Addio a Sly Stone, il profeta del funk e della rivoluzione musicale.

La leggenda del funk che cambiò per sempre la musica
Sly Stone si è spento a 82 anni.
La sua morte è avvenuta a Los Angeles, dopo una lunga battaglia contro una broncopneumopatia cronica.
Accanto a lui, fino all’ultimo, la sua famiglia e gli amici più stretti.
Fondatore degli Sly and the Family Stone, è stato un rivoluzionario sonoro e un visionario del funk.
Una band che sfidava le regole
Nel 1966 Sly Stone fonda gli Sly and the Family Stone, un gruppo che fin da subito rompe ogni barriera.
Uomini e donne. Bianchi e neri. Nella loro musica la visione di un mondo senza separatismo.
In un’America divisa, la band rappresenta un’utopia vivente di integrazione e unità.
Il loro sound è un’esplosione di funk, soul, rock e psichedelia.
Un cocktail musicale che scuote le fondamenta della musica pop.
Nel 1968, il brano Dance to the Music entra nella Top 10 proprio nella settimana dell’assassinio di Martin Luther King.
È la colonna sonora di una generazione in rivolta.
Da Woodstock alla leggenda
Sly and the Family Stone lasciano il segno indelebile a Woodstock nel 1969.
Con inni come I Want to Take You Higher e Everyday People, infiammano le folle di giovani in cerca di nuovi riferimenti.
Promuovono l’anticonformismo, l’uguaglianza e l’orgoglio identitario.
I loro slogan diventano mantra: “Different strokes for different folks” che può essere tradotto come “Ognuno a modo suo”.
Tra il 1968 e il 1971 pubblicano successi intramontabili come Stand!, Thank You (Falettinme Be Mice Elf Agin) e Family Affair.
Questi brani non sono solo hit.
Sono dichiarazioni culturali.
Sono il battito del cuore di un’epoca.
L’influenza che ha attraversato le generazioni
Sly Stone è stato solo un protagonista del suo tempo.
È diventato una pietra angolare per la musica futura.
George Clinton lo ha considerato un mentore spirituale.
Prince ne ha seguito le orme, fondendo sensualità e protesta in ogni nota.
Rick James, i Beastie Boys, Dr. Dre, Snoop Dogg, i Black Eyed Peas: tutti hanno trovato ispirazione nel suo genio.
Il suo stile ha plasmato il funk, anticipato l’hip hop e influenzato l’R&B moderno.
Sly Stone: una vita segnata anche da ombre
Il successo travolgente si accompagna a fragilità profonde.
Sly Stone lotta per anni contro la dipendenza da droga, gli eccessi, la paranoia.
A tratti si isola, scompare dalla scena.
Ma il mito cresce, alimentato da rarissime apparizioni pubbliche e da una discografia che non smette di bruciare di energia.
Nel 2023 pubblica la sua autobiografia Thank You (Falettinme Be Mice Elf Agin), un racconto sincero e struggente di genio e dolore.
Morte di un mito
La notizia della morte di Sly Stone è stata diffusa dalla sua addetta stampa, Carleen Donovan.
I funerali si terranno in forma privata, ma sono previsti omaggi pubblici in diverse città americane.
Il suo corpo verrà cremato, secondo le volontà lasciate nella sua autobiografia.
Sly Stone continuerà a vivere in ogni beat funk. In ogni nota suonata per cambiare il mondo.
La leggenda del funk che cambiò per sempre la musica
Sly Stone si è spento a 82 anni.
La sua morte è avvenuta a Los Angeles, dopo una lunga battaglia contro una broncopneumopatia cronica.
Accanto a lui, fino all’ultimo, la sua famiglia e gli amici più stretti.
Fondatore degli Sly and the Family Stone, è stato un rivoluzionario sonoro e un visionario del funk.
Una band che sfidava le regole
Nel 1966 Sly Stone fonda gli Sly and the Family Stone, un gruppo che fin da subito rompe ogni barriera.
Uomini e donne. Bianchi e neri. Nella loro musica la visione di un mondo senza separatismo.
In un’America divisa, la band rappresenta un’utopia vivente di integrazione e unità.
Il loro sound è un’esplosione di funk, soul, rock e psichedelia.
Un cocktail musicale che scuote le fondamenta della musica pop.
Nel 1968, il brano Dance to the Music entra nella Top 10 proprio nella settimana dell’assassinio di Martin Luther King.
È la colonna sonora di una generazione in rivolta.
Da Woodstock alla leggenda
Sly and the Family Stone lasciano il segno indelebile a Woodstock nel 1969.
Con inni come I Want to Take You Higher e Everyday People, infiammano le folle di giovani in cerca di nuovi riferimenti.
Promuovono l’anticonformismo, l’uguaglianza e l’orgoglio identitario.
I loro slogan diventano mantra: “Different strokes for different folks” che può essere tradotto come “Ognuno a modo suo”.
Tra il 1968 e il 1971 pubblicano successi intramontabili come Stand!, Thank You (Falettinme Be Mice Elf Agin) e Family Affair.
Questi brani non sono solo hit.
Sono dichiarazioni culturali.
Sono il battito del cuore di un’epoca.
L’influenza che ha attraversato le generazioni
Sly Stone è stato solo un protagonista del suo tempo.
È diventato una pietra angolare per la musica futura.
George Clinton lo ha considerato un mentore spirituale.
Prince ne ha seguito le orme, fondendo sensualità e protesta in ogni nota.
Rick James, i Beastie Boys, Dr. Dre, Snoop Dogg, i Black Eyed Peas: tutti hanno trovato ispirazione nel suo genio.
Il suo stile ha plasmato il funk, anticipato l’hip hop e influenzato l’R&B moderno.
Sly Stone: una vita segnata anche da ombre
Il successo travolgente si accompagna a fragilità profonde.
Sly Stone lotta per anni contro la dipendenza da droga, gli eccessi, la paranoia.
A tratti si isola, scompare dalla scena.
Ma il mito cresce, alimentato da rarissime apparizioni pubbliche e da una discografia che non smette di bruciare di energia.
Nel 2023 pubblica la sua autobiografia Thank You (Falettinme Be Mice Elf Agin), un racconto sincero e struggente di genio e dolore.
Morte di un mito
La notizia della morte di Sly Stone è stata diffusa dalla sua addetta stampa, Carleen Donovan.
I funerali si terranno in forma privata, ma sono previsti omaggi pubblici in diverse città americane.
Il suo corpo verrà cremato, secondo le volontà lasciate nella sua autobiografia.
Sly Stone continuerà a vivere in ogni beat funk. In ogni nota suonata per cambiare il mondo.


















































































