“Odio l’estate”: il verso di una vecchia canzone e la malinconia dell’estate che avvolge alcuni di noi.

“Odio l’estate” è il verso di una vecchia canzone.
E per alcuni di noi c’è una malinconia strana che arriva puntuale proprio quando arriva la cosiddetta “bella stagione”.
Saranno forse le lunghe giornate assolate che terminano con tramonti struggenti?
O forse quel senso di incertezza provocato dal “non sapere come finirà”. È qualcosa di più profondo?
Per molti, l’estate rappresenta un tempo sospeso in cui tutto è possibile.
Ma anche, inevitabilmente, l’arrivo dell’estate è il momento in cui ci lasciamo alle spalle qualcosa.
E ciò che resta è un vuoto che somiglia, in qualche modo, a un piccolo lutto.
“Odio l’estate”: estate come addio
Non è un caso se la canzone Estate di Bruno Martino — ascoltala qui — è struggente e malinconica come un addio.
“Estate, sei calda come i baci che ho perduto” canta l’autore, e in quelle note si nasconde il senso di una stagione finita prima di iniziare.
L’estate diventa allora stagione “morta” per chi la vive come promessa mancata, speranze lasciate a metà, illusioni svanite.
Questa stagione, che si preannuncia così viva e vibrante, si trasforma allora in metafora della morte: la fine di un amore, la perdità della spensieratezza giovanile, la chiusura di un’epoca della vita.
La malinconia di ciò che (forse) ci è già sfuggito tra le dita
L’estate che arriva per molti è promessa lucente.
Per altri è un sipario che cala su qualcuno che abbiamo amato o su qualcosa di bello che abbiamo vissuto.
Un senso di perdita sottile e persistente.
Gli anglosassoni lo chiamano “summer blues” cioè “tristezza dell’estate”: quel malumore venato di infelicità che alcuni provano all’avvicinarsi della stagione estiva, che è un tempo carico di aspettative e di cambiamenti. E non tutti vivono bene i cambiamenti.
Somiglia al “Christmas Blues”, la sottile malinconia che tanti provano all’approssimarsi del Natale e dell’Anno Nuovo.
Questi periodi sono critici, perché vengono percepiti come momenti di passaggio, di bilanci con sé stessi.
E tuttavia. Ognuno di noi ha la consapevolezza che ogni estate è unica, è irripetibile, e in quanto tale è anche fuggente e fragile.
Come tutte le stagioni della vita.
Ogni estate, come ogni grande amore, forse nasce già con la sua fine scritta tra le pieghe del tempo?
Laura Persico Pezzino
“Odio l’estate” è il verso di una vecchia canzone.
E per alcuni di noi c’è una malinconia strana che arriva puntuale proprio quando arriva la cosiddetta “bella stagione”.
Saranno forse le lunghe giornate assolate che terminano con tramonti struggenti?
O forse quel senso di incertezza provocato dal “non sapere come finirà”. È qualcosa di più profondo?
Per molti, l’estate rappresenta un tempo sospeso in cui tutto è possibile.
Ma anche, inevitabilmente, l’arrivo dell’estate è il momento in cui ci lasciamo alle spalle qualcosa.
E ciò che resta è un vuoto che somiglia, in qualche modo, a un piccolo lutto.
“Odio l’estate”: estate come addio
Non è un caso se la canzone Estate di Bruno Martino — ascoltala qui — è struggente e malinconica come un addio.
“Estate, sei calda come i baci che ho perduto” canta l’autore, e in quelle note si nasconde il senso di una stagione finita prima di iniziare.
L’estate diventa allora stagione “morta” per chi la vive come promessa mancata, speranze lasciate a metà, illusioni svanite.
Questa stagione, che si preannuncia così viva e vibrante, si trasforma allora in metafora della morte: la fine di un amore, la perdità della spensieratezza giovanile, la chiusura di un’epoca della vita.
La malinconia di ciò che (forse) ci è già sfuggito tra le dita
L’estate che arriva per molti è promessa lucente.
Per altri è un sipario che cala su qualcuno che abbiamo amato o su qualcosa di bello che abbiamo vissuto.
Un senso di perdita sottile e persistente.
Gli anglosassoni lo chiamano “summer blues” cioè “tristezza dell’estate”: quel malumore venato di infelicità che alcuni provano all’avvicinarsi della stagione estiva, che è un tempo carico di aspettative e di cambiamenti. E non tutti vivono bene i cambiamenti.
Somiglia al “Christmas Blues”, la sottile malinconia che tanti provano all’approssimarsi del Natale e dell’Anno Nuovo.
Questi periodi sono critici, perché vengono percepiti come momenti di passaggio, di bilanci con sé stessi.
E tuttavia. Ognuno di noi ha la consapevolezza che ogni estate è unica, è irripetibile, e in quanto tale è anche fuggente e fragile.
Come tutte le stagioni della vita.
Ogni estate, come ogni grande amore, forse nasce già con la sua fine scritta tra le pieghe del tempo?
Laura Persico Pezzino