18 maggio 1988. Addio a Enzo Tortora, voce libera della televisione italiana e vittima della giustizia “sbagliata”.

Gli inizi: una carriera brillante tra radio e televisione
Enzo Tortora nasce a Genova il 30 novembre 1928.
Durante gli anni universitari nella sua città natale, si avvicina al mondo dello spettacolo e collabora con Paolo Villaggio in alcune rappresentazioni teatrali.
Ma è a Roma che inizia la sua vera ascesa: a 23 anni entra in Rai e conduce il programma radiofonico Campanile d’oro.
Nel 1956 debutta in televisione al fianco di Silvana Pampanini nel programma Primo applauso.
Seguono Telematch e soprattutto Campanile sera con Mike Bongiorno, che lo consacra come conduttore amato dal pubblico.
In quella trasmissione cura i collegamenti con i paesi del Nord Italia, imparando a conoscere e raccontare la provincia, elemento che diventerà centrale nel suo modo di fare televisione.
Un contrasto con i dirigenti Rai lo porta in Svizzera, dove conduce Terzo Grado.
Rientrato in Italia, gli vengono affidati Il gambero e, dal 1965 al 1969, La domenica sportiva.
Enzo Tortora: Portobello e l’invenzione della “tv verità”
Dopo una parentesi nel mondo dell’emittenza privata, Tortora rientra in Rai nel 1977.
Conduce inizialmente Accendiamo la lampada con Raffaella Carrà, ma è Portobello a cambiare tutto.
Il programma, trasmesso in prima serata, raccoglie in media oltre 26 milioni di telespettatori.
Attraverso annunci, oggetti curiosi, animali smarriti e dibattiti tra gente comune, Portobello rivoluziona la televisione italiana.
È uno dei primi esempi di “tv verità”, con un coinvolgimento emotivo diretto tra conduttore, ospiti e pubblico.
Il dramma dell’arresto e la rinascita civile
Nel 1983, mentre conduce Italia parla con Pippo Baudo su Retequattro, la sua vita viene travolta.
Il 17 giugno viene arrestato con l’accusa infamante di associazione camorristica, basata sulle dichiarazioni di un pentito.
La sua immagine pubblica crolla.
Tortora affronta il processo con dignità, trasformando la sua vicenda in una battaglia per i diritti civili.
Nel 1984 viene eletto europarlamentare nelle liste dei Radicali, simbolo vivente delle storture della giustizia.
Dopo un lungo iter giudiziario, il 20 febbraio 1987, la Corte di Cassazione lo assolve definitivamente.
Tortora torna in televisione, ma è un uomo profondamente segnato: conduce una nuova edizione di Portobello e poi Giallo, ma non ha più la forza di un tempo.
La morte di “un uomo perbene”
Il 18 maggio 1988, Enzo Tortora muore nella sua casa di Milano, stroncato da un tumore.
Aveva 59 anni.
La sua vicenda personale è diventata il simbolo della malagiustizia italiana.
A Roma gli è stata intitolata la Biblioteca Enzo Tortora, e la compagna Francesca Scopelliti ha fondato la Fondazione per la Giustizia Enzo Tortora.
Nel 1999 esce il film Un uomo perbene, diretto da Maurizio Zaccaro e interpretato da Michele Placido, che racconta il suo calvario giudiziario.
La memoria viva nelle parole di una figlia
A tenere viva la memoria di Enzo Tortora è anche il coraggio di sua figlia, Gaia Tortora, giornalista e vicedirettrice del TG La7.
Nel libro “Testa alta, e avanti. In cerca di giustizia, storia della mia famiglia”, pubblicato nel 2022, Gaia ripercorre con dolore e lucidità la vicenda che ha travolto il padre e l’intera famiglia.
Attraverso pagine intense e personali, la figlia racconta non solo l’uomo pubblico distrutto da un errore giudiziario, ma anche il padre affettuoso, l’uomo riservato e spezzato nel profondo.
Il libro è un atto d’amore e insieme una denuncia, una riflessione sulla giustizia italiana e sul prezzo umano pagato da chi ne è vittima.
Un racconto che restituisce dignità, umanità e voce a chi per troppo tempo è stato lasciato solo nel silenzio di un’aula di tribunale.
Enzo Tortora resta, nella memoria collettiva, non solo un volto indimenticabile della televisione, ma soprattutto un uomo perbene, vittima di uno Stato che, in errore, ha colpito duramente, senza poi davvero chiedere scusa.
Laura Persico Pezzino
Gli inizi: una carriera brillante tra radio e televisione
Enzo Tortora nasce a Genova il 30 novembre 1928.
Durante gli anni universitari nella sua città natale, si avvicina al mondo dello spettacolo e collabora con Paolo Villaggio in alcune rappresentazioni teatrali.
Ma è a Roma che inizia la sua vera ascesa: a 23 anni entra in Rai e conduce il programma radiofonico Campanile d’oro.
Nel 1956 debutta in televisione al fianco di Silvana Pampanini nel programma Primo applauso.
Seguono Telematch e soprattutto Campanile sera con Mike Bongiorno, che lo consacra come conduttore amato dal pubblico.
In quella trasmissione cura i collegamenti con i paesi del Nord Italia, imparando a conoscere e raccontare la provincia, elemento che diventerà centrale nel suo modo di fare televisione.
Un contrasto con i dirigenti Rai lo porta in Svizzera, dove conduce Terzo Grado.
Rientrato in Italia, gli vengono affidati Il gambero e, dal 1965 al 1969, La domenica sportiva.
Enzo Tortora: Portobello e l’invenzione della “tv verità”
Dopo una parentesi nel mondo dell’emittenza privata, Tortora rientra in Rai nel 1977.
Conduce inizialmente Accendiamo la lampada con Raffaella Carrà, ma è Portobello a cambiare tutto.
Il programma, trasmesso in prima serata, raccoglie in media oltre 26 milioni di telespettatori.
Attraverso annunci, oggetti curiosi, animali smarriti e dibattiti tra gente comune, Portobello rivoluziona la televisione italiana.
È uno dei primi esempi di “tv verità”, con un coinvolgimento emotivo diretto tra conduttore, ospiti e pubblico.
Il dramma dell’arresto e la rinascita civile
Nel 1983, mentre conduce Italia parla con Pippo Baudo su Retequattro, la sua vita viene travolta.
Il 17 giugno viene arrestato con l’accusa infamante di associazione camorristica, basata sulle dichiarazioni di un pentito.
La sua immagine pubblica crolla.
Tortora affronta il processo con dignità, trasformando la sua vicenda in una battaglia per i diritti civili.
Nel 1984 viene eletto europarlamentare nelle liste dei Radicali, simbolo vivente delle storture della giustizia.
Dopo un lungo iter giudiziario, il 20 febbraio 1987, la Corte di Cassazione lo assolve definitivamente.
Tortora torna in televisione, ma è un uomo profondamente segnato: conduce una nuova edizione di Portobello e poi Giallo, ma non ha più la forza di un tempo.
La morte di “un uomo perbene”
Il 18 maggio 1988, Enzo Tortora muore nella sua casa di Milano, stroncato da un tumore.
Aveva 59 anni.
La sua vicenda personale è diventata il simbolo della malagiustizia italiana.
A Roma gli è stata intitolata la Biblioteca Enzo Tortora, e la compagna Francesca Scopelliti ha fondato la Fondazione per la Giustizia Enzo Tortora.
Nel 1999 esce il film Un uomo perbene, diretto da Maurizio Zaccaro e interpretato da Michele Placido, che racconta il suo calvario giudiziario.
La memoria viva nelle parole di una figlia
A tenere viva la memoria di Enzo Tortora è anche il coraggio di sua figlia, Gaia Tortora, giornalista e vicedirettrice del TG La7.
Nel libro “Testa alta, e avanti. In cerca di giustizia, storia della mia famiglia”, pubblicato nel 2022, Gaia ripercorre con dolore e lucidità la vicenda che ha travolto il padre e l’intera famiglia.
Attraverso pagine intense e personali, la figlia racconta non solo l’uomo pubblico distrutto da un errore giudiziario, ma anche il padre affettuoso, l’uomo riservato e spezzato nel profondo.
Il libro è un atto d’amore e insieme una denuncia, una riflessione sulla giustizia italiana e sul prezzo umano pagato da chi ne è vittima.
Un racconto che restituisce dignità, umanità e voce a chi per troppo tempo è stato lasciato solo nel silenzio di un’aula di tribunale.
Enzo Tortora resta, nella memoria collettiva, non solo un volto indimenticabile della televisione, ma soprattutto un uomo perbene, vittima di uno Stato che, in errore, ha colpito duramente, senza poi davvero chiedere scusa.
Laura Persico Pezzino