Cosa accade alla nostra coscienza dopo la morte secondo il buddhismo tibetano.

Cosa accade alla nostra coscienza dopo la morte.
Quando moriamo, il nostro corpo fisico ritorna alla natura.
La morte non è una fine, ma un passaggio inevitabile del ciclo dell’esistenza.
Così come un fiore cresce, sboccia e poi appassisce, lasciando spazio ai semi per germogliare ancora, anche la nostra coscienza continua il suo viaggio dopo la morte.
Nel buddhismo tibetano, questo viaggio prende il nome di bardo, una parola che significa “intervallo”.
Il bardo è lo stato intermedio tra una vita e l’altra, tra morte e rinascita.
Ma può anche riferirsi a ogni momento di transizione: un sogno, una vacanza, una malattia, un cambiamento radicale.
La coscienza dopo la morte: i sei bardo dell’esistenza
Secondo gli insegnamenti del Il libro tibetano dei morti per principianti di Lama Lhanang Rinpoche e Mordy Levine, l’esistenza umana è suddivisa in sei bardo, tre dei quali si riferiscono alla vita e tre alla morte.
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Il bardo della vita: è la nostra esperienza quotidiana, il tempo che trascorriamo su questa terra.
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Il bardo del sogno: è il tempo in cui la coscienza si esprime attraverso i sogni durante il sonno.
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Il bardo della meditazione: è il tempo in cui pratichiamo la consapevolezza profonda e accediamo alla nostra mente più pura.
Dopo la morte, si aprono altri tre bardo:
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Il bardo della morte: è il momento in cui il corpo si dissolve e resta solo la coscienza. Qui la mente diventa limpida e rivive tutte le azioni compiute.
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Il bardo della luminosità: è simile a uno stato onirico, in cui la coscienza sperimenta visioni di luci, dèi o demoni, proiezioni della propria mente.
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Il bardo del divenire: è la fase in cui la coscienza cerca un nuovo corpo, influenzata dal karma e dall’attaccamento a un’identità.
Il quinto bardo: tra sogno e rinascita
Nel quinto bardo, quello della luminosità, la coscienza può rimanere fino a 49 giorni.
È un’esperienza simile a un sogno: possiamo vivere momenti sereni o angoscianti, a seconda delle tendenze karmiche che ci accompagnano.
Tutto ciò che sperimentiamo in vita lascia una traccia.
Come i sogni sono influenzati dai nostri pensieri prima di dormire, anche l’esperienza del bardo riflette le emozioni e i desideri coltivati durante la vita.
Chi è pratico dello yoga del sogno può allenare la mente a gestire le proprie visioni anche dopo la morte, orientando la coscienza verso la luce e non verso l’illusione.
Vivere consapevolmente per morire meglio
La chiave per affrontare serenamente il bardo è vivere con consapevolezza.
Il karma che creiamo in ogni momento – attraverso pensieri, parole e azioni – si imprime nella coscienza e ci accompagna dopo la morte.
Ridurre l’attaccamento, accogliere l’impermanenza, coltivare gentilezza e compassione: tutto questo può alleggerire il nostro passaggio e predisporre una buona rinascita.
Ogni gesto conta. Ogni emozione lascia un segno.
La coscienza: cosa succede dopo la morte
Secondo il buddhismo tibetano – e oggi anche secondo alcune teorie scientifiche – la coscienza non si dissolve con il corpo.
Esistono migliaia di testimonianze di esperienze di premorte: visioni di luci intense, incontri con esseri spirituali, ricordi lucidi della propria vita.
Molti raccontano un profondo senso di pace, come se il ritorno alla coscienza pura fosse un sollievo.
Anche grandi maestri spirituali hanno parlato della permanenza della loro consapevolezza dopo la morte fisica, per giorni o settimane.
Queste esperienze ci invitano a guardare la morte non con terrore, ma come una porta aperta su un’altra fase dell’esistenza.
La nostra coscienza e un nuovo modo di intendere la morte
Il Libro tibetano dei morti per principianti ci ricorda che la morte è parte della vita.
Conoscere i bardo e comprendere la natura ciclica dell’esistenza ci aiuta a vivere meglio, e soprattutto a prepararci al momento del distacco.
Non è solo una visione spirituale.
È un invito concreto a riflettere sulla qualità delle nostre scelte e sul senso del nostro passaggio terreno.
Laura Persico Pezzino
(N.d.R.) Gli autori de Il Libro tibetano dei morti per principianti
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Lama Lhanang Rinpoche è un insegnante di buddhismo Vajrayāna, appartenente alla scuola Nyingma. Nato in Tibet, attualmente dirige il Jigme Lingpa Center a San Diego e insegna negli Stati Uniti e a livello internazionale.
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Mordy Levine è presidente del Jigme Lingpa Center e ideatore di Meditation Pro Series, che ha permesso di insegnare la meditazione a più di 250.000 persone.
Cosa accade alla nostra coscienza dopo la morte.
Quando moriamo, il nostro corpo fisico ritorna alla natura.
La morte non è una fine, ma un passaggio inevitabile del ciclo dell’esistenza.
Così come un fiore cresce, sboccia e poi appassisce, lasciando spazio ai semi per germogliare ancora, anche la nostra coscienza continua il suo viaggio dopo la morte.
Nel buddhismo tibetano, questo viaggio prende il nome di bardo, una parola che significa “intervallo”.
Il bardo è lo stato intermedio tra una vita e l’altra, tra morte e rinascita.
Ma può anche riferirsi a ogni momento di transizione: un sogno, una vacanza, una malattia, un cambiamento radicale.
La coscienza dopo la morte: i sei bardo dell’esistenza
Secondo gli insegnamenti del Il libro tibetano dei morti per principianti di Lama Lhanang Rinpoche e Mordy Levine, l’esistenza umana è suddivisa in sei bardo, tre dei quali si riferiscono alla vita e tre alla morte.
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Il bardo della vita: è la nostra esperienza quotidiana, il tempo che trascorriamo su questa terra.
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Il bardo del sogno: è il tempo in cui la coscienza si esprime attraverso i sogni durante il sonno.
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Il bardo della meditazione: è il tempo in cui pratichiamo la consapevolezza profonda e accediamo alla nostra mente più pura.
Dopo la morte, si aprono altri tre bardo:
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Il bardo della morte: è il momento in cui il corpo si dissolve e resta solo la coscienza. Qui la mente diventa limpida e rivive tutte le azioni compiute.
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Il bardo della luminosità: è simile a uno stato onirico, in cui la coscienza sperimenta visioni di luci, dèi o demoni, proiezioni della propria mente.
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Il bardo del divenire: è la fase in cui la coscienza cerca un nuovo corpo, influenzata dal karma e dall’attaccamento a un’identità.
Il quinto bardo: tra sogno e rinascita
Nel quinto bardo, quello della luminosità, la coscienza può rimanere fino a 49 giorni.
È un’esperienza simile a un sogno: possiamo vivere momenti sereni o angoscianti, a seconda delle tendenze karmiche che ci accompagnano.
Tutto ciò che sperimentiamo in vita lascia una traccia.
Come i sogni sono influenzati dai nostri pensieri prima di dormire, anche l’esperienza del bardo riflette le emozioni e i desideri coltivati durante la vita.
Chi è pratico dello yoga del sogno può allenare la mente a gestire le proprie visioni anche dopo la morte, orientando la coscienza verso la luce e non verso l’illusione.
Vivere consapevolmente per morire meglio
La chiave per affrontare serenamente il bardo è vivere con consapevolezza.
Il karma che creiamo in ogni momento – attraverso pensieri, parole e azioni – si imprime nella coscienza e ci accompagna dopo la morte.
Ridurre l’attaccamento, accogliere l’impermanenza, coltivare gentilezza e compassione: tutto questo può alleggerire il nostro passaggio e predisporre una buona rinascita.
Ogni gesto conta. Ogni emozione lascia un segno.
La coscienza: cosa succede dopo la morte
Secondo il buddhismo tibetano – e oggi anche secondo alcune teorie scientifiche – la coscienza non si dissolve con il corpo.
Esistono migliaia di testimonianze di esperienze di premorte: visioni di luci intense, incontri con esseri spirituali, ricordi lucidi della propria vita.
Molti raccontano un profondo senso di pace, come se il ritorno alla coscienza pura fosse un sollievo.
Anche grandi maestri spirituali hanno parlato della permanenza della loro consapevolezza dopo la morte fisica, per giorni o settimane.
Queste esperienze ci invitano a guardare la morte non con terrore, ma come una porta aperta su un’altra fase dell’esistenza.
La nostra coscienza e un nuovo modo di intendere la morte
Il Libro tibetano dei morti per principianti ci ricorda che la morte è parte della vita.
Conoscere i bardo e comprendere la natura ciclica dell’esistenza ci aiuta a vivere meglio, e soprattutto a prepararci al momento del distacco.
Non è solo una visione spirituale.
È un invito concreto a riflettere sulla qualità delle nostre scelte e sul senso del nostro passaggio terreno.
Laura Persico Pezzino
(N.d.R.) Gli autori de Il Libro tibetano dei morti per principianti
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Lama Lhanang Rinpoche è un insegnante di buddhismo Vajrayāna, appartenente alla scuola Nyingma. Nato in Tibet, attualmente dirige il Jigme Lingpa Center a San Diego e insegna negli Stati Uniti e a livello internazionale.
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Mordy Levine è presidente del Jigme Lingpa Center e ideatore di Meditation Pro Series, che ha permesso di insegnare la meditazione a più di 250.000 persone.