15 ottobre 1917. Muore Mata Hari, la spia che danza col destino.

Una donna in anticipo sul suo tempo
Margaretha Geertruida Zelle, conosciuta come Mata Hari, nasce il 7 agosto 1876 a Leeuwarden, nei Paesi Bassi.
Il suo nome, che in malese significa “Occhio dell’alba”, diventa presto sinonimo di fascino e mistero.
Dopo un’infanzia agiata seguita da un matrimonio infelice con un ufficiale coloniale, abbandona la vita coniugale e approda a Parigi, dove reinventa sé stessa.
Qui nasce la leggenda: Mata Hari diventa danzatrice esotica, musa dei salotti mondani e simbolo di un femminile libero e provocatorio in un’epoca che fatica a comprenderlo.
L’ascesa del mito
Il suo debutto nel 1905, tra veli, gesti rituali e atmosfere orientali, conquista il pubblico europeo.
La sua figura unisce sensualità e mistero, ma dietro l’immagine della “donna fatale” si cela una donna fragile, che lotta per sopravvivere.
Il suo successo la porta nei teatri più prestigiosi e negli ambienti diplomatici, dove intreccia relazioni con ufficiali e nobili di varie nazioni.
È in questo contesto, durante la Prima guerra mondiale, che il suo nome comincia a essere associato allo spionaggio.
L’accusa e il processo
Nel 1917 Mata Hari viene arrestata a Parigi con l’accusa di essere una spia tedesca.
Le prove sono fragili e spesso costruite su sospetti più che su fatti.
Tuttavia, la sua fama di donna indipendente e seducente diventa un’arma contro di lei.
Durante il processo, l’opinione pubblica la giudica più per il suo fascino che per le sue azioni.
La sentenza è inesorabile: condanna a morte per fucilazione.
L’ultima alba
Il 15 ottobre 1917, all’alba, Mata Hari affronta il plotone d’esecuzione nel cortile della prigione di Vincennes.
Non chiede di essere bendata, e il suo ultimo gesto è uno sguardo diretto verso i soldati.
Il suo corpo non viene mai reclamato, e la sua figura si trasforma in mito: simbolo di libertà femminile, di ambiguità e di coraggio.
Una donna in anticipo sul suo tempo
Margaretha Geertruida Zelle, conosciuta come Mata Hari, nasce il 7 agosto 1876 a Leeuwarden, nei Paesi Bassi.
Il suo nome, che in malese significa “Occhio dell’alba”, diventa presto sinonimo di fascino e mistero.
Dopo un’infanzia agiata seguita da un matrimonio infelice con un ufficiale coloniale, abbandona la vita coniugale e approda a Parigi, dove reinventa sé stessa.
Qui nasce la leggenda: Mata Hari diventa danzatrice esotica, musa dei salotti mondani e simbolo di un femminile libero e provocatorio in un’epoca che fatica a comprenderlo.
L’ascesa del mito
Il suo debutto nel 1905, tra veli, gesti rituali e atmosfere orientali, conquista il pubblico europeo.
La sua figura unisce sensualità e mistero, ma dietro l’immagine della “donna fatale” si cela una donna fragile, che lotta per sopravvivere.
Il suo successo la porta nei teatri più prestigiosi e negli ambienti diplomatici, dove intreccia relazioni con ufficiali e nobili di varie nazioni.
È in questo contesto, durante la Prima guerra mondiale, che il suo nome comincia a essere associato allo spionaggio.
L’accusa e il processo
Nel 1917 Mata Hari viene arrestata a Parigi con l’accusa di essere una spia tedesca.
Le prove sono fragili e spesso costruite su sospetti più che su fatti.
Tuttavia, la sua fama di donna indipendente e seducente diventa un’arma contro di lei.
Durante il processo, l’opinione pubblica la giudica più per il suo fascino che per le sue azioni.
La sentenza è inesorabile: condanna a morte per fucilazione.
L’ultima alba
Il 15 ottobre 1917, all’alba, Mata Hari affronta il plotone d’esecuzione nel cortile della prigione di Vincennes.
Non chiede di essere bendata, e il suo ultimo gesto è uno sguardo diretto verso i soldati.
Il suo corpo non viene mai reclamato, e la sua figura si trasforma in mito: simbolo di libertà femminile, di ambiguità e di coraggio.


















































































