12 ottobre 1492. Muore Piero della Francesca.

L’arte come misura del mondo
Piero della Francesca muore il 12 ottobre 1492 a Borgo San Sepolcro, la città toscana dove è nato tra il 1412 e il 1416 e dove chiude il cerchio della sua vita.
Nel pieno del Rinascimento, mentre l’Italia riscopre la proporzione e la razionalità, Piero trasforma la pittura in una scienza dello sguardo.
Nelle sue opere la luce non illumina solo le figure, ma le ordina, le misura, le rende parte di un universo geometrico.
Ogni gesto, ogni volto, ogni ombra risponde a un equilibrio preciso, come se la bellezza fosse una formula capace di rivelare l’armonia divina.
Piero della Francesca, tra pittura e matematica
La formazione di Piero si svolge tra Firenze, Ferrara e Urbino, crocevia di idee e innovazioni artistiche.
A Firenze lavora accanto a Domenico Veneziano e studia la prospettiva di Brunelleschi, le teorie di Leon Battista Alberti, l’uso della luce di Masaccio.
Dalla sua esperienza nasce uno stile limpido e meditativo, lontano dall’enfasi narrativa dei contemporanei.
Ne “La Flagellazione di Cristo”, l’architettura sembra dominare la scena, mentre la figura del Cristo diventa un punto di equilibrio tra il sacro e il terreno.
Negli affreschi di “La Leggenda della Vera Croce” nella basilica di San Francesco ad Arezzo, Piero costruisce un racconto visivo dove ogni episodio è un teorema di forma e colore.
Alla corte di Federico da Montefeltro, a Urbino, dipinge il celebre “dittico dei Duchi”, con un paesaggio che fonde realtà e idealità, misura e malinconia.
Il pensiero teorico e la ricerca della perfezione
Piero della Francesca non è solo pittore: è anche matematico, geometra e scrittore.
Nei suoi trattati “De prospectiva pingendi”, “Trattato d’abaco”, “De quinque corporibus regularibus” affronta i principi della prospettiva e delle proporzioni con rigore scientifico.
In lui l’arte diventa un atto di conoscenza, una forma di verità.
Ogni figura è un corpo armonico, una meditazione visiva sull’ordine del creato.
Gli ultimi anni e la morte
Negli ultimi anni Piero perde progressivamente la vista, ma non smette di pensare e di scrivere.
Rientra a Borgo San Sepolcro, dove vive immerso nello studio fino alla morte, avvenuta il 12 ottobre 1492, lo stesso giorno in cui Colombo approda nel Nuovo Mondo.
È sepolto nella sua città natale, nel silenzio di chi ha trasformato la pittura in un linguaggio universale fatto di luce e proporzione.
L’arte come misura del mondo
Piero della Francesca muore il 12 ottobre 1492 a Borgo San Sepolcro, la città toscana dove è nato tra il 1412 e il 1416 e dove chiude il cerchio della sua vita.
Nel pieno del Rinascimento, mentre l’Italia riscopre la proporzione e la razionalità, Piero trasforma la pittura in una scienza dello sguardo.
Nelle sue opere la luce non illumina solo le figure, ma le ordina, le misura, le rende parte di un universo geometrico.
Ogni gesto, ogni volto, ogni ombra risponde a un equilibrio preciso, come se la bellezza fosse una formula capace di rivelare l’armonia divina.
Piero della Francesca, tra pittura e matematica
La formazione di Piero si svolge tra Firenze, Ferrara e Urbino, crocevia di idee e innovazioni artistiche.
A Firenze lavora accanto a Domenico Veneziano e studia la prospettiva di Brunelleschi, le teorie di Leon Battista Alberti, l’uso della luce di Masaccio.
Dalla sua esperienza nasce uno stile limpido e meditativo, lontano dall’enfasi narrativa dei contemporanei.
Ne “La Flagellazione di Cristo”, l’architettura sembra dominare la scena, mentre la figura del Cristo diventa un punto di equilibrio tra il sacro e il terreno.
Negli affreschi di “La Leggenda della Vera Croce” nella basilica di San Francesco ad Arezzo, Piero costruisce un racconto visivo dove ogni episodio è un teorema di forma e colore.
Alla corte di Federico da Montefeltro, a Urbino, dipinge il celebre “dittico dei Duchi”, con un paesaggio che fonde realtà e idealità, misura e malinconia.
Il pensiero teorico e la ricerca della perfezione
Piero della Francesca non è solo pittore: è anche matematico, geometra e scrittore.
Nei suoi trattati “De prospectiva pingendi”, “Trattato d’abaco”, “De quinque corporibus regularibus” affronta i principi della prospettiva e delle proporzioni con rigore scientifico.
In lui l’arte diventa un atto di conoscenza, una forma di verità.
Ogni figura è un corpo armonico, una meditazione visiva sull’ordine del creato.
Gli ultimi anni e la morte
Negli ultimi anni Piero perde progressivamente la vista, ma non smette di pensare e di scrivere.
Rientra a Borgo San Sepolcro, dove vive immerso nello studio fino alla morte, avvenuta il 12 ottobre 1492, lo stesso giorno in cui Colombo approda nel Nuovo Mondo.
È sepolto nella sua città natale, nel silenzio di chi ha trasformato la pittura in un linguaggio universale fatto di luce e proporzione.


















































































