20 luglio 1923. Muore Pancho Villa, il rivoluzionario messicano che cambiò il Messico con la rivoluzione.

Pancho Villa è un nome che infiamma ancora l’immaginario collettivo.
Il 20 luglio 1923, a Hidalgo del Parral, cade sotto i colpi di un agguato il generale Doroteo Arango Arámbula, conosciuto in tutto il mondo come Pancho Villa.
Non è solo un ribelle o un bandito, ma una figura complessa che incarna le contraddizioni e le speranze della Rivoluzione messicana.
Nato il 5 giugno 1878 nello stato di Durango, trascorre l’infanzia in povertà e cresce tra le tensioni sociali dell’epoca porfiriana.
Dai furti ai campi di battaglia: il destino di un capo
Dopo una giovinezza turbolenta, Pancho Villa si unisce alla causa rivoluzionaria nel 1910, al fianco di Francisco Madero, contro la dittatura di Porfirio Díaz.
Da abile cavaliere e stratega autodidatta, guida la División del Norte con ferocia e carisma, diventando un simbolo per i contadini e gli oppressi.
Le sue azioni spettacolari — tra cui l’attacco a Columbus, nel Nuovo Messico, nel 1916 — lo rendono famoso anche fuori dal Messico, ma gli valgono l’ostilità degli Stati Uniti e lo scontro diretto con il generale John Pershing.
Negli anni successivi, Villa si scontra con altri leader rivoluzionari, tra cui Venustiano Carranza.
Dopo alterne vicende e sanguinose battaglie, nel 1920 accetta un’amnistia e si ritira nella sua hacienda a Canutillo.
Ma l’uomo che ha scosso le fondamenta del potere messicano non può sfuggire a lungo ai suoi nemici.
Pancho Villa tra leggenda e memoria
Pancho Villa resta un’icona ambigua: per alcuni un eroe popolare, per altri un violento fuorilegge.
Ma è indubbio che il suo ruolo nella caduta del regime di Díaz e nella redistribuzione delle terre segna una svolta nella storia del Messico.
Il suo volto, spesso ritratto con cappello e cartucciere, diventa emblema della resistenza armata e della giustizia sociale.
La morte e l’ultimo viaggio
Il 20 luglio 1923, mentre viaggia senza scorta nella città di Parral, Pancho Villa viene colpito da una raffica di proiettili.
L’agguato, orchestrato da mandanti politici legati al governo, chiude brutalmente la parabola di un uomo che non si è mai piegato.
I suoi funerali si svolgono in forma privata, e il corpo viene sepolto nel cimitero locale.
Solo nel 1976, i suoi resti vengono traslati nella Rotonda de los Hombres Ilustres di Città del Messico.
Pancho Villa è un nome che infiamma ancora l’immaginario collettivo.
Il 20 luglio 1923, a Hidalgo del Parral, cade sotto i colpi di un agguato il generale Doroteo Arango Arámbula, conosciuto in tutto il mondo come Pancho Villa.
Non è solo un ribelle o un bandito, ma una figura complessa che incarna le contraddizioni e le speranze della Rivoluzione messicana.
Nato il 5 giugno 1878 nello stato di Durango, trascorre l’infanzia in povertà e cresce tra le tensioni sociali dell’epoca porfiriana.
Dai furti ai campi di battaglia: il destino di un capo
Dopo una giovinezza turbolenta, Pancho Villa si unisce alla causa rivoluzionaria nel 1910, al fianco di Francisco Madero, contro la dittatura di Porfirio Díaz.
Da abile cavaliere e stratega autodidatta, guida la División del Norte con ferocia e carisma, diventando un simbolo per i contadini e gli oppressi.
Le sue azioni spettacolari — tra cui l’attacco a Columbus, nel Nuovo Messico, nel 1916 — lo rendono famoso anche fuori dal Messico, ma gli valgono l’ostilità degli Stati Uniti e lo scontro diretto con il generale John Pershing.
Negli anni successivi, Villa si scontra con altri leader rivoluzionari, tra cui Venustiano Carranza.
Dopo alterne vicende e sanguinose battaglie, nel 1920 accetta un’amnistia e si ritira nella sua hacienda a Canutillo.
Ma l’uomo che ha scosso le fondamenta del potere messicano non può sfuggire a lungo ai suoi nemici.
Pancho Villa tra leggenda e memoria
Pancho Villa resta un’icona ambigua: per alcuni un eroe popolare, per altri un violento fuorilegge.
Ma è indubbio che il suo ruolo nella caduta del regime di Díaz e nella redistribuzione delle terre segna una svolta nella storia del Messico.
Il suo volto, spesso ritratto con cappello e cartucciere, diventa emblema della resistenza armata e della giustizia sociale.
La morte e l’ultimo viaggio
Il 20 luglio 1923, mentre viaggia senza scorta nella città di Parral, Pancho Villa viene colpito da una raffica di proiettili.
L’agguato, orchestrato da mandanti politici legati al governo, chiude brutalmente la parabola di un uomo che non si è mai piegato.
I suoi funerali si svolgono in forma privata, e il corpo viene sepolto nel cimitero locale.
Solo nel 1976, i suoi resti vengono traslati nella Rotonda de los Hombres Ilustres di Città del Messico.


















































































