Addio a Joan Anderson, inventrice del celebre Hula Hoop.

Addio a Joan Anderson, inventrice del celebre Hula Hoop. È morta a 101 anni Miss Hula Hoop, l’inventrice dimenticata del celebre cerchio giocattolo. Una vita lunga un secolo e una giustizia tardiva
Joan Anderson, la donna che ha dato un nome e un’anima al celebre hula hoop, si è spenta in silenzio in una casa di riposo californiana.
Aveva 101 anni e solo negli ultimi anni della sua vita aveva ottenuto il riconoscimento che le spettava da decenni.
Quello di essere la vera mente dietro il successo planetario del cerchio più famoso al mondo.
La sua scomparsa è stata resa pubblica solo il 30 luglio 2025, oltre due settimane dopo la sua morte.
Un silenzio coerente con il tono discreto che ha accompagnato tutta la sua esistenza, ma che oggi merita di essere spezzato per raccontare la sua straordinaria storia.
Da Sydney agli Stati Uniti: la nascita di un’idea brillante
Joan Constance Manning nasce a Sydney il 28 dicembre 1923.
Modella di costumi da bagno, si trasferisce negli Stati Uniti e sposa un pilota, Wayne Anderson.
Nel 1956, durante un viaggio in Australia, nota un curioso gioco di bambine: un cerchio di legno da far roteare attorno alla vita.
Ne intuisce subito il potenziale e si fa spedire un esemplare a Los Angeles.
Con il marito, propone il giocattolo ad Arthur “Spud” Melin, cofondatore della neonata azienda Wham-O.
L’incontro è informale: un parcheggio, una stretta di mano, la promessa di dividere i guadagni.
Joan suggerisce anche il nome: Hula Hoop, ispirato alle danze hawaiane.
Il successo mondiale… senza il suo nome
Nel 1963 la Wham-O registra il brevetto e il giocattolo esplode: milioni di cerchi venduti, scuole coinvolte, competizioni ufficiali e un record mondiale di 90 ore consecutive.
Eppure, Joan Anderson viene presto cancellata dalla narrazione: definita al massimo “un’amica australiana”, finisce nell’ombra mentre il giocattolo conquista il mondo.
Solo i figli si battono per il suo riconoscimento, affrontando una lunga battaglia legale contro l’azienda.
Nel 2018, la sua storia viene finalmente raccontata nel documentario “Hula Girl” di Amy Hill e Chris Riess, presentato al Tribeca Film Festival.
Joan, a 94 anni, vola a New York per raccontare al mondo la sua verità, con il prototipo originale ancora tra le mani.
Una donna che ha fatto girare il mondo
Joan lascia una figlia, sei nipoti e un’eredità culturale che va oltre il semplice giocattolo.
L’hula hoop ha divertito generazioni intere, ma ha anche frustrato milioni di bambini e adulti incapaci di farlo ruotare.
Proprio quest’anno, un team di fisici ha dimostrato che non è solo questione di abilità, ma anche di struttura corporea: alcune persone, semplicemente, non sono fatte per farlo funzionare.
“Il mondo non è giusto. Ma la vita va avanti”, diceva Joan Anderson nel documentario a lei dedicato.
E se la sua vita ci insegna qualcosa, è che a volte la giustizia arriva tardi, ma può ancora girare nel verso giusto.
LPP
Addio a Joan Anderson, inventrice del celebre Hula Hoop. È morta a 101 anni Miss Hula Hoop, l’inventrice dimenticata del celebre cerchio giocattolo. Una vita lunga un secolo e una giustizia tardiva
Joan Anderson, la donna che ha dato un nome e un’anima al celebre hula hoop, si è spenta in silenzio in una casa di riposo californiana.
Aveva 101 anni e solo negli ultimi anni della sua vita aveva ottenuto il riconoscimento che le spettava da decenni.
Quello di essere la vera mente dietro il successo planetario del cerchio più famoso al mondo.
La sua scomparsa è stata resa pubblica solo il 30 luglio 2025, oltre due settimane dopo la sua morte.
Un silenzio coerente con il tono discreto che ha accompagnato tutta la sua esistenza, ma che oggi merita di essere spezzato per raccontare la sua straordinaria storia.
Da Sydney agli Stati Uniti: la nascita di un’idea brillante
Joan Constance Manning nasce a Sydney il 28 dicembre 1923.
Modella di costumi da bagno, si trasferisce negli Stati Uniti e sposa un pilota, Wayne Anderson.
Nel 1956, durante un viaggio in Australia, nota un curioso gioco di bambine: un cerchio di legno da far roteare attorno alla vita.
Ne intuisce subito il potenziale e si fa spedire un esemplare a Los Angeles.
Con il marito, propone il giocattolo ad Arthur “Spud” Melin, cofondatore della neonata azienda Wham-O.
L’incontro è informale: un parcheggio, una stretta di mano, la promessa di dividere i guadagni.
Joan suggerisce anche il nome: Hula Hoop, ispirato alle danze hawaiane.
Il successo mondiale… senza il suo nome
Nel 1963 la Wham-O registra il brevetto e il giocattolo esplode: milioni di cerchi venduti, scuole coinvolte, competizioni ufficiali e un record mondiale di 90 ore consecutive.
Eppure, Joan Anderson viene presto cancellata dalla narrazione: definita al massimo “un’amica australiana”, finisce nell’ombra mentre il giocattolo conquista il mondo.
Solo i figli si battono per il suo riconoscimento, affrontando una lunga battaglia legale contro l’azienda.
Nel 2018, la sua storia viene finalmente raccontata nel documentario “Hula Girl” di Amy Hill e Chris Riess, presentato al Tribeca Film Festival.
Joan, a 94 anni, vola a New York per raccontare al mondo la sua verità, con il prototipo originale ancora tra le mani.
Una donna che ha fatto girare il mondo
Joan lascia una figlia, sei nipoti e un’eredità culturale che va oltre il semplice giocattolo.
L’hula hoop ha divertito generazioni intere, ma ha anche frustrato milioni di bambini e adulti incapaci di farlo ruotare.
Proprio quest’anno, un team di fisici ha dimostrato che non è solo questione di abilità, ma anche di struttura corporea: alcune persone, semplicemente, non sono fatte per farlo funzionare.
“Il mondo non è giusto. Ma la vita va avanti”, diceva Joan Anderson nel documentario a lei dedicato.
E se la sua vita ci insegna qualcosa, è che a volte la giustizia arriva tardi, ma può ancora girare nel verso giusto.
LPP


















































































