Epitaffi d’autore. Aldo Fabrizi, “Fu tolto al mondo troppo al dente”.

Epitaffi d’Autore, l’ultima parola prima della parola “fine”.
Alcuni se ne vanno in punta di piedi, altri improvvisamente, quasi con un “colpo di teatro”.
In questa rubrica, che abbiamo chiamato Epitaffi d’Autore, vogliamo dare “l’ultima parola” a coloro, noti e meno noti, che hanno saputo lasciare il segno… con una sola frase.
Epitaffi che fanno pensare e persino sorridere.
Perché anche la fine, se scritta bene, merita un applauso.
Aldo Fabrizi, il volto autentico di Roma
Aldo Fabrizi nasce a Roma il 1º novembre 1905, nel cuore della capitale.
È uno degli interpreti più amati della scena italiana del Novecento.
Attore, regista, sceneggiatore e poeta in dialetto romanesco, ha saputo raccontare come pochi altri la vita quotidiana del popolo romano.
Diventa celebre grazie ai suoi ruoli sia comici sia drammatici, tra cui quello indimenticabile di Don Pietro in Roma città aperta di Roberto Rossellini.
Con il suo accento inconfondibile e il fisico imponente, ha incarnato l’anima della romanità genuina, fatta di cuore, ironia e malinconia.
Muore il 2 aprile 1990 a Roma, all’età di 84 anni.
Riposa al Cimitero del Verano, dove ancora oggi il suo epitaffio strappa un sorriso a chi si ferma davanti alla sua tomba.
“Fu tolto al mondo troppo al dente.” Un epitaffio tra umorismo e poesia
L’epitaffio scelto per Aldo Fabrizi non è una frase improvvisata.
È tratto da un suo sonetto intitolato Er mortorio, in cui immaginava il proprio funerale trasformato in una vera festa popolare, ricca di profumi, sapori e risate.
VP
Ecco il testo completo del sonetto:
Er mortorio di Aldo Fabrizi
Appresso ar mio num vojo visi affritti,
e pe’ fa’ ride pure a ‘st’occasione
farò un mortorio con consumazione,
in modo che chi venga n’approfitti.
Pe’ incenso, vojo odore de soffritti,
‘gni cannela dev’esse un cannellone,
li nastri – sfoje all’ovo e le corone
fatte de fiori de cocuzza fritti.
Li cuscini timballi de lasagne,
da offrì ar momento de la sepportura
a tutti quelli che “sapranno” piagne.
E su la tomba mia, tutta la gente
ce leggerà ‘sta sola dicitura:
“Tolto da questo mondo troppo al dente.”
Fabrizi e l’arte di sdrammatizzare
Attraverso questo sonetto, Aldo Fabrizi ha voluto esorcizzare la paura della morte con la stessa ironia che ha permeato tutta la sua carriera.
Il funerale diventa un’occasione di convivialità, profumata di soffritti e cannelloni, dove piangere è concesso solo se accompagnato da un sorriso.
Anche nell’ultimo saluto, è rimasto fedele a sé stesso.
Non ha scelto parole solenni o lacrimevoli.
Ha voluto invece che il suo ricordo fosse un invito alla leggerezza, all’allegria, alla celebrazione della vita nei suoi aspetti più semplici e veri.
VP
Epitaffi d’Autore, l’ultima parola prima della parola “fine”.
Alcuni se ne vanno in punta di piedi, altri improvvisamente, quasi con un “colpo di teatro”.
In questa rubrica, che abbiamo chiamato Epitaffi d’Autore, vogliamo dare “l’ultima parola” a coloro, noti e meno noti, che hanno saputo lasciare il segno… con una sola frase.
Epitaffi che fanno pensare e persino sorridere.
Perché anche la fine, se scritta bene, merita un applauso.
Aldo Fabrizi, il volto autentico di Roma
Aldo Fabrizi nasce a Roma il 1º novembre 1905, nel cuore della capitale.
È uno degli interpreti più amati della scena italiana del Novecento.
Attore, regista, sceneggiatore e poeta in dialetto romanesco, ha saputo raccontare come pochi altri la vita quotidiana del popolo romano.
Diventa celebre grazie ai suoi ruoli sia comici sia drammatici, tra cui quello indimenticabile di Don Pietro in Roma città aperta di Roberto Rossellini.
Con il suo accento inconfondibile e il fisico imponente, ha incarnato l’anima della romanità genuina, fatta di cuore, ironia e malinconia.
Muore il 2 aprile 1990 a Roma, all’età di 84 anni.
Riposa al Cimitero del Verano, dove ancora oggi il suo epitaffio strappa un sorriso a chi si ferma davanti alla sua tomba.
“Fu tolto al mondo troppo al dente.” Un epitaffio tra umorismo e poesia
L’epitaffio scelto per Aldo Fabrizi non è una frase improvvisata.
È tratto da un suo sonetto intitolato Er mortorio, in cui immaginava il proprio funerale trasformato in una vera festa popolare, ricca di profumi, sapori e risate.
VP
Ecco il testo completo del sonetto:
Er mortorio di Aldo Fabrizi
Appresso ar mio num vojo visi affritti,
e pe’ fa’ ride pure a ‘st’occasione
farò un mortorio con consumazione,
in modo che chi venga n’approfitti.
Pe’ incenso, vojo odore de soffritti,
‘gni cannela dev’esse un cannellone,
li nastri – sfoje all’ovo e le corone
fatte de fiori de cocuzza fritti.
Li cuscini timballi de lasagne,
da offrì ar momento de la sepportura
a tutti quelli che “sapranno” piagne.
E su la tomba mia, tutta la gente
ce leggerà ‘sta sola dicitura:
“Tolto da questo mondo troppo al dente.”
Fabrizi e l’arte di sdrammatizzare
Attraverso questo sonetto, Aldo Fabrizi ha voluto esorcizzare la paura della morte con la stessa ironia che ha permeato tutta la sua carriera.
Il funerale diventa un’occasione di convivialità, profumata di soffritti e cannelloni, dove piangere è concesso solo se accompagnato da un sorriso.
Anche nell’ultimo saluto, è rimasto fedele a sé stesso.
Non ha scelto parole solenni o lacrimevoli.
Ha voluto invece che il suo ricordo fosse un invito alla leggerezza, all’allegria, alla celebrazione della vita nei suoi aspetti più semplici e veri.
VP