4 agosto 2020. Muore il giornalista Sergio Zavoli.

La voce che racconta un’Italia in cerca di verità
Sergio Zavoli muore il 4 agosto 2020 a Roma, all’età di 96 anni.
Lascia in eredità un modo di fare giornalismo che coniuga rigore, empatia e tensione etica.
È tra i più importanti narratori del Novecento italiano, capace di dare voce ai margini e alla memoria collettiva con la forza pacata della parola.
Dalla radio al video: l’inizio di una carriera esemplare
Nasce a Ravenna il 21 settembre 1923. Si forma come giornalista in RAI, inizia a Radio Rai e nel dopoguerra diventa uno dei punti di riferimento della radio pubblica.
A partire dagli anni ’60 si afferma anche in televisione, firmando programmi che fanno la storia del servizio pubblico, come La notte della Repubblica, reportage inchiesta che ricostruisce gli anni di piombo con equilibrio e profondità.
Un intellettuale con lo sguardo lungo
Sergio Zavoli non si limita a raccontare i fatti: li interpreta, li ascolta, li contestualizza.
Il suo stile è inconfondibile: pacato, riflessivo, mai retorico. Conduce Processo alla tappa, racconta il Giro d’Italia come uno spaccato sociale, e attraverso lo sport parla del Paese.
È anche scrittore e poeta: la sua opera letteraria, pur meno nota, rivela una sensibilità lirica intensa.
Nel 1980 diventa presidente della RAI, ruolo che ricopre per quattro anni, promuovendo una linea editoriale improntata al pluralismo e alla responsabilità.
Dal 2001 siede in Senato nelle fila del centrosinistra, mantenendo uno sguardo vigile sulle trasformazioni della comunicazione.
Una morte silenziosa per un uomo che ha saputo ascoltare
Muore a Roma, città dove ha vissuto gran parte della sua vita professionale.
I funerali si svolgono in forma riservata, rispettando la discrezione che da sempre lo accompagna.
Col suo addio, l’Italia perde non solo un giornalista ma una coscienza critica, una figura capace di incarnare l’etica del racconto e la dignità del dubbio.
La voce che racconta un’Italia in cerca di verità
Sergio Zavoli muore il 4 agosto 2020 a Roma, all’età di 96 anni.
Lascia in eredità un modo di fare giornalismo che coniuga rigore, empatia e tensione etica.
È tra i più importanti narratori del Novecento italiano, capace di dare voce ai margini e alla memoria collettiva con la forza pacata della parola.
Dalla radio al video: l’inizio di una carriera esemplare
Nasce a Ravenna il 21 settembre 1923. Si forma come giornalista in RAI, inizia a Radio Rai e nel dopoguerra diventa uno dei punti di riferimento della radio pubblica.
A partire dagli anni ’60 si afferma anche in televisione, firmando programmi che fanno la storia del servizio pubblico, come La notte della Repubblica, reportage inchiesta che ricostruisce gli anni di piombo con equilibrio e profondità.
Un intellettuale con lo sguardo lungo
Sergio Zavoli non si limita a raccontare i fatti: li interpreta, li ascolta, li contestualizza.
Il suo stile è inconfondibile: pacato, riflessivo, mai retorico. Conduce Processo alla tappa, racconta il Giro d’Italia come uno spaccato sociale, e attraverso lo sport parla del Paese.
È anche scrittore e poeta: la sua opera letteraria, pur meno nota, rivela una sensibilità lirica intensa.
Nel 1980 diventa presidente della RAI, ruolo che ricopre per quattro anni, promuovendo una linea editoriale improntata al pluralismo e alla responsabilità.
Dal 2001 siede in Senato nelle fila del centrosinistra, mantenendo uno sguardo vigile sulle trasformazioni della comunicazione.
Una morte silenziosa per un uomo che ha saputo ascoltare
Muore a Roma, città dove ha vissuto gran parte della sua vita professionale.
I funerali si svolgono in forma riservata, rispettando la discrezione che da sempre lo accompagna.
Col suo addio, l’Italia perde non solo un giornalista ma una coscienza critica, una figura capace di incarnare l’etica del racconto e la dignità del dubbio.


















































































