26 luglio 1992. Muore Rita Atria, una donna contro la mafia.

Una ragazza sola contro Cosa Nostra
Rita Atria ha solo diciassette anni quando sceglie di parlare, é il novembre del 1991.
A Partanna, nella Sicilia più segnata dal dominio mafioso, la giovane figlia di don Vito Atria – boss ucciso in un agguato sette anni prima – decide di rompere il muro dell’omertà e affidarsi alla giustizia.
Non per vendetta, ma per sete di verità.
Cresce in una famiglia dove il potere mafioso è pane quotidiano, quando anche il fratello Nicola viene assassinato nel 1991, qualcosa in lei si spezza.
Non crede più nell’onore familiare, ma nella possibilità di un’altra vita.
Con l’aiuto della cognata Piera Aiello – anch’ella testimone di giustizia – Rita entra in contatto con il giudice Paolo Borsellino.
È lui a raccogliere le sue dichiarazioni, ad ascoltare la sua rabbia, le sue paure, le sue speranze.
Rita Atria e la forza fragile della verità
Vive sotto protezione a Roma, in un appartamento anonimo e silenzioso, scrive sul suo diario, racconta il dolore di chi perde tutto per scegliere da che parte stare.
Rita Atria comprende che senza memoria e giustizia, ogni società è destinata a crollare.
Borsellino diventa per lei un padre, un faro e quando il giudice muore il 19 luglio 1992, dilaniato in via D’Amelio insieme agli agenti della sua scorta, anche l’ultima certezza di Rita crolla.
Sette giorni dopo, il 26 luglio, si getta dal settimo piano dell’edificio dove vive.
La sua vita finisce nel silenzio, la sua voce no.
Una morte che lascia un segno
I funerali si svolgono in forma riservata, nessun rappresentante della sua famiglia partecipa.
A lungo il nome di Rita Atria resta marginale, quasi rimosso.
Solo negli anni Duemila viene ricordata come simbolo del coraggio femminile e della resistenza civile alla mafia.
A Partanna, la città dove è nata il 4 settembre 1974, la lapide in sua memoria viene più volte vandalizzata.
Ma ogni volta viene ricollocata, più forte di prima.
Rita Atria oggi continua a parlare alle nuove generazioni, non come un’eroina, ma come una ragazza che ha creduto, fino all’ultimo, che la mafia si può sconfiggere; a patto di non voltarsi mai dall’altra parte.
Una ragazza sola contro Cosa Nostra
Rita Atria ha solo diciassette anni quando sceglie di parlare, é il novembre del 1991.
A Partanna, nella Sicilia più segnata dal dominio mafioso, la giovane figlia di don Vito Atria – boss ucciso in un agguato sette anni prima – decide di rompere il muro dell’omertà e affidarsi alla giustizia.
Non per vendetta, ma per sete di verità.
Cresce in una famiglia dove il potere mafioso è pane quotidiano, quando anche il fratello Nicola viene assassinato nel 1991, qualcosa in lei si spezza.
Non crede più nell’onore familiare, ma nella possibilità di un’altra vita.
Con l’aiuto della cognata Piera Aiello – anch’ella testimone di giustizia – Rita entra in contatto con il giudice Paolo Borsellino.
È lui a raccogliere le sue dichiarazioni, ad ascoltare la sua rabbia, le sue paure, le sue speranze.
Rita Atria e la forza fragile della verità
Vive sotto protezione a Roma, in un appartamento anonimo e silenzioso, scrive sul suo diario, racconta il dolore di chi perde tutto per scegliere da che parte stare.
Rita Atria comprende che senza memoria e giustizia, ogni società è destinata a crollare.
Borsellino diventa per lei un padre, un faro e quando il giudice muore il 19 luglio 1992, dilaniato in via D’Amelio insieme agli agenti della sua scorta, anche l’ultima certezza di Rita crolla.
Sette giorni dopo, il 26 luglio, si getta dal settimo piano dell’edificio dove vive.
La sua vita finisce nel silenzio, la sua voce no.
Una morte che lascia un segno
I funerali si svolgono in forma riservata, nessun rappresentante della sua famiglia partecipa.
A lungo il nome di Rita Atria resta marginale, quasi rimosso.
Solo negli anni Duemila viene ricordata come simbolo del coraggio femminile e della resistenza civile alla mafia.
A Partanna, la città dove è nata il 4 settembre 1974, la lapide in sua memoria viene più volte vandalizzata.
Ma ogni volta viene ricollocata, più forte di prima.
Rita Atria oggi continua a parlare alle nuove generazioni, non come un’eroina, ma come una ragazza che ha creduto, fino all’ultimo, che la mafia si può sconfiggere; a patto di non voltarsi mai dall’altra parte.


















































































