Famadihana: la danza dei morti in Madagascar, dove la memoria è festa.

Famadihana: la danza dei morti. C’è un’isola nell’Oceano Indiano dove la morte non è silenzio, ma musica.
Dove i defunti non sono dimenticati, ma fatti danzare, ancora una volta, insieme a coloro che non hanno mai smesso di amarli, sotto il sole. Siamo in Madagascar, e quello che accade qui si chiama Famadihana: il rito dell’amore eterno, il ritorno degli antenati.
È un nome che potrebbe confondere. Perché qui non si piange in silenzio. Si canta, si balla, si ride e si piange insieme.
È un rito che spezza la distanza tra chi resta e chi è andato. Un gesto di amore così potente che sfida il tempo, la morte, il dolore.
Famadihana: si danza con i propri cari, anche se non sono più in vita.
È un rito che spezza la distanza tra chi resta e chi è andato. Un gesto di amore così potente che sfida il tempo, la morte, il dolore.
Ogni sette o dieci anni, le famiglie si riuniscono tutte insieme per aprire i sepolcri non con paura, ma con dolcezza.
Avvolgono i resti dei loro cari in sudari nuovi, aggiungendo oli e profumi, stringendoli come si farebbe con qualcuno che si è atteso a lungo.
I defunti vengono sollevati, con l’aiuto anche dei più piccoli, portati in processione e fatti danzare.
Un giro intorno alla tomba, poi un altro ancora.
Le famiglie si ritrovano a celebrare e onorare le vite dei loro cari
I più piccoli hanno la possibilità di instaurare fin da subito un legame positivo con la morte, imparando e toccando con mano le varie sfumature che presenta l’amore.
Durante la festa canta per chi non c’è più, come si canterebbe a un amico che torna da lontano. Perché, in fondo, è proprio questo: un ritorno. Un modo per riportare i morti tra i vivi.
Non è solo una rituale commemorativo, ma una lezione importante che le generazioni hanno modo di condividere insieme. Un modo per non dimenticare chi ci ha dato la vita, chi ci ha amati quando eravamo bambini, chi ci ha lasciato in eredità una storia, un nome, un sorriso.
Il Famadihana non è sempre facile da comprendere per chi viene da lontano. A volte è criticato, giudicato, ostacolato. Ma per chi lo vive, è qualcosa di sacro. È il modo più profondo per dire a un padre, a una madre, a un figlio: “Ci sei ancora. E ci sarai per sempre.”
Perché quando si ama davvero, non si smette mai di danzare con chi abbiamo amato. Anche se non lo vediamo più.
Sitografia:
https://turistipercaso.it/news/in-madagascar-si-balla-con-i-morti-ecco-lincredibile-tradizione-del-famadihana.html
https://fiaf.net/agoradicult/2020/11/01/famadihana-di-giulio-brega-voltare-le-ossa/
*Martina Cordioli
*Clicca qui per scoprire l’autrice di questo articolo
Famadihana: la danza dei morti. C’è un’isola nell’Oceano Indiano dove la morte non è silenzio, ma musica.
Dove i defunti non sono dimenticati, ma fatti danzare, ancora una volta, insieme a coloro che non hanno mai smesso di amarli, sotto il sole. Siamo in Madagascar, e quello che accade qui si chiama Famadihana: il rito dell’amore eterno, il ritorno degli antenati.
È un nome che potrebbe confondere. Perché qui non si piange in silenzio. Si canta, si balla, si ride e si piange insieme.
È un rito che spezza la distanza tra chi resta e chi è andato. Un gesto di amore così potente che sfida il tempo, la morte, il dolore.
Famadihana: si danza con i propri cari, anche se non sono più in vita.
È un rito che spezza la distanza tra chi resta e chi è andato. Un gesto di amore così potente che sfida il tempo, la morte, il dolore.
Ogni sette o dieci anni, le famiglie si riuniscono tutte insieme per aprire i sepolcri non con paura, ma con dolcezza.
Avvolgono i resti dei loro cari in sudari nuovi, aggiungendo oli e profumi, stringendoli come si farebbe con qualcuno che si è atteso a lungo.
I defunti vengono sollevati, con l’aiuto anche dei più piccoli, portati in processione e fatti danzare.
Un giro intorno alla tomba, poi un altro ancora.
Le famiglie si ritrovano a celebrare e onorare le vite dei loro cari
I più piccoli hanno la possibilità di instaurare fin da subito un legame positivo con la morte, imparando e toccando con mano le varie sfumature che presenta l’amore.
Durante la festa canta per chi non c’è più, come si canterebbe a un amico che torna da lontano. Perché, in fondo, è proprio questo: un ritorno. Un modo per riportare i morti tra i vivi.
Non è solo una rituale commemorativo, ma una lezione importante che le generazioni hanno modo di condividere insieme. Un modo per non dimenticare chi ci ha dato la vita, chi ci ha amati quando eravamo bambini, chi ci ha lasciato in eredità una storia, un nome, un sorriso.
Il Famadihana non è sempre facile da comprendere per chi viene da lontano. A volte è criticato, giudicato, ostacolato. Ma per chi lo vive, è qualcosa di sacro. È il modo più profondo per dire a un padre, a una madre, a un figlio: “Ci sei ancora. E ci sarai per sempre.”
Perché quando si ama davvero, non si smette mai di danzare con chi abbiamo amato. Anche se non lo vediamo più.
Sitografia:
https://turistipercaso.it/news/in-madagascar-si-balla-con-i-morti-ecco-lincredibile-tradizione-del-famadihana.html
https://fiaf.net/agoradicult/2020/11/01/famadihana-di-giulio-brega-voltare-le-ossa/
*Martina Cordioli
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