9 agosto 1916. Muore il poeta Guido Gozzano.

Un poeta che non ama la poesia
Guido Gozzano si racconta con ironia e malinconia.
Non si considera davvero un poeta, eppure i suoi versi rimangono fra i più rappresentativi del primo Novecento italiano.
Nasce a Torino il 19 dicembre 1883, in una famiglia borghese e colta.
Cresce nella villa di Agliè, nel Canavese, che diventa il cuore simbolico della sua poetica.
Le sue “buone cose di pessimo gusto” sono i ricordi sbiaditi di un mondo che già si sente superato: centrini, salotti in penombra, fiori di carta, malinconie domestiche.
Guido Gozzano e il crepuscolarismo
Con I colloqui, pubblicato nel 1911, Gozzano si inserisce nel movimento crepuscolare, ma lo fa con uno stile tutto suo.
La sua poesia non urla, non invoca ideali, non esibisce eroi.
Preferisce i toni bassi, le figure fragili, i piccoli oggetti di una quotidianità borghese e sorpassata.
Il suo è un disincanto gentile, a volte ironico, sempre attraversato da una consapevolezza profonda della malattia e della caducità.
Gozzano legge D’Annunzio, ma lo rifiuta; guarda a Pascoli, ma se ne distanzia.
Parla d’amore in modo dimesso, cita sé stesso con ironia, si racconta come un giovane svogliato che preferisce i sogni alla realtà.
Eppure, nelle sue pagine, la lingua si fa precisa, elegante, musicale.
Un viaggio verso l’Oriente e un’eredità poetica
Nel 1912 parte per un lungo viaggio in India, Ceylon, Singapore.
Lo fa anche nella speranza di curare la tubercolosi, che lo accompagna fin dalla giovinezza.
Di quell’esperienza rimane Verso la cuna del mondo, un diario di viaggio raffinato e colto, che mostra un Gozzano attento all’esotico, ma sempre disincantato.
Il suo stile lascia un’impronta indelebile nella poesia italiana.
È maestro di autoironia, misura, delicatezza.
Influenza scrittori come Montale, Saba e Caproni. La sua voce resta unica, sospesa tra fine Ottocento e modernità.
La morte a soli trentadue anni
Guido Gozzano muore il 9 agosto 1916 nella sua casa di Torino.
La tubercolosi lo consuma lentamente.
È sepolto ad Agliè, tra i paesaggi che ama, tra le siepi e le rose che ricorrono nei suoi versi.
Un poeta che non ama la poesia
Guido Gozzano si racconta con ironia e malinconia.
Non si considera davvero un poeta, eppure i suoi versi rimangono fra i più rappresentativi del primo Novecento italiano.
Nasce a Torino il 19 dicembre 1883, in una famiglia borghese e colta.
Cresce nella villa di Agliè, nel Canavese, che diventa il cuore simbolico della sua poetica.
Le sue “buone cose di pessimo gusto” sono i ricordi sbiaditi di un mondo che già si sente superato: centrini, salotti in penombra, fiori di carta, malinconie domestiche.
Guido Gozzano e il crepuscolarismo
Con I colloqui, pubblicato nel 1911, Gozzano si inserisce nel movimento crepuscolare, ma lo fa con uno stile tutto suo.
La sua poesia non urla, non invoca ideali, non esibisce eroi.
Preferisce i toni bassi, le figure fragili, i piccoli oggetti di una quotidianità borghese e sorpassata.
Il suo è un disincanto gentile, a volte ironico, sempre attraversato da una consapevolezza profonda della malattia e della caducità.
Gozzano legge D’Annunzio, ma lo rifiuta; guarda a Pascoli, ma se ne distanzia.
Parla d’amore in modo dimesso, cita sé stesso con ironia, si racconta come un giovane svogliato che preferisce i sogni alla realtà.
Eppure, nelle sue pagine, la lingua si fa precisa, elegante, musicale.
Un viaggio verso l’Oriente e un’eredità poetica
Nel 1912 parte per un lungo viaggio in India, Ceylon, Singapore.
Lo fa anche nella speranza di curare la tubercolosi, che lo accompagna fin dalla giovinezza.
Di quell’esperienza rimane Verso la cuna del mondo, un diario di viaggio raffinato e colto, che mostra un Gozzano attento all’esotico, ma sempre disincantato.
Il suo stile lascia un’impronta indelebile nella poesia italiana.
È maestro di autoironia, misura, delicatezza.
Influenza scrittori come Montale, Saba e Caproni. La sua voce resta unica, sospesa tra fine Ottocento e modernità.
La morte a soli trentadue anni
Guido Gozzano muore il 9 agosto 1916 nella sua casa di Torino.
La tubercolosi lo consuma lentamente.
È sepolto ad Agliè, tra i paesaggi che ama, tra le siepi e le rose che ricorrono nei suoi versi.


















































































