James Senese è morto. Addio al sax di lingua napoletana.

Un triste risveglio oggi per il mondo della musica, per Napoli e per tutti noi che abbiamo l’anima “nero a metà”.
James Senese è morto all’Ospedale Cardarelli, stroncato da una polmonite che ha aggravato un quadro clinico già compromesso.
Aveva 80 anni.
Chi lo ha ascoltato almeno una volta, sa che James e la sua musica restano impressi nella roccia lavica del Vesuvio.
Il suo sax parlava napoletano: vibrante, graffiato, passionale.
Era tufo e mare, lava e vento.
Non è solo un artista che se ne va.
È Napoli stessa che perde un pezzo di sé.
Perché James non era solo un musicista, ma un simbolo di identità.
Impulsivo come la sua città, incoerente solo con le mode, mai con sé stesso.
Le radici e la doppia appartenenza
Nato Gaetano Senese il 6 gennaio 1945 a Miano, da madre napoletana e padre afroamericano del North Carolina, James porta fin da bambino il peso e l’orgoglio di due mondi.
Figlio di un amore nato tra le macerie della guerra, incarna la storia di una Napoli che si apre al mondo, ma non sempre lo comprende.
È il “nero a metà” per eccellenza, l’espressione resa celebre da Pino Daniele nel 1980.
La Napoli meticcia e ribelle trova in lui la sua voce più autentica.
«So’ figlio d’a guerra», amava ripetere.
Cresce tra le strade di Miano, imparando presto a farsi rispettare.
Il sax diventa la sua arma e il suo grido.
Fu il nonno a dirgli: «Jè, nun dà retta. Tu sì speciale».
E speciale lo è stato davvero.
Dagli Showmen ai Napoli Centrale: la rivoluzione del suono

James Senese segna la storia della musica italiana.
Prima con gli Showmen, insieme agli amici Mario Musella e Franco Del Prete.
Poi con i Napoli Centrale, gruppo culto che unisce jazz, funk, blues e dialetto partenopeo.
La sua musica è rabbiosa e spirituale, ribelle e accogliente. «Con i Napoli Centrale abbiamo dato voce a chi non l’aveva», raccontava.
Nel 1981, l’anima di James Senese incontra quella di Pino Daniele ed è la magia.
Nasce il Neapolitan Power, un urlo di libertà che fonde orgoglio, identità e ritmo.
Da quel momento la lingua napoletana diventa poesia universale.
Il sodalizio d’arte, di anima e di amicizia tra James Senese e Pino Daniele non si interromperà mai. Neanche con la morte.

Un linguaggio unico, tra Coltrane e il Vesuvio
James Senese non si è mai svenduto. «Ho sempre cercato un mio linguaggio», affermava.
E lo ha trovato: un suono ruvido e poetico, intriso di sangue e mare.
Ha collaborato con giganti come Gil Evans, Ornette Coleman, l’Art Ensemble of Chicago e persino James Brown, che volle incontrarlo all’Apollo Theater nel 1997.
Studiava Coltrane, ma restava irriducibilmente sé stesso. Il suo sax ha raccontato storie di passione e dolore come nessun altro al mondo.
Il testamento di un uomo libero
Nel suo ultimo album, Stiamo cercando il mondo, canta:
«America è vecchia, Milano è luntana / sanghe perduto e ‘na terra fernuta».
Parole che oggi suonano come un testamento.
James suonava per la gente, ma non per compiacerla.
Era un artista libero, coerente, fedele alla propria verità.
All’alba di oggi per primo sui suoi social Enzo Avitabile ha dato notizia della morte dell’ amico James.
Il cordoglio unanime rimbomba sui media e sui social.
«Parlo attraverso il mio sax e la mia musica» diceva con quel graffiato inconfondibile che era la sua voce.
E ti abbiamo ascoltato James e continueremo a farlo.
Oggi il tuo sax è silenzioso, ma ne abbiamo traccia nei vicoli Napoli come nelle strade del mondo.
«Io so’ nato a Miano, ma suono a metà strada tra Napoli e il Bronx». Sappiamo che continuerai a suonare lì, per sempre.
Qui potete ascoltare la sublime versione di James Senese di un classico della Canzone Napoletana “Passione” un brano scritto nel 1934 da Libero Bovio, autore di altre pietre miliari della musica napoletana.
Laura Persico Pezzino
Un triste risveglio oggi per il mondo della musica, per Napoli e per tutti noi che abbiamo l’anima “nero a metà”.
James Senese è morto all’Ospedale Cardarelli, stroncato da una polmonite che ha aggravato un quadro clinico già compromesso.
Aveva 80 anni.
Chi lo ha ascoltato almeno una volta, sa che James e la sua musica restano impressi nella roccia lavica del Vesuvio.
Il suo sax parlava napoletano: vibrante, graffiato, passionale.
Era tufo e mare, lava e vento.
Non è solo un artista che se ne va.
È Napoli stessa che perde un pezzo di sé.
Perché James non era solo un musicista, ma un simbolo di identità.
Impulsivo come la sua città, incoerente solo con le mode, mai con sé stesso.
Le radici e la doppia appartenenza
Nato Gaetano Senese il 6 gennaio 1945 a Miano, da madre napoletana e padre afroamericano del North Carolina, James porta fin da bambino il peso e l’orgoglio di due mondi.
Figlio di un amore nato tra le macerie della guerra, incarna la storia di una Napoli che si apre al mondo, ma non sempre lo comprende.
È il “nero a metà” per eccellenza, l’espressione resa celebre da Pino Daniele nel 1980.
La Napoli meticcia e ribelle trova in lui la sua voce più autentica.
«So’ figlio d’a guerra», amava ripetere.
Cresce tra le strade di Miano, imparando presto a farsi rispettare.
Il sax diventa la sua arma e il suo grido.
Fu il nonno a dirgli: «Jè, nun dà retta. Tu sì speciale».
E speciale lo è stato davvero.
Dagli Showmen ai Napoli Centrale: la rivoluzione del suono

James Senese segna la storia della musica italiana.
Prima con gli Showmen, insieme agli amici Mario Musella e Franco Del Prete.
Poi con i Napoli Centrale, gruppo culto che unisce jazz, funk, blues e dialetto partenopeo.
La sua musica è rabbiosa e spirituale, ribelle e accogliente. «Con i Napoli Centrale abbiamo dato voce a chi non l’aveva», raccontava.
Nel 1981, l’anima di James Senese incontra quella di Pino Daniele ed è la magia.
Nasce il Neapolitan Power, un urlo di libertà che fonde orgoglio, identità e ritmo.
Da quel momento la lingua napoletana diventa poesia universale.
Il sodalizio d’arte, di anima e di amicizia tra James Senese e Pino Daniele non si interromperà mai. Neanche con la morte.

Un linguaggio unico, tra Coltrane e il Vesuvio
James Senese non si è mai svenduto. «Ho sempre cercato un mio linguaggio», affermava.
E lo ha trovato: un suono ruvido e poetico, intriso di sangue e mare.
Ha collaborato con giganti come Gil Evans, Ornette Coleman, l’Art Ensemble of Chicago e persino James Brown, che volle incontrarlo all’Apollo Theater nel 1997.
Studiava Coltrane, ma restava irriducibilmente sé stesso. Il suo sax ha raccontato storie di passione e dolore come nessun altro al mondo.
Il testamento di un uomo libero
Nel suo ultimo album, Stiamo cercando il mondo, canta:
«America è vecchia, Milano è luntana / sanghe perduto e ‘na terra fernuta».
Parole che oggi suonano come un testamento.
James suonava per la gente, ma non per compiacerla.
Era un artista libero, coerente, fedele alla propria verità.
All’alba di oggi per primo sui suoi social Enzo Avitabile ha dato notizia della morte dell’ amico James.
Il cordoglio unanime rimbomba sui media e sui social.
«Parlo attraverso il mio sax e la mia musica» diceva con quel graffiato inconfondibile che era la sua voce.
E ti abbiamo ascoltato James e continueremo a farlo.
Oggi il tuo sax è silenzioso, ma ne abbiamo traccia nei vicoli Napoli come nelle strade del mondo.
«Io so’ nato a Miano, ma suono a metà strada tra Napoli e il Bronx». Sappiamo che continuerai a suonare lì, per sempre.
Qui potete ascoltare la sublime versione di James Senese di un classico della Canzone Napoletana “Passione” un brano scritto nel 1934 da Libero Bovio, autore di altre pietre miliari della musica napoletana.
Laura Persico Pezzino

















































































