Epitaffi d’autore, Marcel Duchamp.

Epitaffi d’autore, Marcel Duchamp.
Epitaffi d’Autore, l’ultima parola prima della parola “fine”.
Alcuni se ne vanno in punta di piedi, altri improvvisamente, quasi con un “colpo di teatro”.
In questa rubrica, che abbiamo chiamato Epitaffi d’Autore, vogliamo dare “l’ultima parola” a coloro, noti e meno noti, che hanno saputo lasciare il segno… con una sola frase.
Epitaffi che fanno pensare e persino sorridere.
Perché anche la fine, se scritta bene, merita un applauso.
Marcel Duchamp, un rivoluzionario dell’arte
Marcel Duchamp nasce nel 1887 a Blainville-Crevon, in Francia.
Il suo nome resta legato al Dadaismo e al Surrealismo, ma soprattutto alla capacità di scardinare i concetti tradizionali di opera d’arte.
Con i suoi “ready-made”, come l’orinatoio intitolato “Fountain”, ha cambiato per sempre la percezione dell’arte contemporanea.
Duchamp muore nel 1968 a Neuilly-sur-Seine, lasciando dietro di sé un’eredità fatta di provocazioni, intuizioni e nuove prospettive.
L’epitaffio
Sulla sua tomba, nel cimitero di Rouen, è inciso:
«D’ailleurs, c’est toujours les autres qui meurent»
«Del resto, sono sempre gli altri a morire»

L’iscrizione è una sintesi perfetta dell’umorismo tagliente e dell’ironia filosofica di Duchamp.
La frase gioca con la distanza tra vita e morte, quasi a dire che il decesso è qualcosa che riguarda sempre “gli altri”.
Per chi resta in vita, infatti, la morte rimane un evento esterno, uno spettacolo osservato dall’esterno.
Con questa battuta, Duchamp mantiene fino all’ultimo il ruolo di dissacratore delle convenzioni, anche di quelle legate al lutto.
Il tono non è tragico né solenne, ma beffardo.
Duchamp sembra minimizzare l’evento della propria fine, ricordando che la coscienza individuale non conosce la morte in prima persona.
È un’ultima lezione di leggerezza: la vita continua, e la morte è sempre percepita come qualcosa che riguarda qualcun altro.
Una firma coerente con la sua arte
Questo epitaffio riflette l’attitudine di Duchamp a sorprendere, a ribaltare i punti di vista, a svelare l’assurdo dietro le certezze.
Non un epitaffio triste, ma una battuta che lascia chi legge con un sorriso amaro e con la sensazione di un gioco intellettuale che prosegue oltre la vita.
Come accadeva nelle sue opere, Duchamp non offre risposte definitive ma apre spazi di riflessione.
Anche davanti alla propria morte, sceglie di stupire e di spiazzare, regalando un epitaffio che rimane inciso nella memoria di chi lo visita.
Epitaffi d’autore, Marcel Duchamp.
Epitaffi d’Autore, l’ultima parola prima della parola “fine”.
Alcuni se ne vanno in punta di piedi, altri improvvisamente, quasi con un “colpo di teatro”.
In questa rubrica, che abbiamo chiamato Epitaffi d’Autore, vogliamo dare “l’ultima parola” a coloro, noti e meno noti, che hanno saputo lasciare il segno… con una sola frase.
Epitaffi che fanno pensare e persino sorridere.
Perché anche la fine, se scritta bene, merita un applauso.
Marcel Duchamp, un rivoluzionario dell’arte
Marcel Duchamp nasce nel 1887 a Blainville-Crevon, in Francia.
Il suo nome resta legato al Dadaismo e al Surrealismo, ma soprattutto alla capacità di scardinare i concetti tradizionali di opera d’arte.
Con i suoi “ready-made”, come l’orinatoio intitolato “Fountain”, ha cambiato per sempre la percezione dell’arte contemporanea.
Duchamp muore nel 1968 a Neuilly-sur-Seine, lasciando dietro di sé un’eredità fatta di provocazioni, intuizioni e nuove prospettive.
L’epitaffio
Sulla sua tomba, nel cimitero di Rouen, è inciso:
«D’ailleurs, c’est toujours les autres qui meurent»
«Del resto, sono sempre gli altri a morire»

L’iscrizione è una sintesi perfetta dell’umorismo tagliente e dell’ironia filosofica di Duchamp.
La frase gioca con la distanza tra vita e morte, quasi a dire che il decesso è qualcosa che riguarda sempre “gli altri”.
Per chi resta in vita, infatti, la morte rimane un evento esterno, uno spettacolo osservato dall’esterno.
Con questa battuta, Duchamp mantiene fino all’ultimo il ruolo di dissacratore delle convenzioni, anche di quelle legate al lutto.
Il tono non è tragico né solenne, ma beffardo.
Duchamp sembra minimizzare l’evento della propria fine, ricordando che la coscienza individuale non conosce la morte in prima persona.
È un’ultima lezione di leggerezza: la vita continua, e la morte è sempre percepita come qualcosa che riguarda qualcun altro.
Una firma coerente con la sua arte
Questo epitaffio riflette l’attitudine di Duchamp a sorprendere, a ribaltare i punti di vista, a svelare l’assurdo dietro le certezze.
Non un epitaffio triste, ma una battuta che lascia chi legge con un sorriso amaro e con la sensazione di un gioco intellettuale che prosegue oltre la vita.
Come accadeva nelle sue opere, Duchamp non offre risposte definitive ma apre spazi di riflessione.
Anche davanti alla propria morte, sceglie di stupire e di spiazzare, regalando un epitaffio che rimane inciso nella memoria di chi lo visita.


















































































