7 novembre 1980. Muore Steve McQueen, passione e velocità.

L’uomo che sfida il destino
Steve McQueen nasce a Beech Grove, nell’Indiana, il 24 marzo 1930.
La sua infanzia è segnata da instabilità e solitudine, ma proprio da quella irrequietezza nasce la sua forza: la necessità di correre, sfidare, superare.
Dopo un periodo turbolento e qualche guaio con la legge, entra nei Marines, dove disciplina e spirito di sopravvivenza si fondono con un carisma naturale.
Negli anni Cinquanta si trasferisce a New York e si forma come attore all’Actors Studio, portando sullo schermo un’energia ruvida e magnetica, diversa da ogni altra.
Il successo e l’immagine del ribelle
Il successo esplode con la serie televisiva Wanted: Dead or Alive, ma è il cinema a consacrarlo.
Ne I magnifici sette (1960) e La grande fuga (1963) impone uno stile essenziale, fatto di silenzi e sguardi.
In Bullitt (1968) diventa leggenda: la sua corsa tra le strade di San Francisco resta una delle sequenze più celebri della storia del cinema.
Ama la velocità davvero, non solo sul set — corre in auto e in moto, partecipa a gare e colleziona bolidi.
Ogni ruolo riflette il suo spirito libero e introverso, l’immagine di un uomo che non chiede approvazione ma spazio per vivere come vuole.
Gli ultimi anni e l’addio
Negli anni Settanta, McQueen si allontana dai riflettori, sceglie ruoli meno spettacolari e si dedica alla vita privata.
Nel 1973 sposa la modella Barbara Minty, ma poco dopo arriva la diagnosi di mesotelioma, un raro tumore legato all’amianto.
Cerca cure sperimentali in Messico, dove viene operato nella clinica di Ciudad Juárez.
Il 7 novembre 1980, a soli 50 anni, muore nel sonno, lasciando un vuoto profondo tra i suoi fan.
Il suo corpo viene cremato e le ceneri sparse nell’Oceano Pacifico, simbolo perfetto di quella libertà assoluta che ha inseguito per tutta la vita.
L’uomo che sfida il destino
Steve McQueen nasce a Beech Grove, nell’Indiana, il 24 marzo 1930.
La sua infanzia è segnata da instabilità e solitudine, ma proprio da quella irrequietezza nasce la sua forza: la necessità di correre, sfidare, superare.
Dopo un periodo turbolento e qualche guaio con la legge, entra nei Marines, dove disciplina e spirito di sopravvivenza si fondono con un carisma naturale.
Negli anni Cinquanta si trasferisce a New York e si forma come attore all’Actors Studio, portando sullo schermo un’energia ruvida e magnetica, diversa da ogni altra.
Il successo e l’immagine del ribelle
Il successo esplode con la serie televisiva Wanted: Dead or Alive, ma è il cinema a consacrarlo.
Ne I magnifici sette (1960) e La grande fuga (1963) impone uno stile essenziale, fatto di silenzi e sguardi.
In Bullitt (1968) diventa leggenda: la sua corsa tra le strade di San Francisco resta una delle sequenze più celebri della storia del cinema.
Ama la velocità davvero, non solo sul set — corre in auto e in moto, partecipa a gare e colleziona bolidi.
Ogni ruolo riflette il suo spirito libero e introverso, l’immagine di un uomo che non chiede approvazione ma spazio per vivere come vuole.
Gli ultimi anni e l’addio
Negli anni Settanta, McQueen si allontana dai riflettori, sceglie ruoli meno spettacolari e si dedica alla vita privata.
Nel 1973 sposa la modella Barbara Minty, ma poco dopo arriva la diagnosi di mesotelioma, un raro tumore legato all’amianto.
Cerca cure sperimentali in Messico, dove viene operato nella clinica di Ciudad Juárez.
Il 7 novembre 1980, a soli 50 anni, muore nel sonno, lasciando un vuoto profondo tra i suoi fan.
Il suo corpo viene cremato e le ceneri sparse nell’Oceano Pacifico, simbolo perfetto di quella libertà assoluta che ha inseguito per tutta la vita.


















































































