11 settembre 1973. Muore il presidente cileno Salvador Allende.

Salvador Allende, l’uomo che sogna un Cile diverso
Salvador Allende nasce il 26 giugno 1908 a Valparaíso, in una famiglia della media borghesia cilena.
Dopo gli studi di medicina all’Universidad de Chile, si dedica alla politica con una passione che lo porta a diventare uno dei volti più rappresentativi della sinistra latino-americana.
Militante socialista, fonda insieme ad altri il Partito Socialista Cileno e costruisce la sua carriera politica con un costante impegno a favore delle classi popolari.
Nel corso degli anni, Allende diventa ministro della Salute e più volte candidato alla presidenza, finché nel 1970 conquista la massima carica dello Stato, sostenuto da una coalizione chiamata Unidad Popular.
Per la prima volta, un marxista sale democraticamente al potere in America Latina, attirando l’attenzione del mondo intero.
Le riforme e le tensioni internazionali
Come presidente, Salvador Allende promuove una politica di riforme radicali.
Nazionalizza le miniere di rame, principale ricchezza del paese, avvia un programma di redistribuzione delle terre e rafforza i servizi sociali.
Queste scelte generano entusiasmo tra i ceti più poveri, ma provocano anche forti contrasti con l’élite cilena e con gli Stati Uniti, che vedono nel suo governo una minaccia ideologica durante la Guerra Fredda.
La pressione internazionale, l’instabilità economica e le divisioni interne mettono il Cile in una condizione fragile. Le proteste di piazza si moltiplicano, mentre i militari iniziano a tramare contro il governo legittimo.
L’11 settembre e la fine di un’epoca
L’11 settembre 1973 i carri armati circondano il palazzo presidenziale de La Moneda.
L’aviazione bombarda l’edificio, mentre Allende resiste insieme a pochi fedelissimi.
Con un fucile regalatogli da Fidel Castro, il presidente pronuncia le sue ultime parole al popolo cileno attraverso la radio, esortando a non arrendersi.
Poco dopo, sceglie di togliersi la vita per non cadere nelle mani dei golpisti guidati da Augusto Pinochet.
I funerali di Salvador Allende si svolgono in un clima di silenzio e censura, senza cerimonie pubbliche e con la famiglia costretta a un commiato discreto.
Solo molti anni dopo, nel 1990, con la fine della dittatura, il suo corpo viene riesumato e onorato con esequie solenni, restituendo al Cile la memoria di un presidente che diventa simbolo universale di democrazia e resistenza.
Salvador Allende, l’uomo che sogna un Cile diverso
Salvador Allende nasce il 26 giugno 1908 a Valparaíso, in una famiglia della media borghesia cilena.
Dopo gli studi di medicina all’Universidad de Chile, si dedica alla politica con una passione che lo porta a diventare uno dei volti più rappresentativi della sinistra latino-americana.
Militante socialista, fonda insieme ad altri il Partito Socialista Cileno e costruisce la sua carriera politica con un costante impegno a favore delle classi popolari.
Nel corso degli anni, Allende diventa ministro della Salute e più volte candidato alla presidenza, finché nel 1970 conquista la massima carica dello Stato, sostenuto da una coalizione chiamata Unidad Popular.
Per la prima volta, un marxista sale democraticamente al potere in America Latina, attirando l’attenzione del mondo intero.
Le riforme e le tensioni internazionali
Come presidente, Salvador Allende promuove una politica di riforme radicali.
Nazionalizza le miniere di rame, principale ricchezza del paese, avvia un programma di redistribuzione delle terre e rafforza i servizi sociali.
Queste scelte generano entusiasmo tra i ceti più poveri, ma provocano anche forti contrasti con l’élite cilena e con gli Stati Uniti, che vedono nel suo governo una minaccia ideologica durante la Guerra Fredda.
La pressione internazionale, l’instabilità economica e le divisioni interne mettono il Cile in una condizione fragile. Le proteste di piazza si moltiplicano, mentre i militari iniziano a tramare contro il governo legittimo.
L’11 settembre e la fine di un’epoca
L’11 settembre 1973 i carri armati circondano il palazzo presidenziale de La Moneda.
L’aviazione bombarda l’edificio, mentre Allende resiste insieme a pochi fedelissimi.
Con un fucile regalatogli da Fidel Castro, il presidente pronuncia le sue ultime parole al popolo cileno attraverso la radio, esortando a non arrendersi.
Poco dopo, sceglie di togliersi la vita per non cadere nelle mani dei golpisti guidati da Augusto Pinochet.
I funerali di Salvador Allende si svolgono in un clima di silenzio e censura, senza cerimonie pubbliche e con la famiglia costretta a un commiato discreto.
Solo molti anni dopo, nel 1990, con la fine della dittatura, il suo corpo viene riesumato e onorato con esequie solenni, restituendo al Cile la memoria di un presidente che diventa simbolo universale di democrazia e resistenza.


















































































