La verità sulla Mummia Verde di Bologna.

Un enigma lungo quarant’anni finalmente risolto
La cosiddetta Mummia Verde di Bologna torna al centro dell’attenzione scientifica.
Quasi quarant’anni dopo il suo ritrovamento, avvenuto nel 1987 nella cantina di un’antica villa in ristrutturazione, gli studiosi hanno finalmente chiarito la natura della sua misteriosa colorazione smeraldo.
Il corpo appartiene a un ragazzo adolescente, morto tra il 1617 e il 1814 d.C., il cui cadavere ha subito un fenomeno di conservazione tanto raro quanto sorprendente.
Il rame come artefice del colore smeraldo
Le nuove analisi condotte da Annamaria Alabiso, ricercatrice dell’Università di Roma Tor Vergata, e pubblicate sul Journal of Cultural Heritage, hanno fornito la soluzione definitiva.
Il giovane fu deposto in un contenitore di rame, probabilmente una cista funeraria, che con il tempo ha rilasciato ioni di rame penetrati progressivamente nelle ossa e nei tessuti.
Questo processo ha portato a tre effetti principali:
- Gli ioni rameici hanno sostituito il calcio delle ossa, tingendole di un verde intenso.
- Il rame, grazie alle sue proprietà antimicrobiche, ha rallentato la decomposizione, preservando sorprendentemente sia i tessuti duri che quelli molli.
- I fluidi corporei, reagendo con i composti di rame, hanno creato una patina verdognola omogenea sulla superficie del corpo.
Il risultato è stato un fenomeno unico nel suo genere: una mummificazione naturale mediata dal contatto prolungato con il metallo.
La cantina ha fatto il resto: freddo e poco ossigeno
Gli studiosi hanno ricostruito il contesto ambientale della sepoltura.
La cantina dove il corpo venne deposto garantiva basse temperature e un livello di ossigeno ridotto, due fattori decisivi per un rallentamento drastico della decomposizione.
La combinazione di ambiente favorevole e protezione chimica del rame ha conservato il corpo in modo eccezionale.
Cosa sappiamo del giovane: età, condizioni, segreti ancora irrisolti
Le indagini antropologiche rivelano che la mummia appartiene a un ragazzo tra i 12 e i 14 anni.
Non sono stati individuati segni di traumi, malattie gravi o ferite compatibili con una morte violenta.
Le cause del decesso rimangono sconosciute, anche se le condizioni di vita dell’epoca – tra infezioni, malnutrizione e incidenti domestici – offrono un ampio ventaglio di possibilità.
Curioso anche il particolare dei piedi mancanti: secondo i ricercatori, il deterioramento della cista di rame potrebbe aver causato la rottura del contenitore, dispersando alcune parti anatomiche prima del ritrovamento.
Una scoperta che unisce chimica, archeologia e medicina forense
Il caso della Mummia Verde di Bologna si colloca tra gli esempi più affascinanti di “mummificazione accidentale”, dove fattori naturali e materiali artificiali interagiscono in modo inatteso.
Il rame, tipicamente soggetto a corrosione, in questo caso ha agito come agente conservante, trasformando la sepoltura in un laboratorio chimico naturale.
Gli studiosi sottolineano l’importanza di questa scoperta per comprendere meglio i processi di conservazione post-mortem nelle condizioni europee dei secoli XVII-XIX.
Un mistero risolto, ma non del tutto chiuso
Nonostante i risultati siano chiari sulla colorazione verde e sulla conservazione, restano aperti alcuni interrogativi:
Chi era il ragazzo?
Perché fu sepolto in una cista di rame?
E soprattutto, cosa causò la sua morte prematura?
Domande che forse non troveranno mai risposta, ma che rendono la Mummia Verde uno dei reperti più enigmatici del panorama archeologico italiano.
Un enigma lungo quarant’anni finalmente risolto
La cosiddetta Mummia Verde di Bologna torna al centro dell’attenzione scientifica.
Quasi quarant’anni dopo il suo ritrovamento, avvenuto nel 1987 nella cantina di un’antica villa in ristrutturazione, gli studiosi hanno finalmente chiarito la natura della sua misteriosa colorazione smeraldo.
Il corpo appartiene a un ragazzo adolescente, morto tra il 1617 e il 1814 d.C., il cui cadavere ha subito un fenomeno di conservazione tanto raro quanto sorprendente.
Il rame come artefice del colore smeraldo
Le nuove analisi condotte da Annamaria Alabiso, ricercatrice dell’Università di Roma Tor Vergata, e pubblicate sul Journal of Cultural Heritage, hanno fornito la soluzione definitiva.
Il giovane fu deposto in un contenitore di rame, probabilmente una cista funeraria, che con il tempo ha rilasciato ioni di rame penetrati progressivamente nelle ossa e nei tessuti.
Questo processo ha portato a tre effetti principali:
- Gli ioni rameici hanno sostituito il calcio delle ossa, tingendole di un verde intenso.
- Il rame, grazie alle sue proprietà antimicrobiche, ha rallentato la decomposizione, preservando sorprendentemente sia i tessuti duri che quelli molli.
- I fluidi corporei, reagendo con i composti di rame, hanno creato una patina verdognola omogenea sulla superficie del corpo.
Il risultato è stato un fenomeno unico nel suo genere: una mummificazione naturale mediata dal contatto prolungato con il metallo.
La cantina ha fatto il resto: freddo e poco ossigeno
Gli studiosi hanno ricostruito il contesto ambientale della sepoltura.
La cantina dove il corpo venne deposto garantiva basse temperature e un livello di ossigeno ridotto, due fattori decisivi per un rallentamento drastico della decomposizione.
La combinazione di ambiente favorevole e protezione chimica del rame ha conservato il corpo in modo eccezionale.
Cosa sappiamo del giovane: età, condizioni, segreti ancora irrisolti
Le indagini antropologiche rivelano che la mummia appartiene a un ragazzo tra i 12 e i 14 anni.
Non sono stati individuati segni di traumi, malattie gravi o ferite compatibili con una morte violenta.
Le cause del decesso rimangono sconosciute, anche se le condizioni di vita dell’epoca – tra infezioni, malnutrizione e incidenti domestici – offrono un ampio ventaglio di possibilità.
Curioso anche il particolare dei piedi mancanti: secondo i ricercatori, il deterioramento della cista di rame potrebbe aver causato la rottura del contenitore, dispersando alcune parti anatomiche prima del ritrovamento.
Una scoperta che unisce chimica, archeologia e medicina forense
Il caso della Mummia Verde di Bologna si colloca tra gli esempi più affascinanti di “mummificazione accidentale”, dove fattori naturali e materiali artificiali interagiscono in modo inatteso.
Il rame, tipicamente soggetto a corrosione, in questo caso ha agito come agente conservante, trasformando la sepoltura in un laboratorio chimico naturale.
Gli studiosi sottolineano l’importanza di questa scoperta per comprendere meglio i processi di conservazione post-mortem nelle condizioni europee dei secoli XVII-XIX.
Un mistero risolto, ma non del tutto chiuso
Nonostante i risultati siano chiari sulla colorazione verde e sulla conservazione, restano aperti alcuni interrogativi:
Chi era il ragazzo?
Perché fu sepolto in una cista di rame?
E soprattutto, cosa causò la sua morte prematura?
Domande che forse non troveranno mai risposta, ma che rendono la Mummia Verde uno dei reperti più enigmatici del panorama archeologico italiano.


















































































