“La prima notte di quiete”: film cult esistenziale con Alain Delon.

Il film del 1972 di Valerio Zurlini, La prima notte di quiete, non è una semplice storia d’amore. Rappresenta una intensa e struggente meditazione esistenziale sulla vita e sul significato ultimo della morte.
Attraverso il malinconico ritratto di Daniele Dominici, interpretato magistralmente da Alain Delon, il regista esplora il “mal di vivere” che pervade il protagonista e, per estensione, l’intera pellicola.
L’opera si rivela una riflessione sulla ricerca di un senso in un’esistenza che appare vuota e destinata alla sconfitta, trovando un’unica, definitiva risoluzione nel riposo eterno.
Il mal di vivere e la ricerca incessante del senso della vita
Zurlini dipinge la vita come una “traversata” dolorosa, un percorso tormentato in cui ogni tentativo di redenzione sembra vano. Daniele, un professore supplente disilluso e alienato, si muove in una Rimini invernale e nebbiosa, lontana dall’immagine turistica e spensierata. Questa ambientazione cupa non è un semplice sfondo, ma un riflesso dello stato d’animo del protagonista, un uomo che ha perso ogni speranza e cerca un punto di svolta. I suoi vizi, come il gioco d’azzardo, e le sue relazioni tormentate, come quella con la misteriosa Vanina, non sono altro che disperati tentativi di dare un senso a una vita che percepisce come “inutile”. La sua stessa figura, paragonata a personaggi letterari come l’Alain di Fuoco fatuo o il Meursault de Lo straniero, lo colloca in un universo di solitudine e rassegnazione.
La Morte come “Prima Notte di Quiete”
Il significato del titolo, tratto da un verso di Goethe, è la chiave di lettura dell’intero film. La prima notte di quiete è la morte, concepita non come una fine tragica e spaventosa, ma come l’unica, agognata possibilità di riposo e di pace per un’anima tormentata.
Il percorso di Daniele è una marcia inevitabile verso questa “notte”, dove finalmente i tormenti, i rimpianti e la continua ricerca di un senso svaniscono.
Il film rovescia la concezione tradizionale della morte, trasformandola da una fine spaventosa in un porto sicuro, l’unico luogo dove il protagonista può trovare la quiete che la vita gli ha sempre negato.
La relazione con Vanina, l’unica fonte di speranza e di felicità, si scontra con il destino ineluttabile di Daniele. Sebbene l’amore offra un breve momento di verità e la possibilità di un riscatto, il peso della disperazione e il senso di sconfitta sono troppo forti.
La tragica conclusione non è quindi un punto di arrivo inaspettato, ma la logica e coerente risoluzione di un’esistenza che ha costantemente cercato un modo per porre fine alla propria sofferenza.
Zurlini, attraverso il destino di Daniele, traspone le sue vicende personali (morirà suicida n.d.r.). Tutto l’impianto del film suggerisce che per alcune persone la vita è un dramma esistenziale senza una risposta, e che la vera libertà non si trova nel vivere ma nella capacità di scegliere la propria fine, la propria “prima notte di quiete”.
Guarda qui il trailer del film “La prima notta di quiete” di Valerio Zurlini (1972)
Laura Persico Pezzino
Il film del 1972 di Valerio Zurlini, La prima notte di quiete, non è una semplice storia d’amore. Rappresenta una intensa e struggente meditazione esistenziale sulla vita e sul significato ultimo della morte.
Attraverso il malinconico ritratto di Daniele Dominici, interpretato magistralmente da Alain Delon, il regista esplora il “mal di vivere” che pervade il protagonista e, per estensione, l’intera pellicola.
L’opera si rivela una riflessione sulla ricerca di un senso in un’esistenza che appare vuota e destinata alla sconfitta, trovando un’unica, definitiva risoluzione nel riposo eterno.
Il mal di vivere e la ricerca incessante del senso della vita
Zurlini dipinge la vita come una “traversata” dolorosa, un percorso tormentato in cui ogni tentativo di redenzione sembra vano. Daniele, un professore supplente disilluso e alienato, si muove in una Rimini invernale e nebbiosa, lontana dall’immagine turistica e spensierata. Questa ambientazione cupa non è un semplice sfondo, ma un riflesso dello stato d’animo del protagonista, un uomo che ha perso ogni speranza e cerca un punto di svolta. I suoi vizi, come il gioco d’azzardo, e le sue relazioni tormentate, come quella con la misteriosa Vanina, non sono altro che disperati tentativi di dare un senso a una vita che percepisce come “inutile”. La sua stessa figura, paragonata a personaggi letterari come l’Alain di Fuoco fatuo o il Meursault de Lo straniero, lo colloca in un universo di solitudine e rassegnazione.
La Morte come “Prima Notte di Quiete”
Il significato del titolo, tratto da un verso di Goethe, è la chiave di lettura dell’intero film. La prima notte di quiete è la morte, concepita non come una fine tragica e spaventosa, ma come l’unica, agognata possibilità di riposo e di pace per un’anima tormentata.
Il percorso di Daniele è una marcia inevitabile verso questa “notte”, dove finalmente i tormenti, i rimpianti e la continua ricerca di un senso svaniscono.
Il film rovescia la concezione tradizionale della morte, trasformandola da una fine spaventosa in un porto sicuro, l’unico luogo dove il protagonista può trovare la quiete che la vita gli ha sempre negato.
La relazione con Vanina, l’unica fonte di speranza e di felicità, si scontra con il destino ineluttabile di Daniele. Sebbene l’amore offra un breve momento di verità e la possibilità di un riscatto, il peso della disperazione e il senso di sconfitta sono troppo forti.
La tragica conclusione non è quindi un punto di arrivo inaspettato, ma la logica e coerente risoluzione di un’esistenza che ha costantemente cercato un modo per porre fine alla propria sofferenza.
Zurlini, attraverso il destino di Daniele, traspone le sue vicende personali (morirà suicida n.d.r.). Tutto l’impianto del film suggerisce che per alcune persone la vita è un dramma esistenziale senza una risposta, e che la vera libertà non si trova nel vivere ma nella capacità di scegliere la propria fine, la propria “prima notte di quiete”.
Guarda qui il trailer del film “La prima notta di quiete” di Valerio Zurlini (1972)
Laura Persico Pezzino


















































































