4 ottobre 1982. Muore Glenn Gould, pianista che sfida la tradizione.

Un talento fuori dal comune
Glenn Gould nasce a Toronto il 25 settembre 1932.
Fin da bambino manifesta un orecchio assoluto e una memoria musicale prodigiosa, che lo portano a esibirsi in pubblico già in adolescenza.
A soli vent’anni debutta con l’Orchestra Sinfonica di Toronto, rivelando uno stile pianistico immediatamente riconoscibile: postura insolita, mani velocissime, un tocco asciutto e cristallino.
Le Goldberg Variations e il mito
Nel 1955 registra le “Variazioni Goldberg” di Johann Sebastian Bach per la Columbia Records.
Il disco diventa un successo mondiale e trasforma Glenn Gould in una leggenda.
Il suo approccio alla tastiera rompe con la tradizione romantica, restituendo a Bach una precisione architettonica e un ritmo sorprendente.
La scelta di riproporre le “Variazioni Goldberg” nel 1981, poco prima della morte, chiude simbolicamente il cerchio della sua carriera, offrendo una seconda interpretazione entrata anch’essa nella storia.
Un artista anticonvenzionale
Glenn Gould rifiuta il virtuosismo fine a sé stesso e mette al centro il pensiero musicale.
Indossa sempre un cappotto, anche in piena estate, e utilizza una sedia bassissima costruita dal padre, che diventa parte del suo mito.
A partire dal 1964 abbandona i concerti dal vivo, convinto che la registrazione in studio sia il futuro della musica: un luogo dove l’arte può raggiungere la perfezione.
Da quel momento dedica la vita esclusivamente a incisioni discografiche e trasmissioni radiofoniche sperimentali, anticipando un modo nuovo di concepire la musica colta nel Novecento.
La morte e il commiato
Il 27 settembre 1982 Glenn Gould viene colpito da un ictus a Toronto.
Dopo alcuni giorni di coma, muore il 4 ottobre, appena cinquantenne.
Il funerale si svolge nella St. Paul’s Anglican Church della sua città natale, e la sepoltura avviene nel cimitero di Mount Pleasant.
Migliaia di appassionati, colleghi e critici piangono la perdita di un pianista che ha cambiato per sempre il rapporto tra interpretazione e tecnologia, lasciando un’eredità che continua a influenzare generazioni di musicisti e ascoltatori.
Un talento fuori dal comune
Glenn Gould nasce a Toronto il 25 settembre 1932.
Fin da bambino manifesta un orecchio assoluto e una memoria musicale prodigiosa, che lo portano a esibirsi in pubblico già in adolescenza.
A soli vent’anni debutta con l’Orchestra Sinfonica di Toronto, rivelando uno stile pianistico immediatamente riconoscibile: postura insolita, mani velocissime, un tocco asciutto e cristallino.
Le Goldberg Variations e il mito
Nel 1955 registra le “Variazioni Goldberg” di Johann Sebastian Bach per la Columbia Records.
Il disco diventa un successo mondiale e trasforma Glenn Gould in una leggenda.
Il suo approccio alla tastiera rompe con la tradizione romantica, restituendo a Bach una precisione architettonica e un ritmo sorprendente.
La scelta di riproporre le “Variazioni Goldberg” nel 1981, poco prima della morte, chiude simbolicamente il cerchio della sua carriera, offrendo una seconda interpretazione entrata anch’essa nella storia.
Un artista anticonvenzionale
Glenn Gould rifiuta il virtuosismo fine a sé stesso e mette al centro il pensiero musicale.
Indossa sempre un cappotto, anche in piena estate, e utilizza una sedia bassissima costruita dal padre, che diventa parte del suo mito.
A partire dal 1964 abbandona i concerti dal vivo, convinto che la registrazione in studio sia il futuro della musica: un luogo dove l’arte può raggiungere la perfezione.
Da quel momento dedica la vita esclusivamente a incisioni discografiche e trasmissioni radiofoniche sperimentali, anticipando un modo nuovo di concepire la musica colta nel Novecento.
La morte e il commiato
Il 27 settembre 1982 Glenn Gould viene colpito da un ictus a Toronto.
Dopo alcuni giorni di coma, muore il 4 ottobre, appena cinquantenne.
Il funerale si svolge nella St. Paul’s Anglican Church della sua città natale, e la sepoltura avviene nel cimitero di Mount Pleasant.
Migliaia di appassionati, colleghi e critici piangono la perdita di un pianista che ha cambiato per sempre il rapporto tra interpretazione e tecnologia, lasciando un’eredità che continua a influenzare generazioni di musicisti e ascoltatori.


















































































