2 luglio 1999. Muore Mario Puzo, il narratore che inventa il mito del Il Padrino.

Mario Puzo muore il 2 luglio 1999 nella sua casa di Bay Shore, a Long Island, ha 78 anni.
Negli ultimi giorni, la salute lo tradisce ma la mente resta vigile, lucida, ironica fino alla fine.
Con lui se ne va uno degli scrittori più influenti del secondo Novecento americano.
Non è solo l’autore del Il Padrino é colui che trasforma un romanzo sulla mafia in un racconto universale di famiglia, potere, onore e solitudine.
Un libro che diventa leggenda e che, grazie al cinema, scolpisce per sempre la figura di Don Vito Corleone nell’immaginario collettivo.
Mario Puzo, dalle strade del Bronx al cuore dell’America
Mario Puzo nasce il 15 ottobre 1920 a New York, in una famiglia di immigrati italiani.
Cresce nel quartiere del Bronx, in mezzo alla miseria, all’orgoglio e al silenzio degli uomini duri, é lì che impara a osservare, é lì che comincia a raccontare.
Dopo la guerra, scrive racconti e romanzi che non ottengono grande successo ma non molla e nel 1969 pubblica Il Padrino.
Il libro vende milioni di copie, é un fenomeno.
Non tanto per il ritratto violento dell’universo mafioso, quanto per la capacità di scavare nei legami familiari, nei codici non scritti, nei dilemmi morali.
Quando Francis Ford Coppola lo coinvolge nella sceneggiatura del film, nasce qualcosa di irripetibile, il connubio tra parola scritta e immagine diventa arte.
Il Padrino (1972), seguito da Il Padrino – Parte II, vince tutto ma Puzo resta schivo, ama scrivere, odia apparire.
Negli anni successivi continua a pubblicare romanzi: Il Siciliano, Il quarto K, L’ultimo Padrino, tutti legati, in un modo o nell’altro, al potere e ai suoi fantasmi.
Un addio silenzioso, come i suoi personaggi
Il 2 luglio 1999, Mario Puzo si spegne per insufficienza cardiaca.
Lascia incompiuto un ultimo romanzo, che verrà terminato postumo.
Ai funerali partecipano in pochi, niente clamore, solo amici, familiari e silenzio, come se anche lui, alla fine, volesse scomparire così.
Nel modo in cui i grandi personaggi lasciano la scena: senza voltarsi.
Mario Puzo muore il 2 luglio 1999 nella sua casa di Bay Shore, a Long Island, ha 78 anni.
Negli ultimi giorni, la salute lo tradisce ma la mente resta vigile, lucida, ironica fino alla fine.
Con lui se ne va uno degli scrittori più influenti del secondo Novecento americano.
Non è solo l’autore del Il Padrino é colui che trasforma un romanzo sulla mafia in un racconto universale di famiglia, potere, onore e solitudine.
Un libro che diventa leggenda e che, grazie al cinema, scolpisce per sempre la figura di Don Vito Corleone nell’immaginario collettivo.
Mario Puzo, dalle strade del Bronx al cuore dell’America
Mario Puzo nasce il 15 ottobre 1920 a New York, in una famiglia di immigrati italiani.
Cresce nel quartiere del Bronx, in mezzo alla miseria, all’orgoglio e al silenzio degli uomini duri, é lì che impara a osservare, é lì che comincia a raccontare.
Dopo la guerra, scrive racconti e romanzi che non ottengono grande successo ma non molla e nel 1969 pubblica Il Padrino.
Il libro vende milioni di copie, é un fenomeno.
Non tanto per il ritratto violento dell’universo mafioso, quanto per la capacità di scavare nei legami familiari, nei codici non scritti, nei dilemmi morali.
Quando Francis Ford Coppola lo coinvolge nella sceneggiatura del film, nasce qualcosa di irripetibile, il connubio tra parola scritta e immagine diventa arte.
Il Padrino (1972), seguito da Il Padrino – Parte II, vince tutto ma Puzo resta schivo, ama scrivere, odia apparire.
Negli anni successivi continua a pubblicare romanzi: Il Siciliano, Il quarto K, L’ultimo Padrino, tutti legati, in un modo o nell’altro, al potere e ai suoi fantasmi.
Un addio silenzioso, come i suoi personaggi
Il 2 luglio 1999, Mario Puzo si spegne per insufficienza cardiaca.
Lascia incompiuto un ultimo romanzo, che verrà terminato postumo.
Ai funerali partecipano in pochi, niente clamore, solo amici, familiari e silenzio, come se anche lui, alla fine, volesse scomparire così.
Nel modo in cui i grandi personaggi lasciano la scena: senza voltarsi.