5 dicembre 1974. Addio al geniale regista Pietro Germi.

Il 5 dicembre 1974 muore Pietro Germi. La sua scomparsa segna la fine di una stagione irripetibile del cinema italiano. Il regista, nato a Genova il 14 settembre 1914, racconta per quasi trent’anni un Paese pieno di contraddizioni con uno sguardo lucido, ironico e profondamente umano.
Le origini e la formazione di un autore fuori dal coro
Pietro Germi cresce in un ambiente popolare e sviluppa presto una sensibilità artistica forte e concreta. Studia recitazione e regia al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Si avvicina al neorealismo ma preferisce una via personale, più incisiva e più attenta alla psicologia dei protagonisti. Nel 1946 dirige Il testimone, il suo esordio come regista.
Una carriera che attraversa i generi e racconta il Paese
Nel corso della sua vita dirige una ventina di film. Passa dal dramma sociale al grottesco, dalla denuncia civile alla commedia amara. Realizza opere come In nome della legge, Il ferroviere, Divorzio all’italiana, Alfredo Alfredo e Signore & signori. Ogni pellicola riflette un’Italia che cambia, un’Italia che ride dei propri difetti ma li riconosce senza filtri.
Germi conquista un Oscar per la sceneggiatura di Divorzio all’italiana, candidato anche come miglior film.Ottiene tre David di Donatello e nove Nastri d’argento. Nel 1951 vince il Gran Premio della Giuria al Festival di Berlino con Il cammino della speranza. Cannes lo premia nel 1962 e poi nel 1966 per Divorzio all’italiana e Signore & signori.
La Sicilia come metafora dell’Italia
Molte sue opere trovano nella Sicilia un palcoscenico ideale. L’isola diventa per lui un laboratorio umano, una lente d’ingrandimento sui caratteri italiani. Nel 1964, durante l’anteprima di Sedotta e abbandonata, Germi spiega la sua attrazione per questa terra. Racconta che la Sicilia amplifica i comportamenti degli italiani e li rende più estremi, più tragici e più comici allo stesso tempo. Definisce il film una “tragedia comica” e confessa il suo desiderio: far uscire il pubblico dal cinema con una risata inquieta, una risata che fa riflettere.
Un maestro irrinunciabile del cinema italiano
Pietro Germi lascia un’impronta profonda nella storia della settima arte. Il suo cinema osserva l’Italia senza indulgenze, con occhio critico ma anche ironico. I suoi film raccontano dinamiche sociali, pregiudizi, passioni e fragilità.
Le sue storie ci parlano ancora oggi della “nostra” storia ancora oggi.
LPP
Il 5 dicembre 1974 muore Pietro Germi. La sua scomparsa segna la fine di una stagione irripetibile del cinema italiano. Il regista, nato a Genova il 14 settembre 1914, racconta per quasi trent’anni un Paese pieno di contraddizioni con uno sguardo lucido, ironico e profondamente umano.
Le origini e la formazione di un autore fuori dal coro
Pietro Germi cresce in un ambiente popolare e sviluppa presto una sensibilità artistica forte e concreta. Studia recitazione e regia al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Si avvicina al neorealismo ma preferisce una via personale, più incisiva e più attenta alla psicologia dei protagonisti. Nel 1946 dirige Il testimone, il suo esordio come regista.
Una carriera che attraversa i generi e racconta il Paese
Nel corso della sua vita dirige una ventina di film. Passa dal dramma sociale al grottesco, dalla denuncia civile alla commedia amara. Realizza opere come In nome della legge, Il ferroviere, Divorzio all’italiana, Alfredo Alfredo e Signore & signori. Ogni pellicola riflette un’Italia che cambia, un’Italia che ride dei propri difetti ma li riconosce senza filtri.
Germi conquista un Oscar per la sceneggiatura di Divorzio all’italiana, candidato anche come miglior film.Ottiene tre David di Donatello e nove Nastri d’argento. Nel 1951 vince il Gran Premio della Giuria al Festival di Berlino con Il cammino della speranza. Cannes lo premia nel 1962 e poi nel 1966 per Divorzio all’italiana e Signore & signori.
La Sicilia come metafora dell’Italia
Molte sue opere trovano nella Sicilia un palcoscenico ideale. L’isola diventa per lui un laboratorio umano, una lente d’ingrandimento sui caratteri italiani. Nel 1964, durante l’anteprima di Sedotta e abbandonata, Germi spiega la sua attrazione per questa terra. Racconta che la Sicilia amplifica i comportamenti degli italiani e li rende più estremi, più tragici e più comici allo stesso tempo. Definisce il film una “tragedia comica” e confessa il suo desiderio: far uscire il pubblico dal cinema con una risata inquieta, una risata che fa riflettere.
Un maestro irrinunciabile del cinema italiano
Pietro Germi lascia un’impronta profonda nella storia della settima arte. Il suo cinema osserva l’Italia senza indulgenze, con occhio critico ma anche ironico. I suoi film raccontano dinamiche sociali, pregiudizi, passioni e fragilità.
Le sue storie ci parlano ancora oggi della “nostra” storia ancora oggi.
LPP


















































































