Testamento revocato: il chiamato all’eredità deve pagare l’imposta di successione?

La Corte di Cassazione chiarisce il caso.
La domanda che molti contribuenti si pongono è semplice, ma delicata:
se un testamento viene revocato, il soggetto inizialmente designato come erede deve comunque pagare l’imposta di successione?
A fare chiarezza sulla questione è intervenuta la Corte di Cassazione, con la recente sentenza n.14063/5 del 27 maggio 2025.
Un verdetto destinato a fare giurisprudenza in materia di imposta di successione e revoca testamentaria.
La vicenda: dichiarazione di successione su un testamento poi revocato
Il caso riguarda un contribuente che, designato erede universale tramite un testamento olografo, aveva presentato regolarmente la dichiarazione di successione.
Successivamente, però, il testamento in suo favore veniva revocato dal de cuius, che ne redigeva altri due, nominando un diverso beneficiario.
Nonostante la revoca del testamento iniziale, l’Agenzia delle Entrate aveva notificato al primo chiamato un avviso di liquidazione dell’imposta di successione, considerandolo soggetto passivo d’imposta ai sensi dell’art.43 del D.Lgs. 346/1990.
Il contribuente, ritenendosi semplice chiamato all’eredità (senza accettazione formale o tacita), aveva impugnato la richiesta.
L’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate
L’Amministrazione finanziaria ha difeso la propria posizione sostenendo che:
- La semplice presentazione della dichiarazione di successione equivale a accettazione tacita dell’eredità.
- L’art.43 del D.Lgs. 346/1990 prevede che l’imposta di successione si applichi secondo le disposizioni testamentarie note, anche se oggetto di impugnazione giudiziale.
- Fino a revoca definitiva o contestazione risolta, il primo testamento costituiva titolo valido per l’applicazione dell’imposta.
La decisione della Corte di Cassazione: il principio giuridico
La Corte di Cassazione, però, ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, stabilendo un principio chiave:
La revoca del testamento produce effetti retroattivi: è come se il primo testamento non fosse mai esistito.
Di conseguenza:
- Il chiamato all’eredità in virtù di un testamento successivamente revocato non assume la qualità di erede.
- Non essendo più considerato erede, non è soggetto passivo dell’imposta di successione.
- La dichiarazione di successione presentata in buona fede non genera obbligo fiscale se il titolo testamentario è revocato prima dell’accettazione formale.
In sostanza, la revoca del testamento annulla retroattivamente qualsiasi effetto successorio prodotto dal testamento revocato, comprese le conseguenze fiscali.
L’imposta di successione secondo il D.Lgs. 346/1990
La Cassazione ha ribadito i punti fondamentali della normativa fiscale vigente:
- Ai sensi degli articoli 27, 28 e 33 del D.Lgs. 346/1990, il presupposto impositivo è la qualità di chiamato all’eredità.
- Fino a rinuncia formale, i chiamati all’eredità sono considerati soggetti passivi dell’imposta.
- Tuttavia, se il titolo testamentario viene revocato prima dell’effettiva accettazione, il soggetto designato perde la qualità di chiamato e viene escluso dal campo di applicazione dell’imposta.
Conclusioni: il testamento revocato annulla anche il debito fiscale
La sentenza della Corte di Cassazione offre un chiarimento importante:
chi viene designato erede tramite un testamento revocato non è tenuto a pagare l’imposta di successione.
La revoca, infatti, cancella retroattivamente ogni effetto successorio, incluso il presupposto fiscale.
In sintesi:
- Il testamento revocato è giuridicamente inesistente.
- Nessuna imposta di successione è dovuta dal primo chiamato all’eredità.
- L’imposta dovrà essere versata solo dall’erede effettivo designato nell’ultimo testamento valido.
La Corte di Cassazione chiarisce il caso.
La domanda che molti contribuenti si pongono è semplice, ma delicata:
se un testamento viene revocato, il soggetto inizialmente designato come erede deve comunque pagare l’imposta di successione?
A fare chiarezza sulla questione è intervenuta la Corte di Cassazione, con la recente sentenza n.14063/5 del 27 maggio 2025.
Un verdetto destinato a fare giurisprudenza in materia di imposta di successione e revoca testamentaria.
La vicenda: dichiarazione di successione su un testamento poi revocato
Il caso riguarda un contribuente che, designato erede universale tramite un testamento olografo, aveva presentato regolarmente la dichiarazione di successione.
Successivamente, però, il testamento in suo favore veniva revocato dal de cuius, che ne redigeva altri due, nominando un diverso beneficiario.
Nonostante la revoca del testamento iniziale, l’Agenzia delle Entrate aveva notificato al primo chiamato un avviso di liquidazione dell’imposta di successione, considerandolo soggetto passivo d’imposta ai sensi dell’art.43 del D.Lgs. 346/1990.
Il contribuente, ritenendosi semplice chiamato all’eredità (senza accettazione formale o tacita), aveva impugnato la richiesta.
L’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate
L’Amministrazione finanziaria ha difeso la propria posizione sostenendo che:
- La semplice presentazione della dichiarazione di successione equivale a accettazione tacita dell’eredità.
- L’art.43 del D.Lgs. 346/1990 prevede che l’imposta di successione si applichi secondo le disposizioni testamentarie note, anche se oggetto di impugnazione giudiziale.
- Fino a revoca definitiva o contestazione risolta, il primo testamento costituiva titolo valido per l’applicazione dell’imposta.
La decisione della Corte di Cassazione: il principio giuridico
La Corte di Cassazione, però, ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, stabilendo un principio chiave:
La revoca del testamento produce effetti retroattivi: è come se il primo testamento non fosse mai esistito.
Di conseguenza:
- Il chiamato all’eredità in virtù di un testamento successivamente revocato non assume la qualità di erede.
- Non essendo più considerato erede, non è soggetto passivo dell’imposta di successione.
- La dichiarazione di successione presentata in buona fede non genera obbligo fiscale se il titolo testamentario è revocato prima dell’accettazione formale.
In sostanza, la revoca del testamento annulla retroattivamente qualsiasi effetto successorio prodotto dal testamento revocato, comprese le conseguenze fiscali.
L’imposta di successione secondo il D.Lgs. 346/1990
La Cassazione ha ribadito i punti fondamentali della normativa fiscale vigente:
- Ai sensi degli articoli 27, 28 e 33 del D.Lgs. 346/1990, il presupposto impositivo è la qualità di chiamato all’eredità.
- Fino a rinuncia formale, i chiamati all’eredità sono considerati soggetti passivi dell’imposta.
- Tuttavia, se il titolo testamentario viene revocato prima dell’effettiva accettazione, il soggetto designato perde la qualità di chiamato e viene escluso dal campo di applicazione dell’imposta.
Conclusioni: il testamento revocato annulla anche il debito fiscale
La sentenza della Corte di Cassazione offre un chiarimento importante:
chi viene designato erede tramite un testamento revocato non è tenuto a pagare l’imposta di successione.
La revoca, infatti, cancella retroattivamente ogni effetto successorio, incluso il presupposto fiscale.
In sintesi:
- Il testamento revocato è giuridicamente inesistente.
- Nessuna imposta di successione è dovuta dal primo chiamato all’eredità.
- L’imposta dovrà essere versata solo dall’erede effettivo designato nell’ultimo testamento valido.



















































































