccolo”, in cui un prete e un sindaco comunista — Don Camillo e Peppone — si scontrano, si alleano e si pungono a colpi di ideologia e umanità.
Nato a Fontanelle di Roccabianca, in provincia di Parma, il 1° maggio 1908, Guareschi cresce in una famiglia di piccoli proprietari, attraversando le turbolenze del primo Novecento italiano.
Dopo studi irregolari in ingegneria, si dedica al giornalismo e trova presto la sua strada nel disegno satirico e nella scrittura umoristica.
Negli anni Trenta e Quaranta scrive per “Bertoldo” e “Candido”, poi dirige “Il Borghese” e fonda una rivista tutta sua, “Candido”, che diventa simbolo di un certo anticomunismo pungente, ma anche di una libertà di pensiero non omologata.
Don Camillo e Peppone: più che personaggi, archetipi
Il successo mondiale arriva con le storie di Don Camillo, pubblicate a partire dal 1948 e tradotte in oltre 30 lingue.
Il sacerdote irruente e il sindaco comunista formano una coppia tanto opposta quanto complementare, capace di raccontare l’Italia della guerra fredda con disarmante semplicità e profonda intelligenza emotiva.
Nelle loro schermaglie si riflette il Paese diviso ma ancora capace di dialogo.
I film con Fernandel e Gino Cervi contribuiscono a consacrare l’immaginario guareschiano, ma spesso oscurano la complessità dell’autore, che nei suoi diari e lettere mostra un pensiero più tormentato, critico verso il potere in tutte le sue forme, incluso quello clericale e democristiano.
L’ultimo saluto a un narratore libero
Nel 1954, per aver pubblicato due lettere private attribuite a De Gasperi, “Giovannino Guareschi” viene condannato per diffamazione e trascorre 409 giorni in carcere, affrontando la situazione con dignità senza rinnegare le proprie scelte.
Negli anni successivi si ritira in campagna; continua a scrivere ma si ammala di cuore.
Il 22 luglio 1968 muore a soli 60 anni, lasciando un’Italia che continua a ridere, discutere e riflettersi nei suoi personaggi.
È sepolto a Roncole Verdi, accanto a Giuseppe Verdi, in una terra che sa di nebbia, dialetto e testardaggine, proprio come lui.


















































































