19 agosto 1936. Muore Federico García Lorca.

Un talento che nasce in Andalusia
Federico García Lorca viene al mondo il 5 giugno 1898 a Fuente Vaqueros, un piccolo villaggio andaluso. Cresce immerso nei paesaggi assolati della Spagna rurale, che entrano nei suoi versi con forza evocativa. Studia a Granada e poi a Madrid, dove entra in contatto con la cosiddetta generazione del ’27, gruppo di poeti e artisti che si propongono di rinnovare profondamente la letteratura spagnola, unendo avanguardia e tradizione.
In questi anni stringe amicizia con Salvador Dalí e Luis Buñuel, con i quali condivide esperimenti artistici e un’idea di arte libera da convenzioni.
Teatro e poesia come specchio della società
La voce di Federico García Lorca si afferma presto come una delle più originali del Novecento.
La raccolta Romancero gitano (1928) diventa simbolo di una poesia che unisce tradizione popolare e modernità.
Nei suoi versi, la musica del flamenco e le immagini della vita gitana si intrecciano a una profonda riflessione sulla libertà e sulla marginalità sociale.
Parallelamente, il teatro diventa per lui un laboratorio di denuncia e sperimentazione.
Opere come La casa di Bernarda Alba, Yerma e Bodas de sangre mettono in scena conflitti familiari, passioni soffocate e la condizione femminile in una società oppressiva.
La sua scrittura teatrale rompe gli schemi tradizionali e cerca di scuotere le coscienze, trasformando il palcoscenico in un luogo politico oltre che artistico.
Un intellettuale scomodo
Federico García Lorca è un intellettuale che si schiera contro le ingiustizie sociali.
La sua sensibilità progressista e la sua omosessualità, vissuta in un contesto fortemente conservatore, lo rendono un bersaglio per i nazionalisti spagnoli.
Negli anni della Seconda Repubblica, Lorca si impegna nella diffusione della cultura popolare con il progetto teatrale La Barraca, portando i classici spagnoli nei villaggi più isolati.
La sua voce libera e anticonformista incarna l’ansia di rinnovamento di un’intera generazione.
La morte e l’eredità
Il 19 agosto 1936, all’inizio della Guerra civile spagnola, Federico García Lorca viene arrestato e fucilato nei pressi di Víznar e Alfacar, vicino a Granada.
Il suo corpo non viene mai ritrovato, e questo rende la sua morte ancora più simbolica: una voce spezzata che continua a risuonare oltre il silenzio imposto dalla violenza.
I funerali non si svolgono mai in forma ufficiale, ma l’eco della sua scomparsa attraversa la Spagna e il mondo.
Oggi Federico García Lorca resta un’icona universale della libertà artistica e della resistenza alla repressione.
Un talento che nasce in Andalusia
Federico García Lorca viene al mondo il 5 giugno 1898 a Fuente Vaqueros, un piccolo villaggio andaluso. Cresce immerso nei paesaggi assolati della Spagna rurale, che entrano nei suoi versi con forza evocativa. Studia a Granada e poi a Madrid, dove entra in contatto con la cosiddetta generazione del ’27, gruppo di poeti e artisti che si propongono di rinnovare profondamente la letteratura spagnola, unendo avanguardia e tradizione.
In questi anni stringe amicizia con Salvador Dalí e Luis Buñuel, con i quali condivide esperimenti artistici e un’idea di arte libera da convenzioni.
Teatro e poesia come specchio della società
La voce di Federico García Lorca si afferma presto come una delle più originali del Novecento.
La raccolta Romancero gitano (1928) diventa simbolo di una poesia che unisce tradizione popolare e modernità.
Nei suoi versi, la musica del flamenco e le immagini della vita gitana si intrecciano a una profonda riflessione sulla libertà e sulla marginalità sociale.
Parallelamente, il teatro diventa per lui un laboratorio di denuncia e sperimentazione.
Opere come La casa di Bernarda Alba, Yerma e Bodas de sangre mettono in scena conflitti familiari, passioni soffocate e la condizione femminile in una società oppressiva.
La sua scrittura teatrale rompe gli schemi tradizionali e cerca di scuotere le coscienze, trasformando il palcoscenico in un luogo politico oltre che artistico.
Un intellettuale scomodo
Federico García Lorca è un intellettuale che si schiera contro le ingiustizie sociali.
La sua sensibilità progressista e la sua omosessualità, vissuta in un contesto fortemente conservatore, lo rendono un bersaglio per i nazionalisti spagnoli.
Negli anni della Seconda Repubblica, Lorca si impegna nella diffusione della cultura popolare con il progetto teatrale La Barraca, portando i classici spagnoli nei villaggi più isolati.
La sua voce libera e anticonformista incarna l’ansia di rinnovamento di un’intera generazione.
La morte e l’eredità
Il 19 agosto 1936, all’inizio della Guerra civile spagnola, Federico García Lorca viene arrestato e fucilato nei pressi di Víznar e Alfacar, vicino a Granada.
Il suo corpo non viene mai ritrovato, e questo rende la sua morte ancora più simbolica: una voce spezzata che continua a risuonare oltre il silenzio imposto dalla violenza.
I funerali non si svolgono mai in forma ufficiale, ma l’eco della sua scomparsa attraversa la Spagna e il mondo.
Oggi Federico García Lorca resta un’icona universale della libertà artistica e della resistenza alla repressione.


















































































