La strage fascista alla stazione di Bologna. 45 anni dopo.

La strage fascista alla stazione di Bologna. 45 anni dopo. Alle 10:25 del 2 agosto 1980 l’Italia cambiò per sempre
Il 2 agosto 1980, alle 10:25 del mattino, un’esplosione devastò la sala d’aspetto di seconda classe della stazione ferroviaria di Bologna.
Una bomba collocata da terroristi neofascisti uccise 85 persone e ne ferì 216, tra cittadini italiani e stranieri in attesa di partire o arrivare.
Fu la strage più sanguinosa dell’Italia repubblicana, simbolo tragico della strategia della tensione e di un attacco diretto alla democrazia italiana.

Gli esecutori e i mandanti: la verità giudiziaria
Dopo decenni di indagini, depistaggi e ostacoli, la giustizia ha fatto il suo corso.
Gli esecutori materiali sono Francesca Mambro, Valerio Fioravanti, Luigi Ciavardini, Gilberto Cavallini — tutti appartenenti ai Nuclei Armati Rivoluzionari — e Paolo Bellini, ex di Avanguardia Nazionale.
I mandanti, organizzatori e finanziatori sono nomi ancora più inquietanti: Licio Gelli, capo della loggia massonica deviata P2, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi, ex giornalista e senatore del Movimento Sociale Italiano, legato alla X MAS di Junio Valerio Borghese.
Tutto questo è passato in giudicato, ma c’è chi ancora oggi cerca di riscrivere la storia agitando l’ormai screditata pista palestinese.
Una memoria da difendere. Sempre.
Quest’anno ricorre il 45° anniversario della Strage.
Sotto l’orologio della stazione, ancora fermo alle 10:25, Paolo Bolognesi pronuncerà il suo ultimo discorso da presidente dell’Associazione dei Familiari delle Vittime, passando il testimone a Paolo Lambertini.
Bolognesi continuerà il suo impegno come presidente onorario, ma il suo addio non sarà silenzioso: la polemica con Giorgia Meloni, accesa lo scorso anno, è ancora viva.
Bolognesi ha ricordato che le radici della strage si trovano nella destra — non per ideologia, ma per verità processuale.
La replica del governo, che contestava la definitività delle sentenze, è stata smentita dalla Cassazione, che ha confermato nel 2025 l’ergastolo per Bellini e Cavallini.

Una memoria da proteggere, un diritto da garantire
Le ragioni per criticare l’azione del governo Meloni non finiscono qui.
Daria Bonfietti, presidente dei parenti delle vittime della Strage di Ustica, ha denunciato la mancata conferma del Protocollo d’Intesa tra Ministero dell’Istruzione e le associazioni dei familiari delle vittime.
Questo protocollo permetteva attività didattiche sul terrorismo e la memoria democratica, oggi più che mai necessarie.
Un sondaggio tra studenti delle superiori ha rivelato che molti credono che furono le Brigate Rosse a mettere la bomba a Bologna, segno di un grave vuoto educativo.
Le sentenze sono storia
La seconda grave responsabilità del governo riguarda l’accesso alle sentenze.
Nel 2024, una direttiva firmata da Antonio Tarasco, direttore degli Archivi di Stato, ha limitato la consultabilità di atti pubblici fondamentali, giustificandola con la riservatezza.
Un provvedimento gravissimo, che oscura la verità e impedisce la diffusione della memoria nelle scuole e nella società.
Ma è proprio lì, nelle sentenze, che si scrive la storia della Repubblica, ed è un dovere democratico renderle pubbliche.
Laura Persico Pezzino
La strage fascista alla stazione di Bologna. 45 anni dopo. Alle 10:25 del 2 agosto 1980 l’Italia cambiò per sempre
Il 2 agosto 1980, alle 10:25 del mattino, un’esplosione devastò la sala d’aspetto di seconda classe della stazione ferroviaria di Bologna.
Una bomba collocata da terroristi neofascisti uccise 85 persone e ne ferì 216, tra cittadini italiani e stranieri in attesa di partire o arrivare.
Fu la strage più sanguinosa dell’Italia repubblicana, simbolo tragico della strategia della tensione e di un attacco diretto alla democrazia italiana.

Gli esecutori e i mandanti: la verità giudiziaria
Dopo decenni di indagini, depistaggi e ostacoli, la giustizia ha fatto il suo corso.
Gli esecutori materiali sono Francesca Mambro, Valerio Fioravanti, Luigi Ciavardini, Gilberto Cavallini — tutti appartenenti ai Nuclei Armati Rivoluzionari — e Paolo Bellini, ex di Avanguardia Nazionale.
I mandanti, organizzatori e finanziatori sono nomi ancora più inquietanti: Licio Gelli, capo della loggia massonica deviata P2, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi, ex giornalista e senatore del Movimento Sociale Italiano, legato alla X MAS di Junio Valerio Borghese.
Tutto questo è passato in giudicato, ma c’è chi ancora oggi cerca di riscrivere la storia agitando l’ormai screditata pista palestinese.
Una memoria da difendere. Sempre.
Quest’anno ricorre il 45° anniversario della Strage.
Sotto l’orologio della stazione, ancora fermo alle 10:25, Paolo Bolognesi pronuncerà il suo ultimo discorso da presidente dell’Associazione dei Familiari delle Vittime, passando il testimone a Paolo Lambertini.
Bolognesi continuerà il suo impegno come presidente onorario, ma il suo addio non sarà silenzioso: la polemica con Giorgia Meloni, accesa lo scorso anno, è ancora viva.
Bolognesi ha ricordato che le radici della strage si trovano nella destra — non per ideologia, ma per verità processuale.
La replica del governo, che contestava la definitività delle sentenze, è stata smentita dalla Cassazione, che ha confermato nel 2025 l’ergastolo per Bellini e Cavallini.

Una memoria da proteggere, un diritto da garantire
Le ragioni per criticare l’azione del governo Meloni non finiscono qui.
Daria Bonfietti, presidente dei parenti delle vittime della Strage di Ustica, ha denunciato la mancata conferma del Protocollo d’Intesa tra Ministero dell’Istruzione e le associazioni dei familiari delle vittime.
Questo protocollo permetteva attività didattiche sul terrorismo e la memoria democratica, oggi più che mai necessarie.
Un sondaggio tra studenti delle superiori ha rivelato che molti credono che furono le Brigate Rosse a mettere la bomba a Bologna, segno di un grave vuoto educativo.
Le sentenze sono storia
La seconda grave responsabilità del governo riguarda l’accesso alle sentenze.
Nel 2024, una direttiva firmata da Antonio Tarasco, direttore degli Archivi di Stato, ha limitato la consultabilità di atti pubblici fondamentali, giustificandola con la riservatezza.
Un provvedimento gravissimo, che oscura la verità e impedisce la diffusione della memoria nelle scuole e nella società.
Ma è proprio lì, nelle sentenze, che si scrive la storia della Repubblica, ed è un dovere democratico renderle pubbliche.
Laura Persico Pezzino


















































































