15 ottobre 1970. Muore Leonarda Cianciulli, serial killer italiana.

Le origini e la vita segnata dalla paura
Leonarda Cianciulli nasce il 14 aprile 1893 a Montella, in provincia di Avellino.
La sua infanzia è povera e tormentata da lutti e superstizioni.
Fin da giovane vive con l’ossessione di una presunta maledizione lanciata dalla madre, che (secondo il suo racconto) avrebbe segnato ogni evento della sua vita.
Nel 1917 sposa Raffaele Pansardi contro il volere dei genitori e si trasferisce prima a Lauria, poi a Correggio, in Emilia.
La coppia perde numerosi figli in tenera età, un dolore che acuisce le ansie di Leonarda e alimenta le sue credenze esoteriche.
La “saponificatrice di Correggio”
Negli anni Trenta Leonarda gestisce un piccolo negozio e gode della fiducia del vicinato.
Ma dietro l’immagine rassicurante della madre premurosa si nasconde un disegno tragico.
Convinta che il sacrificio umano possa salvare il figlio Giuseppe, arruolato nell’esercito, Leonarda compie tre omicidi tra il 1939 e il 1940.
Le sue vittime, donne sole che cercano un nuovo inizio, vengono attirate con la promessa di un lavoro o di un matrimonio, poi uccise e smembrate.
Dai corpi ricava sapone e dolci che distribuisce ai vicini, in un rituale che unisce superstizione, follia e calcolo.
Processo e condanna
Scoperta grazie alla denuncia di un familiare di una delle vittime, Leonarda viene arrestata nel 1940 e processata a Reggio Emilia nel 1946.
Durante il processo mostra un atteggiamento lucido e collaborativo, descrivendo i delitti con precisione agghiacciante.
Condannata a trent’anni di reclusione e tre di internamento manicomiale, sconta la pena nel manicomio criminale di Pozzuoli.
Diventa così una delle figure più inquietanti della cronaca nera italiana del Novecento, studiata da criminologi e psichiatri come esempio di delirio superstizioso e distorsione materna.
La morte
Leonarda Cianciulli muore il 15 ottobre 1970 nel manicomio di Pozzuoli, dove trascorre gli ultimi anni della sua vita.
I suoi oggetti, i verbali e le pentole usate per i delitti sono oggi conservati al Museo Criminologico di Roma, testimonianza di un caso che continua a suscitare orrore e curiosità.
Le origini e la vita segnata dalla paura
Leonarda Cianciulli nasce il 14 aprile 1893 a Montella, in provincia di Avellino.
La sua infanzia è povera e tormentata da lutti e superstizioni.
Fin da giovane vive con l’ossessione di una presunta maledizione lanciata dalla madre, che (secondo il suo racconto) avrebbe segnato ogni evento della sua vita.
Nel 1917 sposa Raffaele Pansardi contro il volere dei genitori e si trasferisce prima a Lauria, poi a Correggio, in Emilia.
La coppia perde numerosi figli in tenera età, un dolore che acuisce le ansie di Leonarda e alimenta le sue credenze esoteriche.
La “saponificatrice di Correggio”
Negli anni Trenta Leonarda gestisce un piccolo negozio e gode della fiducia del vicinato.
Ma dietro l’immagine rassicurante della madre premurosa si nasconde un disegno tragico.
Convinta che il sacrificio umano possa salvare il figlio Giuseppe, arruolato nell’esercito, Leonarda compie tre omicidi tra il 1939 e il 1940.
Le sue vittime, donne sole che cercano un nuovo inizio, vengono attirate con la promessa di un lavoro o di un matrimonio, poi uccise e smembrate.
Dai corpi ricava sapone e dolci che distribuisce ai vicini, in un rituale che unisce superstizione, follia e calcolo.
Processo e condanna
Scoperta grazie alla denuncia di un familiare di una delle vittime, Leonarda viene arrestata nel 1940 e processata a Reggio Emilia nel 1946.
Durante il processo mostra un atteggiamento lucido e collaborativo, descrivendo i delitti con precisione agghiacciante.
Condannata a trent’anni di reclusione e tre di internamento manicomiale, sconta la pena nel manicomio criminale di Pozzuoli.
Diventa così una delle figure più inquietanti della cronaca nera italiana del Novecento, studiata da criminologi e psichiatri come esempio di delirio superstizioso e distorsione materna.
La morte
Leonarda Cianciulli muore il 15 ottobre 1970 nel manicomio di Pozzuoli, dove trascorre gli ultimi anni della sua vita.
I suoi oggetti, i verbali e le pentole usate per i delitti sono oggi conservati al Museo Criminologico di Roma, testimonianza di un caso che continua a suscitare orrore e curiosità.


















































































