26 luglio 1927. Muore Federico De Roberto, autore de “I Vicerè”.

Un osservatore implacabile della società borghese
Federico De Roberto muore a Catania il 26 luglio 1927.
La sua è una voce che, ancora oggi, attraversa il tempo con una limpidezza tagliente.
Nato nella stessa città il 16 gennaio 1861, cresce tra Napoli e la Sicilia, formandosi in un ambiente culturale vivace, tra scienze e lettere.
Le sue prime collaborazioni con *La Domenica Letteraria* lo portano a conoscere Giovanni Verga, con cui stringe un rapporto di stima e confronto intellettuale.
“I Viceré”: romanzo storico o radiografia del potere?
Nel 1894 pubblica il suo capolavoro, “I Viceré”, un romanzo che penetra come una lama nella carne della nobiltà decadente e della nuova borghesia in ascesa.
Ambientato in una Sicilia scossa dall’Unità d’Italia, il libro racconta l’inarrestabile trasformismo della famiglia Uzeda, capace di adattarsi a ogni regime pur di non perdere potere.
Con uno stile analitico, vicino al naturalismo francese, De Roberto non lascia spazio a illusioni: l’uomo, nella sua visione, è mosso da interessi, paure, meschinità.
La critica, all’uscita, non è tenera: il romanzo è accusato di cinismo e freddezza, ma troverà nel tempo il giusto riconoscimento, anche grazie al sostegno di Luigi Capuana.
A differenza di Verga, De Roberto abbandona presto la narrazione degli umili per rivolgere lo sguardo alla classe dirigente, con uno sguardo spietato ma mai volgare.
Una produzione meno nota, ma altrettanto significativa
Oltre al celebre romanzo, l’autore si dedica a racconti, saggi e opere teatrali.
Scrive anche testi di divulgazione scientifica e romanzi sentimentali sotto pseudonimo.
Negli ultimi anni si avvicina al giornalismo, collaborando con “Il Corriere della Sera”. Rimane sempre fedele al rigore analitico e a una scrittura che non consola, ma smaschera.
La fine e il ricordo
Federico De Roberto muore all’età di 66 anni, nella sua Catania.
I funerali si svolgono in tono sobrio, senza clamore. Per decenni il suo nome resta in ombra, oscurato da quello di Verga.
Ma oggi “I Viceré” è considerato uno dei più grandi romanzi italiani dell’Ottocento, capace di dialogare con il presente e con ogni epoca in cui il potere cambia maschera ma non volto.
Un osservatore implacabile della società borghese
Federico De Roberto muore a Catania il 26 luglio 1927.
La sua è una voce che, ancora oggi, attraversa il tempo con una limpidezza tagliente.
Nato nella stessa città il 16 gennaio 1861, cresce tra Napoli e la Sicilia, formandosi in un ambiente culturale vivace, tra scienze e lettere.
Le sue prime collaborazioni con *La Domenica Letteraria* lo portano a conoscere Giovanni Verga, con cui stringe un rapporto di stima e confronto intellettuale.
“I Viceré”: romanzo storico o radiografia del potere?
Nel 1894 pubblica il suo capolavoro, “I Viceré”, un romanzo che penetra come una lama nella carne della nobiltà decadente e della nuova borghesia in ascesa.
Ambientato in una Sicilia scossa dall’Unità d’Italia, il libro racconta l’inarrestabile trasformismo della famiglia Uzeda, capace di adattarsi a ogni regime pur di non perdere potere.
Con uno stile analitico, vicino al naturalismo francese, De Roberto non lascia spazio a illusioni: l’uomo, nella sua visione, è mosso da interessi, paure, meschinità.
La critica, all’uscita, non è tenera: il romanzo è accusato di cinismo e freddezza, ma troverà nel tempo il giusto riconoscimento, anche grazie al sostegno di Luigi Capuana.
A differenza di Verga, De Roberto abbandona presto la narrazione degli umili per rivolgere lo sguardo alla classe dirigente, con uno sguardo spietato ma mai volgare.
Una produzione meno nota, ma altrettanto significativa
Oltre al celebre romanzo, l’autore si dedica a racconti, saggi e opere teatrali.
Scrive anche testi di divulgazione scientifica e romanzi sentimentali sotto pseudonimo.
Negli ultimi anni si avvicina al giornalismo, collaborando con “Il Corriere della Sera”. Rimane sempre fedele al rigore analitico e a una scrittura che non consola, ma smaschera.
La fine e il ricordo
Federico De Roberto muore all’età di 66 anni, nella sua Catania.
I funerali si svolgono in tono sobrio, senza clamore. Per decenni il suo nome resta in ombra, oscurato da quello di Verga.
Ma oggi “I Viceré” è considerato uno dei più grandi romanzi italiani dell’Ottocento, capace di dialogare con il presente e con ogni epoca in cui il potere cambia maschera ma non volto.


















































































