Il potere degli oggetti nel ricordo di chi amiamo.

💜TGFuneral24 | Speciale 2 Novembre
Perché per molti di noi gli oggetti appartenuti a chi ci ha lasciato hanno un’enorme importanza?
Cosa ci spinge a trasferire in una giacca, una matita o un anello di poco valore economico il peso di un ricordo così profondo?
La risposta sta nel legame invisibile tra memoria e materia.
Gli oggetti, pur privi di vita, diventano custodi silenziosi di un affetto che continua a esistere oltre la morte.
In essi proiettiamo la presenza di chi abbiamo amato, come se potessero ancora restituirci un frammento della loro voce, del loro sorriso, del loro calore.
L’anello di Oriana e Alekos: un amore che sfida la morte
La scrittrice Oriana Fallaci racconta un episodio toccante della sua vita, legato all’uomo che amava, Alekos Panagulis.
Nell’autunno del 1973 i due si erano scambiati gli anelli.
Quello di lui, con brillanti, era un dono prezioso.
Quello che Oriana gli aveva regalato, invece, era semplice: un piccolo anello d’argento, perché Alekos lo voleva povero, quasi simbolico.
Aveva dita grassocce e l’anello gli stava stretto, ma non se lo tolse mai.
Non esiste fotografia che lo ritragga senza quell’anello al mignolo.
Dopo la sua morte, gli avevano tolto l’anello.
Oriana lo chiese indietro alla madre di Alekos, con il desiderio di indossarlo e di compiere un simbolico matrimonio oltre la vita.
Ma, sopraffatta dal dolore, sbagliò e glielo rimise al dito.
Fu necessario riaprire la cassa per invertire gli anelli.
Un gesto che, forse, il suo inconscio aveva voluto per poterlo toccare un’ultima volta.
Nella tasca della giacca di Alekos mise due sue fotografie e un biglietto con scritto:
«S’agapò tora kai t’asagaò pantote» — Ti amo ora e ti amerò sempre.
Attraverso quell’anello, Oriana Fallaci non solo ricordava Alekos, ma lo faceva vivere ancora.
La memoria che vive “anche” attraverso gli oggetti
È questo il potere assunto da alcuni oggetti: diventano ponti tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
Non è superstizione, ma un modo umano e profondamente autentico di continuare ad amare.
Gli oggetti diventano un linguaggio silenzioso.
Non servono a trattenere chi è andato oltre, ma a preservano tangibilmente il ricordo.
Gli oggetti possono servire a superare “quel” momento di nostalgia.
E magari restituire un senso di presenza anche nell’assenza.
Un anello, una lettera, un vecchio maglione sformato possono diventare chiavi che aprono a ciò che non si vede più.
Nel gesto di custodirli non c’è l’ostinazione del negare l’assenza.
C’è una magia consapevole, un rito intimo attraverso cui il dolore si trasforma in memoria.
E il custodire la memoria serve a ricollocarsi nel presente del vivere.
Laura Persico Pezzino
💜TGFuneral24 | Speciale 2 Novembre
Perché per molti di noi gli oggetti appartenuti a chi ci ha lasciato hanno un’enorme importanza?
Cosa ci spinge a trasferire in una giacca, una matita o un anello di poco valore economico il peso di un ricordo così profondo?
La risposta sta nel legame invisibile tra memoria e materia.
Gli oggetti, pur privi di vita, diventano custodi silenziosi di un affetto che continua a esistere oltre la morte.
In essi proiettiamo la presenza di chi abbiamo amato, come se potessero ancora restituirci un frammento della loro voce, del loro sorriso, del loro calore.
L’anello di Oriana e Alekos: un amore che sfida la morte
La scrittrice Oriana Fallaci racconta un episodio toccante della sua vita, legato all’uomo che amava, Alekos Panagulis.
Nell’autunno del 1973 i due si erano scambiati gli anelli.
Quello di lui, con brillanti, era un dono prezioso.
Quello che Oriana gli aveva regalato, invece, era semplice: un piccolo anello d’argento, perché Alekos lo voleva povero, quasi simbolico.
Aveva dita grassocce e l’anello gli stava stretto, ma non se lo tolse mai.
Non esiste fotografia che lo ritragga senza quell’anello al mignolo.
Dopo la sua morte, gli avevano tolto l’anello.
Oriana lo chiese indietro alla madre di Alekos, con il desiderio di indossarlo e di compiere un simbolico matrimonio oltre la vita.
Ma, sopraffatta dal dolore, sbagliò e glielo rimise al dito.
Fu necessario riaprire la cassa per invertire gli anelli.
Un gesto che, forse, il suo inconscio aveva voluto per poterlo toccare un’ultima volta.
Nella tasca della giacca di Alekos mise due sue fotografie e un biglietto con scritto:
«S’agapò tora kai t’asagaò pantote» — Ti amo ora e ti amerò sempre.
Attraverso quell’anello, Oriana Fallaci non solo ricordava Alekos, ma lo faceva vivere ancora.
La memoria che vive “anche” attraverso gli oggetti
È questo il potere assunto da alcuni oggetti: diventano ponti tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
Non è superstizione, ma un modo umano e profondamente autentico di continuare ad amare.
Gli oggetti diventano un linguaggio silenzioso.
Non servono a trattenere chi è andato oltre, ma a preservano tangibilmente il ricordo.
Gli oggetti possono servire a superare “quel” momento di nostalgia.
E magari restituire un senso di presenza anche nell’assenza.
Un anello, una lettera, un vecchio maglione sformato possono diventare chiavi che aprono a ciò che non si vede più.
Nel gesto di custodirli non c’è l’ostinazione del negare l’assenza.
C’è una magia consapevole, un rito intimo attraverso cui il dolore si trasforma in memoria.
E il custodire la memoria serve a ricollocarsi nel presente del vivere.
Laura Persico Pezzino


















































































