17 luglio 1967. Muore John Coltrane, il sax che trascende il tempo e il suono.

Quando John Coltrane nasce il 23 settembre 1926 a Hamlet, nella Carolina del Nord, il jazz sta ancora cercando la sua voce.
Lui non solo la trova, ma la spinge oltre i confini del conosciuto.
Cresce in un ambiente segnato da lutti precoci e influenze religiose, che si riflettono nelle sue prime esperienze musicali.
Il sassofono entra presto nella sua vita, diventando lo strumento con cui trasforma dolore, fede e ricerca in arte pura.
Dall’hard bop all’avanguardia
Negli anni ’50, John Coltrane affina la sua arte suonando con giganti come Dizzy Gillespie e Miles Davis.
Insieme a quest’ultimo incide Kind of Blue, uno dei capisaldi del jazz, ma è nel decennio successivo che Coltrane assume un’identità musicale autonoma e travolgente.
Con A Love Supreme (1965), manifesto spirituale in forma musicale, apre un varco tra tecnica, trascendenza e sperimentazione.
Il suo stile evolve rapidamente: abbandona le strutture classiche e si immerge in sonorità modali e free, arrivando a esplorare l’invisibile attraverso l’improvvisazione.
Le sue collaborazioni con Eric Dolphy, McCoy Tyner e Pharoah Sanders testimoniano una continua tensione verso il nuovo.
Un impatto che travalica il jazz
John Coltrane ispira intere generazioni di jazzisti e si insinua anche nella cultura pop, nel rock, nella spiritualità afroamericana.
Viene persino canonizzato dalla African Orthodox Church, che lo riconosce come santo del jazz, segno della portata simbolica e culturale della sua opera.
L’ultimo respiro e l’eredità
Il 17 luglio 1967, John Coltrane muore a soli 40 anni, per un tumore al fegato, all’Huntington Hospital di Long Island.
La notizia colpisce il mondo musicale come un’improvvisa nota stonata.
I funerali si svolgono a New York, alla St. Peter’s Lutheran Church, dove migliaia di persone rendono omaggio al genio silenzioso che ha cambiato per sempre la storia del jazz.
Quando John Coltrane nasce il 23 settembre 1926 a Hamlet, nella Carolina del Nord, il jazz sta ancora cercando la sua voce.
Lui non solo la trova, ma la spinge oltre i confini del conosciuto.
Cresce in un ambiente segnato da lutti precoci e influenze religiose, che si riflettono nelle sue prime esperienze musicali.
Il sassofono entra presto nella sua vita, diventando lo strumento con cui trasforma dolore, fede e ricerca in arte pura.
Dall’hard bop all’avanguardia
Negli anni ’50, John Coltrane affina la sua arte suonando con giganti come Dizzy Gillespie e Miles Davis.
Insieme a quest’ultimo incide Kind of Blue, uno dei capisaldi del jazz, ma è nel decennio successivo che Coltrane assume un’identità musicale autonoma e travolgente.
Con A Love Supreme (1965), manifesto spirituale in forma musicale, apre un varco tra tecnica, trascendenza e sperimentazione.
Il suo stile evolve rapidamente: abbandona le strutture classiche e si immerge in sonorità modali e free, arrivando a esplorare l’invisibile attraverso l’improvvisazione.
Le sue collaborazioni con Eric Dolphy, McCoy Tyner e Pharoah Sanders testimoniano una continua tensione verso il nuovo.
Un impatto che travalica il jazz
John Coltrane ispira intere generazioni di jazzisti e si insinua anche nella cultura pop, nel rock, nella spiritualità afroamericana.
Viene persino canonizzato dalla African Orthodox Church, che lo riconosce come santo del jazz, segno della portata simbolica e culturale della sua opera.
L’ultimo respiro e l’eredità
Il 17 luglio 1967, John Coltrane muore a soli 40 anni, per un tumore al fegato, all’Huntington Hospital di Long Island.
La notizia colpisce il mondo musicale come un’improvvisa nota stonata.
I funerali si svolgono a New York, alla St. Peter’s Lutheran Church, dove migliaia di persone rendono omaggio al genio silenzioso che ha cambiato per sempre la storia del jazz.


















































































