Addio a Bruno, il cane eroe ucciso da un wurstel pieno di chiodi.

Bruno, cane molecolare dell’unità di soccorso di Taranto, non era un animale qualsiasi.
Era un bloodhound addestrato per ritrovare persone scomparse, un vero e proprio angelo a quattro zampe.
Nel corso della sua carriera aveva contribuito a salvare nove vite umane, portando speranza dove c’era solo angoscia.
Era stato anche premiato dalla Presidente del Consiglio per il suo impegno nei ritrovamenti di persone scomparse.
La sua vita si è tragicamente spezzata nel luogo che per lui era casa: il centro di addestramento di Taranto.
Un’esca, un wurstel riempito di chiodi, lo ha ucciso lentamente, provocandogli una lunga agonia e una morte atroce per emorragia interna.
Un gesto disumano, probabilmente motivato dal suo ruolo, insieme al suo addestratore, nella lotta contro i combattimenti clandestini tra cani, che lo aveva portato a far sequestrare animali maltrattati.
Indignazione pubblica e reazione politica
La notizia ha scosso l’Italia intera.
Tra le prime a reagire, la deputata Michela Vittoria Brambilla, presidente dell’Intergruppo parlamentare per i Diritti degli Animali, che ha annunciato la presentazione di una denuncia formale per costituirsi parte civile, qualora si apra un processo.
Con parole durissime, Brambilla ha dichiarato:
“Al pensiero di tale sconfinata efferatezza c’è da vergognarsi di appartenere alla razza umana.”
Ha sottolineato inoltre l’importanza di applicare la legge da lei promossa, che punisce con fino a 4 anni di carcere e 60.000 euro di multa chi uccide un animale seviziandolo o prolungandone volutamente le sofferenze.
Una legge per la giustizia e la civiltà
Il caso di Bruno riaccende i riflettori su un tema troppo spesso trascurato: la tutela legale degli animali vittime di crudeltà.
La legge Brambilla, recentemente approvata, rappresenta un passo avanti nella lotta al maltrattamento, ma richiede applicazione rigorosa.
Brambilla ha chiesto pubblicamente alle forze dell’ordine di individuare il colpevole e portarlo davanti alla giustizia, affinché Bruno non sia morto invano.
Serve ora una risposta forte dello Stato, non solo per onorare il sacrificio di un animale speciale, ma per dare un segnale di civiltà e umanità a tutto il Paese.
Esche avvelenate: una minaccia per tutti
L’uso di esche avvelenate, disseminate deliberatamente in parchi e spazi pubblici, rappresenta una vera emergenza ambientale e sanitaria.
Non solo gli animali ne sono vittime: anche i bambini, giocando nei prati, possono incorrere in questi veleni camuffati.
I Comuni sono spesso costretti a intervenire con bonifiche costose, affrontando un problema che dovrebbe ricadere penalmente su chi lo provoca. L’attuale quadro normativo non prevede pene sufficientemente dissuasive.
Un’urgenza legislativa non più rimandabile
Dal 2008 il Ministero della Salute ha emanato ordinanze urgenti per vietare l’uso di esche avvelenate.
L’ultima, datata 6 agosto 2024, conferma la gravità di un fenomeno ancora largamente diffuso in Italia.
Tuttavia, queste misure temporanee non bastano.
Serve una Legge strutturale, con pene certe, severe e realmente applicabili.
La LAV ha già presentato una proposta concreta al Ministero e alla Premier, chiedendo che l’iter venga avviato subito.
Per Bruno e per tutti i Bruni dimenticati
La storia di Bruno non deve cadere nell’oblio.
È il simbolo di una battaglia che riguarda tutti noi, fatta di civiltà, giustizia e rispetto per la vita.
Ogni giorno, cani come lui rischiano la vita per proteggerci, per salvare vite.
Il minimo che possiamo fare è proteggerli da chi semina morte e terrore con cieca crudeltà.
Per Bruno.
Per tutti i Bruni senza nome.
Per chi ha quattro zampe e un cuore più grande degli umani.
LPP
Bruno, cane molecolare dell’unità di soccorso di Taranto, non era un animale qualsiasi.
Era un bloodhound addestrato per ritrovare persone scomparse, un vero e proprio angelo a quattro zampe.
Nel corso della sua carriera aveva contribuito a salvare nove vite umane, portando speranza dove c’era solo angoscia.
Era stato anche premiato dalla Presidente del Consiglio per il suo impegno nei ritrovamenti di persone scomparse.
La sua vita si è tragicamente spezzata nel luogo che per lui era casa: il centro di addestramento di Taranto.
Un’esca, un wurstel riempito di chiodi, lo ha ucciso lentamente, provocandogli una lunga agonia e una morte atroce per emorragia interna.
Un gesto disumano, probabilmente motivato dal suo ruolo, insieme al suo addestratore, nella lotta contro i combattimenti clandestini tra cani, che lo aveva portato a far sequestrare animali maltrattati.
Indignazione pubblica e reazione politica
La notizia ha scosso l’Italia intera.
Tra le prime a reagire, la deputata Michela Vittoria Brambilla, presidente dell’Intergruppo parlamentare per i Diritti degli Animali, che ha annunciato la presentazione di una denuncia formale per costituirsi parte civile, qualora si apra un processo.
Con parole durissime, Brambilla ha dichiarato:
“Al pensiero di tale sconfinata efferatezza c’è da vergognarsi di appartenere alla razza umana.”
Ha sottolineato inoltre l’importanza di applicare la legge da lei promossa, che punisce con fino a 4 anni di carcere e 60.000 euro di multa chi uccide un animale seviziandolo o prolungandone volutamente le sofferenze.
Una legge per la giustizia e la civiltà
Il caso di Bruno riaccende i riflettori su un tema troppo spesso trascurato: la tutela legale degli animali vittime di crudeltà.
La legge Brambilla, recentemente approvata, rappresenta un passo avanti nella lotta al maltrattamento, ma richiede applicazione rigorosa.
Brambilla ha chiesto pubblicamente alle forze dell’ordine di individuare il colpevole e portarlo davanti alla giustizia, affinché Bruno non sia morto invano.
Serve ora una risposta forte dello Stato, non solo per onorare il sacrificio di un animale speciale, ma per dare un segnale di civiltà e umanità a tutto il Paese.
Esche avvelenate: una minaccia per tutti
L’uso di esche avvelenate, disseminate deliberatamente in parchi e spazi pubblici, rappresenta una vera emergenza ambientale e sanitaria.
Non solo gli animali ne sono vittime: anche i bambini, giocando nei prati, possono incorrere in questi veleni camuffati.
I Comuni sono spesso costretti a intervenire con bonifiche costose, affrontando un problema che dovrebbe ricadere penalmente su chi lo provoca. L’attuale quadro normativo non prevede pene sufficientemente dissuasive.
Un’urgenza legislativa non più rimandabile
Dal 2008 il Ministero della Salute ha emanato ordinanze urgenti per vietare l’uso di esche avvelenate.
L’ultima, datata 6 agosto 2024, conferma la gravità di un fenomeno ancora largamente diffuso in Italia.
Tuttavia, queste misure temporanee non bastano.
Serve una Legge strutturale, con pene certe, severe e realmente applicabili.
La LAV ha già presentato una proposta concreta al Ministero e alla Premier, chiedendo che l’iter venga avviato subito.
Per Bruno e per tutti i Bruni dimenticati
La storia di Bruno non deve cadere nell’oblio.
È il simbolo di una battaglia che riguarda tutti noi, fatta di civiltà, giustizia e rispetto per la vita.
Ogni giorno, cani come lui rischiano la vita per proteggerci, per salvare vite.
Il minimo che possiamo fare è proteggerli da chi semina morte e terrore con cieca crudeltà.
Per Bruno.
Per tutti i Bruni senza nome.
Per chi ha quattro zampe e un cuore più grande degli umani.
LPP


















































































