Epitaffi d’autore. Vittorio Gassman, “Non fu mai impallato.”

Epitaffi d’Autore, l’ultima parola prima della parola “fine”.
Alcuni se ne vanno in punta di piedi, altri improvvisamente, quasi con un “colpo di teatro”.
In questa rubrica, che abbiamo chiamato Epitaffi d’Autore, vogliamo dare “l’ultima parola” a coloro, noti e meno noti, che hanno saputo lasciare il segno… con una sola frase.
Epitaffi che fanno pensare e persino sorridere.
Perché anche la fine, se scritta bene, merita un applauso.
Vittorio Gassman, il “Mattatore” del cinema e del teatro italiano
Vittorio Gassman nasce a Genova il 1° settembre 1922.
Diventa uno degli attori e registi più amati e rispettati del panorama italiano.
Soprannominato il “Mattatore”, lascia un segno indelebile nel cinema, nel teatro e nella cultura del Novecento.
Protagonista di capolavori come I soliti ignoti, Il sorpasso e Profumo di donna, è anche un grande interprete dei classici, da Shakespeare a Molière.
Muore a Roma il 29 giugno 2000.
Riposa al Cimitero del Verano.
La sua tomba è semplice: una lapide di marmo bianco, con una foto che lo ritrae con lo sguardo intenso e ironico.
Ed è proprio l’epitaffio a colpire il visitatore.
L’epitaffio: “Non fu mai impallato.”
L’epitaffio di Vittorio Gassman è tra i più originali e sorprendenti del panorama artistico.
Un’espressione volutamente ironica e tecnica.
“Essere impallato”, nel gergo cinematografico, significa trovarsi fuori campo, coperto, invisibile all’occhio della macchina da presa.
Con questa frase, Gassman afferma di essere sempre stato presente, esposto, visibile.
Sul palco e nella vita.
Non si è mai nascosto.
Non si è mai sottratto allo sguardo del pubblico.
Ha sempre avuto il coraggio di mettersi in gioco, con i suoi talenti e le sue fragilità.
La scelta di Vitttorio Gassman
A rivelare questo epitaffio fu lo stesso Gassman in un’intervista a Corrado Augias, pubblicata su la Repubblica nel 1989.
In quell’occasione, rifletteva sulla sua vita e sulla paura della vecchiaia e della morte.
Ma lo faceva con il suo inconfondibile spirito autoironico.
“Non fu mai impallato” è quindi una dichiarazione d’intenti.
Una sintesi perfetta del suo essere artista.
Capace di esporsi, sempre.
Fino all’ultimo.
Epitaffi d’Autore, l’ultima parola prima della parola “fine”.
Alcuni se ne vanno in punta di piedi, altri improvvisamente, quasi con un “colpo di teatro”.
In questa rubrica, che abbiamo chiamato Epitaffi d’Autore, vogliamo dare “l’ultima parola” a coloro, noti e meno noti, che hanno saputo lasciare il segno… con una sola frase.
Epitaffi che fanno pensare e persino sorridere.
Perché anche la fine, se scritta bene, merita un applauso.
Vittorio Gassman, il “Mattatore” del cinema e del teatro italiano
Vittorio Gassman nasce a Genova il 1° settembre 1922.
Diventa uno degli attori e registi più amati e rispettati del panorama italiano.
Soprannominato il “Mattatore”, lascia un segno indelebile nel cinema, nel teatro e nella cultura del Novecento.
Protagonista di capolavori come I soliti ignoti, Il sorpasso e Profumo di donna, è anche un grande interprete dei classici, da Shakespeare a Molière.
Muore a Roma il 29 giugno 2000.
Riposa al Cimitero del Verano.
La sua tomba è semplice: una lapide di marmo bianco, con una foto che lo ritrae con lo sguardo intenso e ironico.
Ed è proprio l’epitaffio a colpire il visitatore.
L’epitaffio: “Non fu mai impallato.”
L’epitaffio di Vittorio Gassman è tra i più originali e sorprendenti del panorama artistico.
Un’espressione volutamente ironica e tecnica.
“Essere impallato”, nel gergo cinematografico, significa trovarsi fuori campo, coperto, invisibile all’occhio della macchina da presa.
Con questa frase, Gassman afferma di essere sempre stato presente, esposto, visibile.
Sul palco e nella vita.
Non si è mai nascosto.
Non si è mai sottratto allo sguardo del pubblico.
Ha sempre avuto il coraggio di mettersi in gioco, con i suoi talenti e le sue fragilità.
La scelta di Vitttorio Gassman
A rivelare questo epitaffio fu lo stesso Gassman in un’intervista a Corrado Augias, pubblicata su la Repubblica nel 1989.
In quell’occasione, rifletteva sulla sua vita e sulla paura della vecchiaia e della morte.
Ma lo faceva con il suo inconfondibile spirito autoironico.
“Non fu mai impallato” è quindi una dichiarazione d’intenti.
Una sintesi perfetta del suo essere artista.
Capace di esporsi, sempre.
Fino all’ultimo.