10 giugno 1918. Muore Arrigo Boito, la penna lirica del Risorgimento musicale italiano.

Arrigo Boito nasce il 24 febbraio 1842 a Padova.
Il padre, pittore e insegnante, e la madre, contessa polacca, gli trasmettono fin da subito un profondo amore per l’arte e la cultura.
Studia al Conservatorio di Milano, dove si distingue per talento e originalità.
Ma più che la disciplina accademica, a guidarlo è la passione per il nuovo, per la sperimentazione, per un’arte che scuota le coscienze.
Negli anni giovanili abbraccia lo spirito della Scapigliatura.
È un movimento inquieto, bohémien, che rifiuta le convenzioni borghesi e crede nella libertà creativa.
Boito ne incarna pienamente l’anima.
Ama la poesia tanto quanto la musica, scrive saggi, traduce classici, compone versi carichi di tensione e profondità.
Nel 1866 combatte come volontario con i garibaldini, unendo all’arte un forte impegno civile.
Otello, Falstaff e l’arte della parola
La vera svolta arriva con Giuseppe Verdi.
Dopo iniziali incomprensioni, tra i due nasce un’intesa che sfocia in due capolavori: Otello e Falstaff.
Boito rivoluziona il libretto d’opera, rendendolo più dinamico, più psicologico, più vicino alla drammaturgia moderna.
Con il suo stile raffinato e potente, contribuisce a rinnovare il melodramma italiano.
Scrive anche un’opera propria, Mefistofele, in cui tenta di restituire la grandezza del Faust di Goethe in chiave musicale.
Un’opera coraggiosa, che rompe gli schemi e anticipa l’opera del Novecento.
Amico di artisti come Emilio Praga e Franco Faccio, Boito resta per tutta la vita un intellettuale libero, sempre in dialogo con le grandi correnti europee.
Arrigo Boito e l’eredità di un artista inquieto
Il 10 giugno 1918, Arrigo Boito si spegne a Milano.
Ha 76 anni e lascia un’eredità fatta di parole, musica e visioni.
Riposa nel Cimitero Monumentale, accanto alla madre.
Il suo nome resta legato a un’epoca in cui la cultura italiana cercava una nuova voce, e lui, con coraggio, ha contribuito a trovarla.
Arrigo Boito nasce il 24 febbraio 1842 a Padova.
Il padre, pittore e insegnante, e la madre, contessa polacca, gli trasmettono fin da subito un profondo amore per l’arte e la cultura.
Studia al Conservatorio di Milano, dove si distingue per talento e originalità.
Ma più che la disciplina accademica, a guidarlo è la passione per il nuovo, per la sperimentazione, per un’arte che scuota le coscienze.
Negli anni giovanili abbraccia lo spirito della Scapigliatura.
È un movimento inquieto, bohémien, che rifiuta le convenzioni borghesi e crede nella libertà creativa.
Boito ne incarna pienamente l’anima.
Ama la poesia tanto quanto la musica, scrive saggi, traduce classici, compone versi carichi di tensione e profondità.
Nel 1866 combatte come volontario con i garibaldini, unendo all’arte un forte impegno civile.
Otello, Falstaff e l’arte della parola
La vera svolta arriva con Giuseppe Verdi.
Dopo iniziali incomprensioni, tra i due nasce un’intesa che sfocia in due capolavori: Otello e Falstaff.
Boito rivoluziona il libretto d’opera, rendendolo più dinamico, più psicologico, più vicino alla drammaturgia moderna.
Con il suo stile raffinato e potente, contribuisce a rinnovare il melodramma italiano.
Scrive anche un’opera propria, Mefistofele, in cui tenta di restituire la grandezza del Faust di Goethe in chiave musicale.
Un’opera coraggiosa, che rompe gli schemi e anticipa l’opera del Novecento.
Amico di artisti come Emilio Praga e Franco Faccio, Boito resta per tutta la vita un intellettuale libero, sempre in dialogo con le grandi correnti europee.
Arrigo Boito e l’eredità di un artista inquieto
Il 10 giugno 1918, Arrigo Boito si spegne a Milano.
Ha 76 anni e lascia un’eredità fatta di parole, musica e visioni.
Riposa nel Cimitero Monumentale, accanto alla madre.
Il suo nome resta legato a un’epoca in cui la cultura italiana cercava una nuova voce, e lui, con coraggio, ha contribuito a trovarla.