7 maggio 2018. Muore Ermanno Olmi, Palma d’Oro per L’albero degli zoccoli.

Ermanno Olmi nasce a Bergamo il 24 luglio 1931.
Figlio di un ferroviere e di una casalinga, cresce tra la Lombardia urbana e quella rurale.
Questa duplice radice segna profondamente la sua visione del mondo e la sua idea di cinema.
Dopo gli studi all’Istituto tecnico, inizia a lavorare alla Edison, dove gira documentari industriali.
Ma Olmi ha in testa un altro linguaggio: quello del racconto, delle immagini che restituiscono dignità al vivere quotidiano.
Nel 1959 esordisce nel lungometraggio con Il tempo si è fermato, storia di amicizia e silenzio in una diga alpina.
Ermanno Olmi e la poesia del reale
Il vero successo arriva nel 1978 con L’albero degli zoccoli, Palma d’Oro a Cannes.
Il film, girato in dialetto bergamasco con attori non professionisti, racconta la vita contadina nella Bassa lombarda di fine Ottocento.
È una dichiarazione d’amore per le radici, la fatica, la solidarietà tra poveri.
Olmi diventa così il regista che riesce a far parlare il silenzio, la lentezza, la dignità.
Negli anni successivi continua a raccontare l’uomo con uno sguardo spirituale, come in La leggenda del santo bevitore (1988), Leone d’Oro a Venezia, e Il mestiere delle armi (2001), che ottiene riconoscimenti in Italia e all’estero.
La sua poetica resta sempre coerente: pochi dialoghi, attenzione ai gesti, rispetto per l’essere umano.
La morte e il silenzio finale
Ermanno Olmi si spegne il 7 maggio 2018 ad Asiago, a 86 anni, dopo una lunga malattia.
Scelta non casuale quella di Asiago, dove aveva scelto di vivere in armonia con la natura.
Riposa nel cimitero di contrada San Biagio, nel silenzio dei monti che aveva tanto amato.
Ermanno Olmi nasce a Bergamo il 24 luglio 1931.
Figlio di un ferroviere e di una casalinga, cresce tra la Lombardia urbana e quella rurale.
Questa duplice radice segna profondamente la sua visione del mondo e la sua idea di cinema.
Dopo gli studi all’Istituto tecnico, inizia a lavorare alla Edison, dove gira documentari industriali.
Ma Olmi ha in testa un altro linguaggio: quello del racconto, delle immagini che restituiscono dignità al vivere quotidiano.
Nel 1959 esordisce nel lungometraggio con Il tempo si è fermato, storia di amicizia e silenzio in una diga alpina.
Ermanno Olmi e la poesia del reale
Il vero successo arriva nel 1978 con L’albero degli zoccoli, Palma d’Oro a Cannes.
Il film, girato in dialetto bergamasco con attori non professionisti, racconta la vita contadina nella Bassa lombarda di fine Ottocento.
È una dichiarazione d’amore per le radici, la fatica, la solidarietà tra poveri.
Olmi diventa così il regista che riesce a far parlare il silenzio, la lentezza, la dignità.
Negli anni successivi continua a raccontare l’uomo con uno sguardo spirituale, come in La leggenda del santo bevitore (1988), Leone d’Oro a Venezia, e Il mestiere delle armi (2001), che ottiene riconoscimenti in Italia e all’estero.
La sua poetica resta sempre coerente: pochi dialoghi, attenzione ai gesti, rispetto per l’essere umano.
La morte e il silenzio finale
Ermanno Olmi si spegne il 7 maggio 2018 ad Asiago, a 86 anni, dopo una lunga malattia.
Scelta non casuale quella di Asiago, dove aveva scelto di vivere in armonia con la natura.
Riposa nel cimitero di contrada San Biagio, nel silenzio dei monti che aveva tanto amato.