Quando la morte costa cara: il caso della sosta in obitorio a pagamento.

Quando la morte costa cara. Il dolore non basta: si paga anche la sosta in obitorio.
Succede a Vittorio Veneto, ma potrebbe succedere ovunque.
Una cittadina ha ricevuto, settimane dopo la morte del marito, una comunicazione ufficiale dal Comune con una richiesta di pagamento pari a 244 euro.
La motivazione? La sosta della salma in obitorio presso l’ospedale cittadino.
Un importo che ha lasciato la vedova incredula e indignata:
“Non bastava il dolore della perdita, ora mi trovo anche a dover pagare una tassa per aver lasciato mio marito in obitorio prima del funerale”, ha dichiarato.
Una normativa poco conosciuta
La vicenda, per quanto possa sembrare assurda, non è un’eccezione.
La normativa italiana prevede infatti che, in caso di decesso in abitazione privata, il trasferimento e la sosta della salma in obitorio, se richiesti dalla famiglia, siano a carico dei familiari.
Al contrario, il servizio resta gratuito solo se il decesso avviene in ospedale, oppure se il trasferimento è disposto per motivi giudiziari o sanitari.
La sosta in obitorio in questi casi rientra nei cosiddetti “servizi a domanda individuale”, ovvero prestazioni pubbliche per le quali è previsto il pagamento da parte dei cittadini.
Come spiegano le imprese funebri locali:
“Il Comune anticipa la spesa e poi la recupera dai familiari del defunto”.
Quando la morte costa cara: cifre che variano sul territorio
Nel caso di Vittorio Veneto, la tariffa applicata è di 244 euro.
Ma il costo non è fisso: in alcune Ulss si può arrivare anche a 305 euro, rendendo ancora più complessa la gestione economica del lutto.
E spesso, come accaduto alla signora veneta, la comunicazione arriva diversi mesi dopo il decesso, creando ulteriore disagio.
Proteste e richieste di trasparenza
Sempre più spesso i cittadini si trovano a fare i conti con costi imprevisti legati alla morte di un proprio caro.
Non si tratta solo di onoranze funebri, ma anche di tariffe amministrative di cui in pochi sono davvero consapevoli.
Molti, infatti, ignorano che l’utilizzo dell’obitorio possa essere soggetto a pagamento, fino al momento in cui ricevono la fattura.
L’episodio ha sollevato indignazione e acceso un dibattito, portando alla luce l’esigenza di maggiore chiarezza normativa e di una comunicazione più trasparente da parte di Comuni e Asl.
Quando la morte costa cara: una riflessione necessaria
Il caso di Vittorio Veneto impone una domanda:
è giusto che un servizio così essenziale venga trasformato in un costo per i familiari nel momento del dolore?
Molti ritengono che il lutto dovrebbe essere accompagnato da un supporto pubblico concreto e non da ulteriori aggravi economici.
Aprire una discussione pubblica su questo tema significa riconoscere la dignità del dolore e garantire che i servizi legati alla morte non diventino una nuova voce di spesa a sorpresa.
Perché morire, in Italia, non dovrebbe costare anche fuori dall’ospedale.
Quando la morte costa cara. Il dolore non basta: si paga anche la sosta in obitorio.
Succede a Vittorio Veneto, ma potrebbe succedere ovunque.
Una cittadina ha ricevuto, settimane dopo la morte del marito, una comunicazione ufficiale dal Comune con una richiesta di pagamento pari a 244 euro.
La motivazione? La sosta della salma in obitorio presso l’ospedale cittadino.
Un importo che ha lasciato la vedova incredula e indignata:
“Non bastava il dolore della perdita, ora mi trovo anche a dover pagare una tassa per aver lasciato mio marito in obitorio prima del funerale”, ha dichiarato.
Una normativa poco conosciuta
La vicenda, per quanto possa sembrare assurda, non è un’eccezione.
La normativa italiana prevede infatti che, in caso di decesso in abitazione privata, il trasferimento e la sosta della salma in obitorio, se richiesti dalla famiglia, siano a carico dei familiari.
Al contrario, il servizio resta gratuito solo se il decesso avviene in ospedale, oppure se il trasferimento è disposto per motivi giudiziari o sanitari.
La sosta in obitorio in questi casi rientra nei cosiddetti “servizi a domanda individuale”, ovvero prestazioni pubbliche per le quali è previsto il pagamento da parte dei cittadini.
Come spiegano le imprese funebri locali:
“Il Comune anticipa la spesa e poi la recupera dai familiari del defunto”.
Quando la morte costa cara: cifre che variano sul territorio
Nel caso di Vittorio Veneto, la tariffa applicata è di 244 euro.
Ma il costo non è fisso: in alcune Ulss si può arrivare anche a 305 euro, rendendo ancora più complessa la gestione economica del lutto.
E spesso, come accaduto alla signora veneta, la comunicazione arriva diversi mesi dopo il decesso, creando ulteriore disagio.
Proteste e richieste di trasparenza
Sempre più spesso i cittadini si trovano a fare i conti con costi imprevisti legati alla morte di un proprio caro.
Non si tratta solo di onoranze funebri, ma anche di tariffe amministrative di cui in pochi sono davvero consapevoli.
Molti, infatti, ignorano che l’utilizzo dell’obitorio possa essere soggetto a pagamento, fino al momento in cui ricevono la fattura.
L’episodio ha sollevato indignazione e acceso un dibattito, portando alla luce l’esigenza di maggiore chiarezza normativa e di una comunicazione più trasparente da parte di Comuni e Asl.
Quando la morte costa cara: una riflessione necessaria
Il caso di Vittorio Veneto impone una domanda:
è giusto che un servizio così essenziale venga trasformato in un costo per i familiari nel momento del dolore?
Molti ritengono che il lutto dovrebbe essere accompagnato da un supporto pubblico concreto e non da ulteriori aggravi economici.
Aprire una discussione pubblica su questo tema significa riconoscere la dignità del dolore e garantire che i servizi legati alla morte non diventino una nuova voce di spesa a sorpresa.
Perché morire, in Italia, non dovrebbe costare anche fuori dall’ospedale.