Epitaffi d’autore, Ernest Hemingway.

Epitaffi d’Autore, l’ultima parola prima della parola “fine”.
Alcuni se ne vanno in punta di piedi, altri improvvisamente, quasi con un “colpo di teatro”.
In questa rubrica, che abbiamo chiamato Epitaffi d’Autore, vogliamo dare “l’ultima parola” a coloro, noti e meno noti, che hanno saputo lasciare il segno… con una sola frase.
Epitaffi che fanno pensare e persino sorridere.
Perché anche la fine, se scritta bene, merita un applauso.
Ernest Hemingway: una vita tra guerra, scrittura e silenzio
Ernest Hemingway nasce nel 1899 a Oak Park, Illinois.
Scrittore, giornalista, premio Nobel per la Letteratura nel 1954, è considerato uno dei maestri della narrativa del Novecento.
Autore di romanzi immortali come Addio alle armi, Il vecchio e il mare e Per chi suona la campana, ha costruito uno stile asciutto, essenziale e profondamente umano.
La sua vita è segnata da passioni intense, viaggi, guerre e ferite — non solo fisiche.
Negli ultimi anni, combatte contro la depressione e una grave malattia mentale.
Muore il 2 luglio 1961, suicida, nella sua casa di Ketchum, in Idaho.
Un epitaffio immerso nella natura
Nei pressi della sua abitazione di Ketchum, lungo la Trail Creek Road, sorge un monumento commemorativo dedicato a Hemingway.
Su una pietra semplice, è incisa una frase poetica, tratta da un elogio funebre che lui stesso scrisse per un amico.
Una frase che oggi molti considerano il suo epitaffio ideale:
“Best of all, he loved the fall,
the leaves yellow on the cottonwoods,
leaves floating on trout streams,
and above the hills the high blue windless skies…
now he will be a part of them forever.”
“Più di ogni altra cosa, amava l’autunno,
le foglie gialle dei pioppi,
le foglie che galleggiano nei ruscelli delle trote,
e sopra le colline i cieli alti, blu, senza vento…
ora sarà parte di tutto questo per sempre.”
Un testamento in forma di poesia
Questo epitaffio non è inciso sulla tomba dello scrittore, ma su un memoriale poco distante, in un luogo caro a Hemingway.
Lontano dalla monumentalità e dalle frasi solenni, è un messaggio intimo, che parla di natura, silenzio, eternità.
Un epitaffio poetico, delicato, che non nomina né successi né dolori, solo foglie, ruscelli, cieli sereni.
Attraverso queste immagini, Hemingway sembra voler dissolvere sé stesso nel paesaggio che più ha amato.
Non c’è traccia di ego, né di clamore.
C’è solo la volontà di appartenere per sempre alla bellezza silenziosa del mondo naturale.
L’immagine di sé che ha voluto lasciare
Questo epitaffio svela molto del carattere di Ernest Hemingway.
Dietro l’immagine pubblica dell’uomo forte, del viaggiatore, del reporter di guerra, c’era una profonda fragilità.
E una sensibilità rara per la vita semplice, per la natura, per ciò che non ha bisogno di parole.
Hemingway ha voluto lasciare il mondo non con un grido, ma con un sussurro.
Come uno scrittore che si congeda dalla pagina lasciando l’ultima riga più bella.
Un epitaffio che invita alla quiete
Oggi, chi visita la cittadina di Ketchum può fermarsi davanti a quella pietra, leggere le sue parole, sentire il vento tra i rami e il rumore dell’acqua e capire che, forse, anche noi possiamo essere parte di tutto questo, proprio come lui.
Epitaffi d’Autore, l’ultima parola prima della parola “fine”.
Alcuni se ne vanno in punta di piedi, altri improvvisamente, quasi con un “colpo di teatro”.
In questa rubrica, che abbiamo chiamato Epitaffi d’Autore, vogliamo dare “l’ultima parola” a coloro, noti e meno noti, che hanno saputo lasciare il segno… con una sola frase.
Epitaffi che fanno pensare e persino sorridere.
Perché anche la fine, se scritta bene, merita un applauso.
Ernest Hemingway: una vita tra guerra, scrittura e silenzio
Ernest Hemingway nasce nel 1899 a Oak Park, Illinois.
Scrittore, giornalista, premio Nobel per la Letteratura nel 1954, è considerato uno dei maestri della narrativa del Novecento.
Autore di romanzi immortali come Addio alle armi, Il vecchio e il mare e Per chi suona la campana, ha costruito uno stile asciutto, essenziale e profondamente umano.
La sua vita è segnata da passioni intense, viaggi, guerre e ferite — non solo fisiche.
Negli ultimi anni, combatte contro la depressione e una grave malattia mentale.
Muore il 2 luglio 1961, suicida, nella sua casa di Ketchum, in Idaho.
Un epitaffio immerso nella natura
Nei pressi della sua abitazione di Ketchum, lungo la Trail Creek Road, sorge un monumento commemorativo dedicato a Hemingway.
Su una pietra semplice, è incisa una frase poetica, tratta da un elogio funebre che lui stesso scrisse per un amico.
Una frase che oggi molti considerano il suo epitaffio ideale:
“Best of all, he loved the fall,
the leaves yellow on the cottonwoods,
leaves floating on trout streams,
and above the hills the high blue windless skies…
now he will be a part of them forever.”
“Più di ogni altra cosa, amava l’autunno,
le foglie gialle dei pioppi,
le foglie che galleggiano nei ruscelli delle trote,
e sopra le colline i cieli alti, blu, senza vento…
ora sarà parte di tutto questo per sempre.”
Un testamento in forma di poesia
Questo epitaffio non è inciso sulla tomba dello scrittore, ma su un memoriale poco distante, in un luogo caro a Hemingway.
Lontano dalla monumentalità e dalle frasi solenni, è un messaggio intimo, che parla di natura, silenzio, eternità.
Un epitaffio poetico, delicato, che non nomina né successi né dolori, solo foglie, ruscelli, cieli sereni.
Attraverso queste immagini, Hemingway sembra voler dissolvere sé stesso nel paesaggio che più ha amato.
Non c’è traccia di ego, né di clamore.
C’è solo la volontà di appartenere per sempre alla bellezza silenziosa del mondo naturale.
L’immagine di sé che ha voluto lasciare
Questo epitaffio svela molto del carattere di Ernest Hemingway.
Dietro l’immagine pubblica dell’uomo forte, del viaggiatore, del reporter di guerra, c’era una profonda fragilità.
E una sensibilità rara per la vita semplice, per la natura, per ciò che non ha bisogno di parole.
Hemingway ha voluto lasciare il mondo non con un grido, ma con un sussurro.
Come uno scrittore che si congeda dalla pagina lasciando l’ultima riga più bella.
Un epitaffio che invita alla quiete
Oggi, chi visita la cittadina di Ketchum può fermarsi davanti a quella pietra, leggere le sue parole, sentire il vento tra i rami e il rumore dell’acqua e capire che, forse, anche noi possiamo essere parte di tutto questo, proprio come lui.


















































































