Epitaffi d’autore. Alberto Sordi, “Sor Marchese, è l’ora.”

Epitaffi d’Autore, l’ultima parola prima della parola fine.
Alcuni se ne vanno in punta di piedi, altri improvvisamente, quasi con un “colpo di teatro”.
In questa rubrica, che abbiamo chiamato Epitaffi d’Autore, vogliamo dare “l’ultima parola” a coloro, noti e meno noti, che hanno saputo lasciare il segno… con una sola frase.
Epitaffi che fanno pensare e persino sorridere.
Perché anche la fine, se scritta bene, merita un applauso.
Alberto Sordi, il romano per eccellenza
Alberto Sordi nasce a Roma il 15 giugno 1920.
È stato uno dei più grandi attori italiani del Novecento, maestro della commedia all’italiana e interprete di oltre 150 film.
Con la sua voce, il suo volto e il suo stile inconfondibile ha raccontato i vizi, le speranze e le contraddizioni dell’italiano medio, sempre con intelligenza e profondità.
Muore nella sua casa romana il 24 febbraio 2003, all’età di 82 anni, dopo una lunga malattia.
La sua scomparsa commuove l’Italia intera.
Riposa nel cimitero del Verano, accanto ai genitori, come aveva desiderato.
“Sor Marchese, è l’ora.” L’ultima battuta, tra scena e realtà
L’epitaffio inciso sulla tomba di Alberto Sordi è breve, teatrale e perfettamente coerente con la sua carriera.
“Sor Marchese, è l’ora” è una frase che richiama lo stile del teatro, il momento in cui il sipario cala e si chiude la scena.
Un messaggio sussurrato con discrezione, con quella cifra di eleganza sobria che ha sempre caratterizzato l’attore romano.
È l’ultimo avviso al “signore” che tutti abbiamo dentro, al personaggio e alla persona, che la rappresentazione è finita.
Chiari i richiami teatrali, ma anche cinematografici: Sordi ha recitato tutta la vita come se fosse su un palcoscenico eterno, regalando ruoli indimenticabili che ancora oggi fanno riflettere e sorridere.
L’uomo dietro il mito
Alberto Sordi è sempre rimasto legato alla sua città e ai suoi valori.
Non si è mai sposato, ha vissuto tutta la vita con sobrietà e dedizione al lavoro.
Molti lo ricordano come riservato, quasi schivo, ma capace di donare umanità anche nei suoi silenzi.
Il suo epitaffio riflette questa discrezione.
Solo una frase semplice e potente, come una battuta teatrale pronunciata dietro le quinte.
È come se dicesse: “Ora potete andare, grazie per avermi seguito fin qui.”
La scena si chiude, ma il ricordo resta
La scelta di questo epitaffio è perfetta per un artista che ha dedicato la sua esistenza alla recitazione e alla narrazione della società italiana.
“Sor Marchese, è l’ora” è una formula elegante, quasi fuori dal tempo, che conserva un sorriso e un inchino.
Chi si ferma davanti alla sua tomba al Verano lo percepisce: quel luogo non è solo il riposo di un attore, ma il punto di arrivo di un uomo che ha saputo rappresentare, amare e prendere in giro con affetto il suo Paese.
E anche adesso, quando è davvero l’ora, Alberto Sordi continua a parlare con il suo pubblico.
Epitaffi d’Autore, l’ultima parola prima della parola fine.
Alcuni se ne vanno in punta di piedi, altri improvvisamente, quasi con un “colpo di teatro”.
In questa rubrica, che abbiamo chiamato Epitaffi d’Autore, vogliamo dare “l’ultima parola” a coloro, noti e meno noti, che hanno saputo lasciare il segno… con una sola frase.
Epitaffi che fanno pensare e persino sorridere.
Perché anche la fine, se scritta bene, merita un applauso.
Alberto Sordi, il romano per eccellenza
Alberto Sordi nasce a Roma il 15 giugno 1920.
È stato uno dei più grandi attori italiani del Novecento, maestro della commedia all’italiana e interprete di oltre 150 film.
Con la sua voce, il suo volto e il suo stile inconfondibile ha raccontato i vizi, le speranze e le contraddizioni dell’italiano medio, sempre con intelligenza e profondità.
Muore nella sua casa romana il 24 febbraio 2003, all’età di 82 anni, dopo una lunga malattia.
La sua scomparsa commuove l’Italia intera.
Riposa nel cimitero del Verano, accanto ai genitori, come aveva desiderato.
“Sor Marchese, è l’ora.” L’ultima battuta, tra scena e realtà
L’epitaffio inciso sulla tomba di Alberto Sordi è breve, teatrale e perfettamente coerente con la sua carriera.
“Sor Marchese, è l’ora” è una frase che richiama lo stile del teatro, il momento in cui il sipario cala e si chiude la scena.
Un messaggio sussurrato con discrezione, con quella cifra di eleganza sobria che ha sempre caratterizzato l’attore romano.
È l’ultimo avviso al “signore” che tutti abbiamo dentro, al personaggio e alla persona, che la rappresentazione è finita.
Chiari i richiami teatrali, ma anche cinematografici: Sordi ha recitato tutta la vita come se fosse su un palcoscenico eterno, regalando ruoli indimenticabili che ancora oggi fanno riflettere e sorridere.
L’uomo dietro il mito
Alberto Sordi è sempre rimasto legato alla sua città e ai suoi valori.
Non si è mai sposato, ha vissuto tutta la vita con sobrietà e dedizione al lavoro.
Molti lo ricordano come riservato, quasi schivo, ma capace di donare umanità anche nei suoi silenzi.
Il suo epitaffio riflette questa discrezione.
Solo una frase semplice e potente, come una battuta teatrale pronunciata dietro le quinte.
È come se dicesse: “Ora potete andare, grazie per avermi seguito fin qui.”
La scena si chiude, ma il ricordo resta
La scelta di questo epitaffio è perfetta per un artista che ha dedicato la sua esistenza alla recitazione e alla narrazione della società italiana.
“Sor Marchese, è l’ora” è una formula elegante, quasi fuori dal tempo, che conserva un sorriso e un inchino.
Chi si ferma davanti alla sua tomba al Verano lo percepisce: quel luogo non è solo il riposo di un attore, ma il punto di arrivo di un uomo che ha saputo rappresentare, amare e prendere in giro con affetto il suo Paese.
E anche adesso, quando è davvero l’ora, Alberto Sordi continua a parlare con il suo pubblico.