“E cosa significa morire?” di Anton Čechov.

Il commiato è un momento particolare nella vita degli esseri umani, carico di emozioni e significati profondi.
Il commiato “segna” il tempo del saluto. E in particolare il commiato funebre avvolge quel tempo sospeso che è il lasciar andare verso un’altra dimensione chi abbiamo amato.
Attraverso poesie, citazioni e brani scelti con cura, questa rubrica settimanale “Citazioni per il Commiato” vuole offrire un piccolo spazio di riflessione, conforto, memoria e ispirazione alla bellezza.
Che sia per ricordare chi non c’è più o per trovare un momento di intima connessione con se stessi.
Anton Pavlovič Čechov
Anton Pavlovič Čechov (1860–1904) è uno dei più grandi scrittori e drammaturghi russi.
Autore di opere indimenticabili come Il giardino dei ciliegi e Zio Vanja, ha saputo raccontare con straordinaria sensibilità la fragilità dell’esistenza umana.
Il suo sguardo disincantato ma profondamente partecipe lo rende ancora oggi un riferimento, non solo in letteratura, ma anche per chi cerca parole essenziali nei momenti più difficili della vita.
“E cosa significa morire?
“E cosa significa morire?
Forse l’uomo ha cento sensi,
e quando muore solo i cinque che conosciamo vengono distrutti,
mentre i restanti novantacinque restano vivi.”
Questa citazione, tratta da una delle sue opere teatrali, propone un’immagine poetica della morte, vista non come fine assoluta, ma come possibilità di trasformazione sensoriale e misteriosa.
Anton Čechov, con delicatezza e intuizione, apre una porta su ciò che non vediamo e sposta l’attenzione dalla paura della fine alla possibilità di una continuità invisibile.
La persona che se ne va non scompare, ma entra in una nuova forma di percezione, una forma che non possiamo nominare, ma forse possiamo sentire.
La morte non è un’assenza, ma un passaggio, non un muro, ma una soglia e le sue parole lasciano intravedere un aldilà fatto non di promesse, ma di possibilità sensibili.
Da leggere durante una cerimonia o una commemorazione, questo frammento ci ricorda che ogni commiato può essere anche un ascolto, un’apertura verso ciò che ancora non comprendiamo ma che, in fondo, continuiamo ad amare.
Il commiato è un momento particolare nella vita degli esseri umani, carico di emozioni e significati profondi.
Il commiato “segna” il tempo del saluto. E in particolare il commiato funebre avvolge quel tempo sospeso che è il lasciar andare verso un’altra dimensione chi abbiamo amato.
Attraverso poesie, citazioni e brani scelti con cura, questa rubrica settimanale “Citazioni per il Commiato” vuole offrire un piccolo spazio di riflessione, conforto, memoria e ispirazione alla bellezza.
Che sia per ricordare chi non c’è più o per trovare un momento di intima connessione con se stessi.
Anton Pavlovič Čechov
Anton Pavlovič Čechov (1860–1904) è uno dei più grandi scrittori e drammaturghi russi.
Autore di opere indimenticabili come Il giardino dei ciliegi e Zio Vanja, ha saputo raccontare con straordinaria sensibilità la fragilità dell’esistenza umana.
Il suo sguardo disincantato ma profondamente partecipe lo rende ancora oggi un riferimento, non solo in letteratura, ma anche per chi cerca parole essenziali nei momenti più difficili della vita.
“E cosa significa morire?
“E cosa significa morire?
Forse l’uomo ha cento sensi,
e quando muore solo i cinque che conosciamo vengono distrutti,
mentre i restanti novantacinque restano vivi.”
Questa citazione, tratta da una delle sue opere teatrali, propone un’immagine poetica della morte, vista non come fine assoluta, ma come possibilità di trasformazione sensoriale e misteriosa.
Anton Čechov, con delicatezza e intuizione, apre una porta su ciò che non vediamo e sposta l’attenzione dalla paura della fine alla possibilità di una continuità invisibile.
La persona che se ne va non scompare, ma entra in una nuova forma di percezione, una forma che non possiamo nominare, ma forse possiamo sentire.
La morte non è un’assenza, ma un passaggio, non un muro, ma una soglia e le sue parole lasciano intravedere un aldilà fatto non di promesse, ma di possibilità sensibili.
Da leggere durante una cerimonia o una commemorazione, questo frammento ci ricorda che ogni commiato può essere anche un ascolto, un’apertura verso ciò che ancora non comprendiamo ma che, in fondo, continuiamo ad amare.

















































































