18 maggio 2021. Omaggio a Franco Battiato, aspettando il ritorno della sua essenza.

Omaggio a Franco Battiato, aspettando il ritorno della sua essenza
di Carlo Mariano Sartoris
Il 18 maggio 2021, Franco Battiato, indimenticato Maestro e forbito cantastorie di ogni cosa del mondo, abbandonava le scene dell’esistenza all’età di 76 anni.
Lasciava dietro di sé un patrimonio di cultura in chiave poetica ed euritmica che continua a ispirare il cammino e la memoria, soprattutto nella gente della mia generazione. Oggi, i “Baby Boomer” come me.
Il primo concerto di Franco Battiato
La prima volta che andai a un concerto di Franco Battiato erano i primi anni Settanta.
Si teneva al Teatro Nuovo di Torino, e trascinai con me un amico chitarrista che ignorava sia la tipologia musicale sia l’artista.
Il teatro contava appena 60 spettatori, ma il concerto non ci lasciò affatto delusi, anzi.
Mentre quel musicista siciliano, salito al nord e già membro dell’avanguardia milanese, ci assorbiva in languidi ricordi d’infanzia riesumati da ipnotici suoni elettrificati, apparve chiaro che avrebbe fatto molta strada.
“Io stavo sempre sul muretto a guardare il mare… Ogni tanto passava una nave…”
I primi dischi e l’avanguardia musicale
A quell’epoca avevo già avuto modo di apprezzare l’artista catanese e alcuni dei suoi primi 33 giri, come Pollution e Sulle Orme di Areas.
Dischi caratterizzati da sonorità elettroniche ricercate, miscelate con suggestive e calde arie mediterranee, capaci di trascinare in mondi utopici, acquatici e visionari.
“Son felice di essere un beta, il mio giorno non è duro dentro al mare.”
I tempi della musica etnica, della parentesi esoterica, della teoretica filosofica e della cantica d’autore erano ancora là da venire.
Gli anni Ottanta: la consacrazione
Negli anni Ottanta, Franco Battiato sarebbe stato consacrato “Maestro”, sempre alla ricerca di nuovi temi acustici e importanti collaborazioni.
Tra queste, quella con il violinista Giusto Pio e con cantanti di alto livello come Antonella Ruggiero, Alice, Giuni Russo, Milva e numerosi gruppi musicali.
A cavallo di quel decennio, Battiato ci regalò raccolte imperdibili come La voce del padrone, L’era del cinghiale bianco, Fisiognomica, Giubbe Rosse e altri vinili che ho conservato gelosamente.
Fino a vederli “scippati” da mia figlia, amante della musica di qualità.
Un’eredità che attraversa le generazioni
Dal Maestro alla famiglia, si è compiuto un passaggio di consegne.
Un’eredità musicale, filosofica e culturale almeno enciclopedica.
Una sequenza imperdibile di intensi brani, perfetti tanto per l’ascolto meditativo quanto per le serate sulla spiaggia, attorno al fuoco.
Sempre presente agli appuntamenti col suo pubblico, in tournée, sui palchi dei teatri o nei saltuari passaggi televisivi, dal 2019 Franco Battiato sembrava essere scomparso.
Forse era già in cerca della sua estrema sintesi ascetica.
“E ti vengo a cercare…”
Gli ultimi anni e il silenzio
Ipotesi sulla sua salute avevano iniziato a circolare già dal 2018.
Tuttavia, un protettivo riserbo familiare impediva ogni conferma ufficiale.
Pochi mesi prima della sua scomparsa, una soffiata di un’amica catanese mi aveva anticipato la gravità delle condizioni di Franco Battiato.
Da quel momento, si posò un prolungato velo di tristezza.
Le canzoni di Franco Battiato che hanno segnato un’epoca
Sono innumerevoli i testi di Battiato che hanno accompagnato la mia esistenza.
Se dovessi scegliere quelli più condivisi, magari su una panchina di parco, con pochi amici e una chitarra Eko Ranger, citerei:
Il misticismo di L’era del cinghiale bianco.
Le poetiche melodie de La stagione dell’amore.
Il sarcasmo politico di Povera patria.
L’ironia tagliente di Bandiera bianca.
E soprattutto, la ricerca interiore di Centro di gravità permanente.
Quest’ultima ispirata dalla filosofia di Georges Ivanovič Gurdjieff, che vedeva il “centro di gravità permanente” come la conquista di uno stato di coscienza armoniosa e indipendente, sfuggente a ogni manipolazione.
Un arrivederci, non un addio
Immersi nelle metafore che Franco Battiato ci ha lasciato, è difficile non pensare a La Cura e non sentire il cuore stringersi.
Eppure, il suo ultimo brano Torneremo Ancora, intriso di riferimenti alla migrazione delle anime, sembra quasi annunciare un commiato solo temporaneo.
Come se Battiato si fosse preso una pausa per una “revisione” del suo bagaglio interiore, pronto a riemergere in un’altra, sorprendente forma: “Come un cammello in una grondaia”.
Carlo Mariano Sartoris
Omaggio a Franco Battiato, aspettando il ritorno della sua essenza
di Carlo Mariano Sartoris
Il 18 maggio 2021, Franco Battiato, indimenticato Maestro e forbito cantastorie di ogni cosa del mondo, abbandonava le scene dell’esistenza all’età di 76 anni.
Lasciava dietro di sé un patrimonio di cultura in chiave poetica ed euritmica che continua a ispirare il cammino e la memoria, soprattutto nella gente della mia generazione. Oggi, i “Baby Boomer” come me.
Il primo concerto di Franco Battiato
La prima volta che andai a un concerto di Franco Battiato erano i primi anni Settanta.
Si teneva al Teatro Nuovo di Torino, e trascinai con me un amico chitarrista che ignorava sia la tipologia musicale sia l’artista.
Il teatro contava appena 60 spettatori, ma il concerto non ci lasciò affatto delusi, anzi.
Mentre quel musicista siciliano, salito al nord e già membro dell’avanguardia milanese, ci assorbiva in languidi ricordi d’infanzia riesumati da ipnotici suoni elettrificati, apparve chiaro che avrebbe fatto molta strada.
“Io stavo sempre sul muretto a guardare il mare… Ogni tanto passava una nave…”
I primi dischi e l’avanguardia musicale
A quell’epoca avevo già avuto modo di apprezzare l’artista catanese e alcuni dei suoi primi 33 giri, come Pollution e Sulle Orme di Areas.
Dischi caratterizzati da sonorità elettroniche ricercate, miscelate con suggestive e calde arie mediterranee, capaci di trascinare in mondi utopici, acquatici e visionari.
“Son felice di essere un beta, il mio giorno non è duro dentro al mare.”
I tempi della musica etnica, della parentesi esoterica, della teoretica filosofica e della cantica d’autore erano ancora là da venire.
Gli anni Ottanta: la consacrazione
Negli anni Ottanta, Franco Battiato sarebbe stato consacrato “Maestro”, sempre alla ricerca di nuovi temi acustici e importanti collaborazioni.
Tra queste, quella con il violinista Giusto Pio e con cantanti di alto livello come Antonella Ruggiero, Alice, Giuni Russo, Milva e numerosi gruppi musicali.
A cavallo di quel decennio, Battiato ci regalò raccolte imperdibili come La voce del padrone, L’era del cinghiale bianco, Fisiognomica, Giubbe Rosse e altri vinili che ho conservato gelosamente.
Fino a vederli “scippati” da mia figlia, amante della musica di qualità.
Un’eredità che attraversa le generazioni
Dal Maestro alla famiglia, si è compiuto un passaggio di consegne.
Un’eredità musicale, filosofica e culturale almeno enciclopedica.
Una sequenza imperdibile di intensi brani, perfetti tanto per l’ascolto meditativo quanto per le serate sulla spiaggia, attorno al fuoco.
Sempre presente agli appuntamenti col suo pubblico, in tournée, sui palchi dei teatri o nei saltuari passaggi televisivi, dal 2019 Franco Battiato sembrava essere scomparso.
Forse era già in cerca della sua estrema sintesi ascetica.
“E ti vengo a cercare…”
Gli ultimi anni e il silenzio
Ipotesi sulla sua salute avevano iniziato a circolare già dal 2018.
Tuttavia, un protettivo riserbo familiare impediva ogni conferma ufficiale.
Pochi mesi prima della sua scomparsa, una soffiata di un’amica catanese mi aveva anticipato la gravità delle condizioni di Franco Battiato.
Da quel momento, si posò un prolungato velo di tristezza.
Le canzoni di Franco Battiato che hanno segnato un’epoca
Sono innumerevoli i testi di Battiato che hanno accompagnato la mia esistenza.
Se dovessi scegliere quelli più condivisi, magari su una panchina di parco, con pochi amici e una chitarra Eko Ranger, citerei:
Il misticismo di L’era del cinghiale bianco.
Le poetiche melodie de La stagione dell’amore.
Il sarcasmo politico di Povera patria.
L’ironia tagliente di Bandiera bianca.
E soprattutto, la ricerca interiore di Centro di gravità permanente.
Quest’ultima ispirata dalla filosofia di Georges Ivanovič Gurdjieff, che vedeva il “centro di gravità permanente” come la conquista di uno stato di coscienza armoniosa e indipendente, sfuggente a ogni manipolazione.
Un arrivederci, non un addio
Immersi nelle metafore che Franco Battiato ci ha lasciato, è difficile non pensare a La Cura e non sentire il cuore stringersi.
Eppure, il suo ultimo brano Torneremo Ancora, intriso di riferimenti alla migrazione delle anime, sembra quasi annunciare un commiato solo temporaneo.
Come se Battiato si fosse preso una pausa per una “revisione” del suo bagaglio interiore, pronto a riemergere in un’altra, sorprendente forma: “Come un cammello in una grondaia”.
Carlo Mariano Sartoris


















































































