31 ottobre 1984. Muore Indira Gandhi, la “figlia dell’India”.

L’infanzia e la formazione di una leader
Indira Priyadarshini Gandhi nasce l’11 novembre 1917 ad Allahabad, in India, in una famiglia immersa nella politica.
Figlia di Jawaharlal Nehru, primo ministro dell’India indipendente, cresce in un ambiente dove la libertà e la dignità nazionale sono valori quotidiani.
Studia in India, poi a Oxford, dove amplia la sua visione politica e culturale.
Fin da giovane partecipa attivamente al movimento per l’indipendenza, respirando l’idea di un’India autonoma, moderna e solidale.
L’ascesa politica e il potere
Dopo la morte del padre nel 1964, Indira Gandhi entra nel governo come ministra dell’Informazione e della Radiodiffusione.
Due anni più tardi, nel 1966, diventa la prima donna a ricoprire la carica di Primo Ministro dell’India, un evento che segna la storia mondiale.
Durante il suo mandato, guida con determinazione un paese complesso, affrontando carestie, tensioni religiose e sfide economiche.
Promuove la modernizzazione agricola e difende con forza la sovranità nazionale.
Nel 1971 ottiene una storica vittoria militare contro il Pakistan, che porta alla nascita del Bangladesh, consolidando la sua immagine di leader risoluta e carismatica.
Tra consenso e contestazione
Indira Gandhi non teme di esercitare il potere con autorità.
La sua decisione di dichiarare lo “stato d’emergenza” nel 1975 le procura accuse di autoritarismo, ma anche il riconoscimento di aver preservato la stabilità di un Paese in bilico.
Dopo un periodo di sconfitta elettorale, torna al potere nel 1980, segno di una fiducia popolare mai del tutto scalfita.
L’attentato e l’eredità
Il 31 ottobre 1984, Indira Gandhi viene assassinata nel giardino della propria residenza a Nuova Delhi da due guardie del corpo sikh, in seguito all’operazione militare ordinata nel Tempio d’Oro di Amritsar.
Il suo funerale, celebrato con rito di Stato e seguito da milioni di persone, si trasforma in una manifestazione di lutto collettivo.

L’infanzia e la formazione di una leader
Indira Priyadarshini Gandhi nasce l’11 novembre 1917 ad Allahabad, in India, in una famiglia immersa nella politica.
Figlia di Jawaharlal Nehru, primo ministro dell’India indipendente, cresce in un ambiente dove la libertà e la dignità nazionale sono valori quotidiani.
Studia in India, poi a Oxford, dove amplia la sua visione politica e culturale.
Fin da giovane partecipa attivamente al movimento per l’indipendenza, respirando l’idea di un’India autonoma, moderna e solidale.
L’ascesa politica e il potere
Dopo la morte del padre nel 1964, Indira Gandhi entra nel governo come ministra dell’Informazione e della Radiodiffusione.
Due anni più tardi, nel 1966, diventa la prima donna a ricoprire la carica di Primo Ministro dell’India, un evento che segna la storia mondiale.
Durante il suo mandato, guida con determinazione un paese complesso, affrontando carestie, tensioni religiose e sfide economiche.
Promuove la modernizzazione agricola e difende con forza la sovranità nazionale.
Nel 1971 ottiene una storica vittoria militare contro il Pakistan, che porta alla nascita del Bangladesh, consolidando la sua immagine di leader risoluta e carismatica.
Tra consenso e contestazione
Indira Gandhi non teme di esercitare il potere con autorità.
La sua decisione di dichiarare lo “stato d’emergenza” nel 1975 le procura accuse di autoritarismo, ma anche il riconoscimento di aver preservato la stabilità di un Paese in bilico.
Dopo un periodo di sconfitta elettorale, torna al potere nel 1980, segno di una fiducia popolare mai del tutto scalfita.
L’attentato e l’eredità
Il 31 ottobre 1984, Indira Gandhi viene assassinata nel giardino della propria residenza a Nuova Delhi da due guardie del corpo sikh, in seguito all’operazione militare ordinata nel Tempio d’Oro di Amritsar.
Il suo funerale, celebrato con rito di Stato e seguito da milioni di persone, si trasforma in una manifestazione di lutto collettivo.


















































































