Morire inquina? L’impatto della morte sull’ambiente e le alternative sostenibili.

Morire inquina? La morte è umana. E non esiste azione umana che non abbia un impatto sul Pianeta.
Non è tanto la morte in sé a inquinare, ma la gestione del corpo dopo il decesso: sepoltura, cremazione o tumulazione, tutte pratiche che hanno, anche, un costo ecologico non indifferente.
Morire inquina: cimiteri e consumo di suolo
Uno dei problemi più evidenti riguarda il consumo del suolo.
I cimiteri occupano superfici enormi: solo il Verano e il Flaminio a Roma coprono insieme 223 ettari.
A Milano, il cimitero maggiore si estende per 68 ettari.
In un Paese come il nostro, dove ogni giorno si sottraggono alla natura 21 ettari di suolo (dati ISPRA), anche gli spazi destinati ai defunti incidono sull’ambiente.
La cremazione: meno spazio, più emissioni
La cremazione sembra una soluzione più sostenibile in termini di spazio.
Ma ha un costo ambientale importante.
Secondo uno studio del 2022, ogni cremazione emette circa 245 kg di CO₂.
Nel solo 2020, le cremazioni hanno prodotto oltre 14 milioni di tonnellate di anidride carbonica.
L’impatto ambientale della cremazione e della sepoltura incide per il 0,03%-0,04% sulle emissioni totali di carbonio.
Non è molto, ma nell’epoca della crisi climatica ogni settore deve puntare alla decarbonizzazione per centrare l’obiettivo del Net zero entro il 2050.
Le alternative green: il funerale sostenibile è già realtà
Dal 2007 in Italia è possibile utilizzare bare biodegradabili, purché il decesso non sia avvenuto per cause infettive.
Legno naturale, cartone riciclato, bambù o mais sono materiali che riducono l’impatto ambientale.
Le urne biodegradabili seguono la stessa logica.
Un esempio italiano virtuoso è la cooperativa Boschi Vivi, che consente di interrare le ceneri in aree boschive tutelate e reinveste in progetti ambientali.
L’acquamazione: la cremazione a impatto ridotto
L’acquamazione utilizza una soluzione alcalina al posto della fiamma.
Richiede meno energia e produce meno CO₂.
Il corpo viene decomposto in un ambiente pressurizzato, lasciando solo le ossa, poi ridotte in ceneri.
La parte liquida, sterile, viene smaltita senza danni ambientali.
In Italia non è ancora legale.
La terramazione: compostaggio umano
Negli USA è diffuso il compostaggio umano o terramazione.
Il corpo, avvolto in materiali naturali e posto in una bara ermetica con segatura e erbe, si trasforma in compost fertile in circa un mese.
Anche l’attore Luke Perry ha scelto una via simile: è stato sepolto con una tuta biodegradabile ricca di funghi e batteri che favoriscono la decomposizione naturale e il ritorno alla terra.
Morire inquina: i limiti della legge italiana
La normativa italiana non consente ancora pratiche come l’acquamazione o il compostaggio umano.
Le uniche modalità riconosciute sono:
-
Inumazione, cioè sepoltura in terra, dentro un cofano funebre.
-
Tumulazione, cioè chiusura in un loculo con cofano funebre.
-
Cremazione, con eventuale possibilità di dispersione delle ceneri in luoghi autorizzati.
Se morire inquina serve una svolta green anche nel settore funebre
La crisi climatica impone scelte sostenibili in ogni ambito della vita su questo pianeta.
Questo vale anche per il settore funebre: così importante, delicato e denso di emotività.
Un ambito in cui l’etica ha grande rilevanza. Per tutti.
LPP
Morire inquina? La morte è umana. E non esiste azione umana che non abbia un impatto sul Pianeta.
Non è tanto la morte in sé a inquinare, ma la gestione del corpo dopo il decesso: sepoltura, cremazione o tumulazione, tutte pratiche che hanno, anche, un costo ecologico non indifferente.
Morire inquina: cimiteri e consumo di suolo
Uno dei problemi più evidenti riguarda il consumo del suolo.
I cimiteri occupano superfici enormi: solo il Verano e il Flaminio a Roma coprono insieme 223 ettari.
A Milano, il cimitero maggiore si estende per 68 ettari.
In un Paese come il nostro, dove ogni giorno si sottraggono alla natura 21 ettari di suolo (dati ISPRA), anche gli spazi destinati ai defunti incidono sull’ambiente.
La cremazione: meno spazio, più emissioni
La cremazione sembra una soluzione più sostenibile in termini di spazio.
Ma ha un costo ambientale importante.
Secondo uno studio del 2022, ogni cremazione emette circa 245 kg di CO₂.
Nel solo 2020, le cremazioni hanno prodotto oltre 14 milioni di tonnellate di anidride carbonica.
L’impatto ambientale della cremazione e della sepoltura incide per il 0,03%-0,04% sulle emissioni totali di carbonio.
Non è molto, ma nell’epoca della crisi climatica ogni settore deve puntare alla decarbonizzazione per centrare l’obiettivo del Net zero entro il 2050.
Le alternative green: il funerale sostenibile è già realtà
Dal 2007 in Italia è possibile utilizzare bare biodegradabili, purché il decesso non sia avvenuto per cause infettive.
Legno naturale, cartone riciclato, bambù o mais sono materiali che riducono l’impatto ambientale.
Le urne biodegradabili seguono la stessa logica.
Un esempio italiano virtuoso è la cooperativa Boschi Vivi, che consente di interrare le ceneri in aree boschive tutelate e reinveste in progetti ambientali.
L’acquamazione: la cremazione a impatto ridotto
L’acquamazione utilizza una soluzione alcalina al posto della fiamma.
Richiede meno energia e produce meno CO₂.
Il corpo viene decomposto in un ambiente pressurizzato, lasciando solo le ossa, poi ridotte in ceneri.
La parte liquida, sterile, viene smaltita senza danni ambientali.
In Italia non è ancora legale.
La terramazione: compostaggio umano
Negli USA è diffuso il compostaggio umano o terramazione.
Il corpo, avvolto in materiali naturali e posto in una bara ermetica con segatura e erbe, si trasforma in compost fertile in circa un mese.
Anche l’attore Luke Perry ha scelto una via simile: è stato sepolto con una tuta biodegradabile ricca di funghi e batteri che favoriscono la decomposizione naturale e il ritorno alla terra.
Morire inquina: i limiti della legge italiana
La normativa italiana non consente ancora pratiche come l’acquamazione o il compostaggio umano.
Le uniche modalità riconosciute sono:
-
Inumazione, cioè sepoltura in terra, dentro un cofano funebre.
-
Tumulazione, cioè chiusura in un loculo con cofano funebre.
-
Cremazione, con eventuale possibilità di dispersione delle ceneri in luoghi autorizzati.
Se morire inquina serve una svolta green anche nel settore funebre
La crisi climatica impone scelte sostenibili in ogni ambito della vita su questo pianeta.
Questo vale anche per il settore funebre: così importante, delicato e denso di emotività.
Un ambito in cui l’etica ha grande rilevanza. Per tutti.
LPP