6 settembre 1998. Muore il regista Akira Kurosawa.

Un autore che cambia il linguaggio del cinema
Akira Kurosawa nasce a Tokyo il 23 marzo 1910 in una famiglia di samurai decaduti.
Cresce in un Giappone in trasformazione e, attratto dall’arte, inizia la sua carriera come pittore.
Nel 1936 entra come assistente alla regia negli studi Toho, scoprendo un mondo che lo appassiona al punto da trasformarlo in uno dei più grandi registi del Novecento.
Le opere che lo consacrano
Il nome di Akira Kurosawa si lega indissolubilmente a film che segnano la storia del cinema mondiale.
Con “Rashōmon” (1950) ottiene il Leone d’Oro a Venezia e porta il cinema giapponese all’attenzione internazionale.
La sua capacità di raccontare l’ambiguità della verità attraverso più punti di vista apre nuove strade narrative.
Con “I sette samurai” (1954) realizza un’opera epica che influenzerà registi in ogni parte del mondo, ispirando anche il western hollywoodiano “I magnifici sette”.
La sua regia precisa, l’uso innovativo del montaggio e la costruzione dei personaggi ne fanno un modello per generazioni di cineasti.
Negli anni successivi continua a sperimentare con opere come “Il trono di sangue” (1957), ispirato al Macbeth shakespeariano, e “Ran” (1985), trasposizione visiva di Re Lear, dove la potenza visiva si intreccia con riflessioni sul potere e sulla caducità della vita.
Un ponte tra Oriente e Occidente
Akira Kurosawa non è solo un regista, ma un ponte culturale.
I suoi film mettono in dialogo la tradizione giapponese con i linguaggi narrativi occidentali.
Registi come George Lucas, Francis Ford Coppola e Martin Scorsese riconoscono in lui una fonte di ispirazione costante.
Scorsese arriva perfino a recitare in “Sogni” (1990), film poetico che riflette sulla memoria e sulla natura.
La morte e l’eredità di un maestro
Il 6 settembre 1998 Akira Kurosawa muore a Tokyo, all’età di 88 anni.
I funerali si svolgono nella capitale giapponese, con la presenza di personalità del cinema mondiale e di migliaia di spettatori che vogliono rendere omaggio al regista.
La sua eredità continua a vivere nelle scuole di cinema, nei registi che si ispirano al suo linguaggio e nel pubblico che ancora oggi scopre le sue opere.
Un autore che cambia il linguaggio del cinema
Akira Kurosawa nasce a Tokyo il 23 marzo 1910 in una famiglia di samurai decaduti.
Cresce in un Giappone in trasformazione e, attratto dall’arte, inizia la sua carriera come pittore.
Nel 1936 entra come assistente alla regia negli studi Toho, scoprendo un mondo che lo appassiona al punto da trasformarlo in uno dei più grandi registi del Novecento.
Le opere che lo consacrano
Il nome di Akira Kurosawa si lega indissolubilmente a film che segnano la storia del cinema mondiale.
Con “Rashōmon” (1950) ottiene il Leone d’Oro a Venezia e porta il cinema giapponese all’attenzione internazionale.
La sua capacità di raccontare l’ambiguità della verità attraverso più punti di vista apre nuove strade narrative.
Con “I sette samurai” (1954) realizza un’opera epica che influenzerà registi in ogni parte del mondo, ispirando anche il western hollywoodiano “I magnifici sette”.
La sua regia precisa, l’uso innovativo del montaggio e la costruzione dei personaggi ne fanno un modello per generazioni di cineasti.
Negli anni successivi continua a sperimentare con opere come “Il trono di sangue” (1957), ispirato al Macbeth shakespeariano, e “Ran” (1985), trasposizione visiva di Re Lear, dove la potenza visiva si intreccia con riflessioni sul potere e sulla caducità della vita.
Un ponte tra Oriente e Occidente
Akira Kurosawa non è solo un regista, ma un ponte culturale.
I suoi film mettono in dialogo la tradizione giapponese con i linguaggi narrativi occidentali.
Registi come George Lucas, Francis Ford Coppola e Martin Scorsese riconoscono in lui una fonte di ispirazione costante.
Scorsese arriva perfino a recitare in “Sogni” (1990), film poetico che riflette sulla memoria e sulla natura.
La morte e l’eredità di un maestro
Il 6 settembre 1998 Akira Kurosawa muore a Tokyo, all’età di 88 anni.
I funerali si svolgono nella capitale giapponese, con la presenza di personalità del cinema mondiale e di migliaia di spettatori che vogliono rendere omaggio al regista.
La sua eredità continua a vivere nelle scuole di cinema, nei registi che si ispirano al suo linguaggio e nel pubblico che ancora oggi scopre le sue opere.


















































































