3 dicembre 1997. Muore Benito Jacovitti, genio del fumetto.

Il nome di Benito Jacovitti continua a emergere nella memoria collettiva come quello di un autore capace di creare un linguaggio grafico unico.
Nato a Termoli nel 1923, cresce in un’Italia che attraversa trasformazioni profonde, e trova presto nella matita il suo modo di osservare il mondo.
Il suo stile, affollato di dettagli, oggetti surreali, salami e vermoni, diventa negli anni una firma immediatamente riconoscibile.
La vita e gli inizi di Benito Jacovitti
Jacovitti si forma artisticamente negli anni della giovinezza, quando frequenta l’Istituto d’Arte di Firenze.
Lì affina un tratto che tende al grottesco e all’esagerazione, sempre sostenuto da un’ironia vivace.
Durante la Seconda guerra mondiale collabora con varie riviste, inserendosi in un panorama fumettistico in rapido movimento.
L’ingresso nel mondo dell’editoria per ragazzi apre una stagione decisiva: le sue tavole iniziano a circolare capillarmente e conquistano lettori di ogni età.
Le opere che definiscono un autore
Con la pubblicazione dei suoi personaggi più celebri, Jacovitti consolida un universo narrativo che attraversa decenni.
Cocco Bill, il cowboy dal carattere imprevedibile, diventa un riferimento della cultura pop italiana.
Lo accompagnano figure come Zorry Kid, Jack Mandolino e Cip l’Arcipoliziotto, ognuna capace di creare una piccola mitologia.
La sua tecnica intreccia ritmo visivo, satira e una comicità surreale, spesso costruita su livelli multipli di lettura.
Il disegno, minuzioso e densissimo, invita a osservare e scoprire sempre nuovi dettagli.
Negli anni Jacovitti collabora con periodici di grande diffusione: da “Il Vittorioso” a “Il Giorno dei Ragazzi”, fino alla lunga stagione delle illustrazioni per i diari scolastici, diventati veri oggetti cult per generazioni di studenti.
L’ultimo periodo e la morte
Negli anni Ottanta e Novanta continua a disegnare e a reinventarsi, passando anche attraverso collaborazioni con quotidiani e riviste satiriche.
La sua attività non si interrompe quasi mai: il lavoro resta per lui un gesto quotidiano, naturale, necessario.
Il 3 dicembre 1997 Jacovitti muore a Roma, lasciando una produzione vastissima che oggi rappresenta una delle testimonianze più originali del fumetto italiano.
I funerali si svolgono nella capitale, in un clima di affetto sincero da parte di colleghi, lettori e artisti che riconoscono in lui un innovatore.
Il nome di Benito Jacovitti continua a emergere nella memoria collettiva come quello di un autore capace di creare un linguaggio grafico unico.
Nato a Termoli nel 1923, cresce in un’Italia che attraversa trasformazioni profonde, e trova presto nella matita il suo modo di osservare il mondo.
Il suo stile, affollato di dettagli, oggetti surreali, salami e vermoni, diventa negli anni una firma immediatamente riconoscibile.
La vita e gli inizi di Benito Jacovitti
Jacovitti si forma artisticamente negli anni della giovinezza, quando frequenta l’Istituto d’Arte di Firenze.
Lì affina un tratto che tende al grottesco e all’esagerazione, sempre sostenuto da un’ironia vivace.
Durante la Seconda guerra mondiale collabora con varie riviste, inserendosi in un panorama fumettistico in rapido movimento.
L’ingresso nel mondo dell’editoria per ragazzi apre una stagione decisiva: le sue tavole iniziano a circolare capillarmente e conquistano lettori di ogni età.
Le opere che definiscono un autore
Con la pubblicazione dei suoi personaggi più celebri, Jacovitti consolida un universo narrativo che attraversa decenni.
Cocco Bill, il cowboy dal carattere imprevedibile, diventa un riferimento della cultura pop italiana.
Lo accompagnano figure come Zorry Kid, Jack Mandolino e Cip l’Arcipoliziotto, ognuna capace di creare una piccola mitologia.
La sua tecnica intreccia ritmo visivo, satira e una comicità surreale, spesso costruita su livelli multipli di lettura.
Il disegno, minuzioso e densissimo, invita a osservare e scoprire sempre nuovi dettagli.
Negli anni Jacovitti collabora con periodici di grande diffusione: da “Il Vittorioso” a “Il Giorno dei Ragazzi”, fino alla lunga stagione delle illustrazioni per i diari scolastici, diventati veri oggetti cult per generazioni di studenti.
L’ultimo periodo e la morte
Negli anni Ottanta e Novanta continua a disegnare e a reinventarsi, passando anche attraverso collaborazioni con quotidiani e riviste satiriche.
La sua attività non si interrompe quasi mai: il lavoro resta per lui un gesto quotidiano, naturale, necessario.
Il 3 dicembre 1997 Jacovitti muore a Roma, lasciando una produzione vastissima che oggi rappresenta una delle testimonianze più originali del fumetto italiano.
I funerali si svolgono nella capitale, in un clima di affetto sincero da parte di colleghi, lettori e artisti che riconoscono in lui un innovatore.


















































































