4 dicembre 1997. Muore Alberto Manzi, volto della TV educativa.

Vita e formazione
Alberto Manzi nasce a Roma nel 1924 e cresce in un ambiente che lo porta presto a muoversi tra discipline diverse.
Frequenta studi scientifici e umanistici, consegue una laurea in biologia, una in pedagogia e una in filosofia. Questa pluralità di competenze segna la sua visione dell’insegnamento, che interpreta come un’avventura continua, capace di trasformare chi apprende e chi insegna.
Negli anni Quaranta diventa educatore presso il riformatorio “Aristide Gabelli”, esperienza che orienta la sua idea di scuola come luogo di opportunità.
Parallelamente all’attività di insegnante elementare, approfondisce metodi didattici innovativi e sperimenta nuovi modi di coinvolgere gli studenti.
Opere e impegno educativo
Alberto Manzi entra nella storia televisiva italiana nel 1960, quando la Rai gli affida “Non è mai troppo tardi”, programma nato per combattere l’analfabetismo.
In diretta, davanti a una lavagna, trasforma un mezzo nuovo come la TV in uno strumento di emancipazione. Il suo stile semplice, diretto e mai paternalistico conquista milioni di adulti e cambia per sempre il rapporto tra media e istruzione.
Accanto alla televisione, Manzi scrive libri per ragazzi che riflettono la stessa attenzione alla crescita personale.
“Orzowei” diventa uno dei suoi titoli più noti, capace di raccontare diversità e coraggio con uno sguardo limpido.
Continua anche la sua attività come ricercatore e formatore, partecipando a progetti internazionali in America Latina e dedicando energie alla costruzione di scuole e percorsi di alfabetizzazione.
Ultimi anni, morte e funerali
Negli ultimi anni Alberto Manzi prosegue il suo lavoro nella scuola, convinto che l’educazione sia un processo vivo.
L’insegnamento resta il suo centro, al di là dei riconoscimenti ricevuti.
Muore il 4 dicembre 1997 a Pitigliano, dove vive e lavora fino all’ultimo.
I funerali si svolgono nella stessa città, accompagnati dall’affetto dei suoi studenti, dei colleghi e di chi, grazie a lui, ha imparato a leggere e scrivere.
La sua eredità continua a respirare in ogni pratica educativa che mette al centro la persona.

Vita e formazione
Alberto Manzi nasce a Roma nel 1924 e cresce in un ambiente che lo porta presto a muoversi tra discipline diverse.
Frequenta studi scientifici e umanistici, consegue una laurea in biologia, una in pedagogia e una in filosofia. Questa pluralità di competenze segna la sua visione dell’insegnamento, che interpreta come un’avventura continua, capace di trasformare chi apprende e chi insegna.
Negli anni Quaranta diventa educatore presso il riformatorio “Aristide Gabelli”, esperienza che orienta la sua idea di scuola come luogo di opportunità.
Parallelamente all’attività di insegnante elementare, approfondisce metodi didattici innovativi e sperimenta nuovi modi di coinvolgere gli studenti.
Opere e impegno educativo
Alberto Manzi entra nella storia televisiva italiana nel 1960, quando la Rai gli affida “Non è mai troppo tardi”, programma nato per combattere l’analfabetismo.
In diretta, davanti a una lavagna, trasforma un mezzo nuovo come la TV in uno strumento di emancipazione. Il suo stile semplice, diretto e mai paternalistico conquista milioni di adulti e cambia per sempre il rapporto tra media e istruzione.
Accanto alla televisione, Manzi scrive libri per ragazzi che riflettono la stessa attenzione alla crescita personale.
“Orzowei” diventa uno dei suoi titoli più noti, capace di raccontare diversità e coraggio con uno sguardo limpido.
Continua anche la sua attività come ricercatore e formatore, partecipando a progetti internazionali in America Latina e dedicando energie alla costruzione di scuole e percorsi di alfabetizzazione.
Ultimi anni, morte e funerali
Negli ultimi anni Alberto Manzi prosegue il suo lavoro nella scuola, convinto che l’educazione sia un processo vivo.
L’insegnamento resta il suo centro, al di là dei riconoscimenti ricevuti.
Muore il 4 dicembre 1997 a Pitigliano, dove vive e lavora fino all’ultimo.
I funerali si svolgono nella stessa città, accompagnati dall’affetto dei suoi studenti, dei colleghi e di chi, grazie a lui, ha imparato a leggere e scrivere.
La sua eredità continua a respirare in ogni pratica educativa che mette al centro la persona.


















































































