19 ottobre 1909. Muore Cesare Lombroso, padre della criminologia.

Le origini di un pensatore inquieto
Cesare Lombroso nasce a Verona il 6 novembre 1835, in un contesto familiare e culturale vivace, aperto al progresso scientifico e sociale dell’Ottocento.
Studia medicina a Pavia, Vienna e Parigi, dove si avvicina alle teorie positiviste e al desiderio di comprendere scientificamente l’essere umano.
Durante gli anni di formazione osserva i segni del corpo come portatori di verità nascoste, un’idea che diventerà il nucleo della sua futura teoria del “criminale nato”.
Dalla medicina alla nascita della criminologia
Lombroso lavora come medico militare e poi come professore universitario a Torino.
Il contatto con i soldati, i malati mentali e i detenuti alimenta la sua convinzione che il crimine non sia solo una questione morale, ma biologica.
Nel 1876 pubblica L’uomo delinquente, un’opera che inaugura la criminologia come disciplina autonoma.
Sostiene che nei tratti fisici di alcuni individui si possano riconoscere caratteristiche “ataviche”, retaggi di un’evoluzione incompiuta.
Una tesi che scuote il mondo scientifico e politico dell’epoca, mescolando medicina, sociologia e antropologia.
Un’eredità tra scienza e controversia
Lombroso diventa una figura centrale del positivismo italiano, ma anche bersaglio di aspre critiche.
Molti lo accusano di ridurre l’essere umano a una somma di misure e difetti, ignorando il peso dell’ambiente e della cultura.
Eppure, il suo approccio segna un passaggio fondamentale nella storia del pensiero: il tentativo di applicare il metodo scientifico allo studio del comportamento umano.
Le sue ricerche aprono la strada alla criminologia moderna, ma anche a dibattiti etici che proseguono nel Novecento.
La morte e la memoria
Cesare Lombroso muore a Torino il 19 ottobre 1909, all’età di settantatré anni.
È sepolto nel Cimitero Monumentale della città, dove riposa accanto alla moglie Nina De Benedetti.
Il Museo di Antropologia Criminale di Torino, che porta il suo nome, conserva oggi i suoi strumenti, i suoi scritti e i reperti che raccontano un secolo di scienza e controversia.
Le origini di un pensatore inquieto
Cesare Lombroso nasce a Verona il 6 novembre 1835, in un contesto familiare e culturale vivace, aperto al progresso scientifico e sociale dell’Ottocento.
Studia medicina a Pavia, Vienna e Parigi, dove si avvicina alle teorie positiviste e al desiderio di comprendere scientificamente l’essere umano.
Durante gli anni di formazione osserva i segni del corpo come portatori di verità nascoste, un’idea che diventerà il nucleo della sua futura teoria del “criminale nato”.
Dalla medicina alla nascita della criminologia
Lombroso lavora come medico militare e poi come professore universitario a Torino.
Il contatto con i soldati, i malati mentali e i detenuti alimenta la sua convinzione che il crimine non sia solo una questione morale, ma biologica.
Nel 1876 pubblica L’uomo delinquente, un’opera che inaugura la criminologia come disciplina autonoma.
Sostiene che nei tratti fisici di alcuni individui si possano riconoscere caratteristiche “ataviche”, retaggi di un’evoluzione incompiuta.
Una tesi che scuote il mondo scientifico e politico dell’epoca, mescolando medicina, sociologia e antropologia.
Un’eredità tra scienza e controversia
Lombroso diventa una figura centrale del positivismo italiano, ma anche bersaglio di aspre critiche.
Molti lo accusano di ridurre l’essere umano a una somma di misure e difetti, ignorando il peso dell’ambiente e della cultura.
Eppure, il suo approccio segna un passaggio fondamentale nella storia del pensiero: il tentativo di applicare il metodo scientifico allo studio del comportamento umano.
Le sue ricerche aprono la strada alla criminologia moderna, ma anche a dibattiti etici che proseguono nel Novecento.
La morte e la memoria
Cesare Lombroso muore a Torino il 19 ottobre 1909, all’età di settantatré anni.
È sepolto nel Cimitero Monumentale della città, dove riposa accanto alla moglie Nina De Benedetti.
Il Museo di Antropologia Criminale di Torino, che porta il suo nome, conserva oggi i suoi strumenti, i suoi scritti e i reperti che raccontano un secolo di scienza e controversia.


















































































